di Massimo Giannotta e Tatsuo Uemon Ikeda
A proposito delle novità che si muovono nell’ambiente
letterario giapponese, per quanto attiene alla poesia, si può dire che sono certamente
diverse e interessanti. Alcune riguardano questioni strettamente relative alla
lingua, altre l’esplorazione di ambiti artistici, contaminazioni e
sperimentazioni in cui si misura o con cui intende misurarsi la poesia. Vi è infine la
sperimentazione interna alla scrittura poetica che fornisce molte prove di
sicuro interesse. Al contrario di quello che faremmo per delineare la
situazione nel nostro paese, non basterebbe limitarci a registrare i libri e
recensioni usciti nell’ultimo anno, infatti, bisogna tenere conto della
consolidata abitudine, per cui le riviste letterarie collegate solitamente con
associazioni di poeti, svolgono una particolare funzione per la diffusione dei
testi. Questo vale per la poesia di tipo tradizionale, come per quella di tipo
occidentale. Peraltro, anche in relazione alla concezione Zen che ha permeato
per secoli la ricerca poetico-filosofica di tanti artisti, c’è da dire che l’attenzione
spesso si sofferma più sulla singola composizione che non su opere più
complesse. Naturalmente fatte salve le dovute eccezioni. Dunque per capire i
fermenti che innervano la cultura letteraria del Giappone, dobbiamo prendere in
considerazione queste peculiarità, senza dimenticare di spendere qualche parola
per accennare alle origini e alle ragioni, talvolta lontane, del vivace
dibattito in corso.
Come è noto, la poesia giapponese vanta una storia secolare
che affonda le sue radici nel celeberrimo Manyōshū
(Raccolta di diecimila foglie), prima antologia poetica compilata per
ordine imperiale, contenente quasi cinquemila composizioni, e risalente al 720. In essa troviamo forme
poetiche come il choka (poesia lunga,
di origine cinese) il sedoka (poesia di tipo dialogico) e
soprattutto il tanka (la poesia
breve). Essa segue di poco il Kojiki
(Cronaca di antichi eventi) che viene considerata la prima opera della
letteratura nipponica, completata nel 712, primo tentativo di mettere per
iscritto in caratteri cinesi la lingua giapponese. La quantità di materiale
antologizzato testimonia la diffusione della composizione poetica, e
l’attenzione che il centro del potere gli attribuiva. Così lontano nel tempo,
come vedremo, risalgono alcune cause di una discussione tuttora in corso. Infatti,
la poesia giapponese nasce da forme e lingua cinesi, dall’uso dei kanji (caratteri cinesi) e dalle prime
prove poetiche in cui i letterati coltivarono oltre alla lingua, lo stile cinese.
Successivamente, con l’antologia Kokinshū
(Raccolta di poemi antichi e moderni) realizzata tra il 905 e il 920, venne
adottata una scrittura mista tra il sistema fonetico giapponese (kana) e gli ideogrammi cinesi (kanji).
Attualmente la poesia tradizionale è scritta nel
vecchio codice sillabico giapponese, mentre quella moderna (shi) utilizza il nuovo codice sillabico
rinnovato nel dopoguerra e istituito nel 1946. Un diverso sistema di notazione
scritta, che fa dire al critico Fuminori Nakazawa, che ‘non esistono forme di
contatto tra la prima e la seconda’. L’uso della lingua letteraria o di quella
parlata costituisce argomento di appassionate discussioni che periodicamente si
riaccendono. La tendenza all’uso della lingua parlata, reagisce ad una
concezione della poesia considerata aristocratica, composta in un codice che
risulta meno comprensibile ai più. Ciò rischia di escludere dalla poesia, che
badiamo bene, è molto apprezzata, letta e praticata, le fasce meno colte, o
meglio meno letterariamente attrezzate. In realtà, le due impostazioni letterarie
si confrontano da diverso tempo, quella relativa alla poesia tradizionale che
vanta, come si diceva, una grande storia e che è tuttora assai praticata in
Giappone, e quella della poesia modernista che ha una storia assai meno lunga
ma sicuramente vivace e interessante. La questione è dunque complicata dal
fatto che haiku e tanka, si riferiscono tradizionalmente appunto
ad un diverso codice linguistico lontano dalla lingua parlata, rispetto alla prosa
e alla poesia modernista. Come si può immaginare, i cultori e gli autori di
generi poetici che vantano una tradizione anche millenaria, difendono
strenuamente una lingua che viene ritenuta costitutiva e più ricca anche dal
punto di vista espressivo. Ultimamente si è molto discusso sul fatto che molti
poeti hanno adottato la lingua parlata anche nelle forme tradizionali e non
solo nella poesia ‘modernista’, riaccendendo la polemica sul suo uso. Nell’ambiente
culturale giapponese la poesia è molto reputata, tanto da essere considerata
particolarmente significativa tra le attività espressive, e ritenuta capace di
orientare gli altri generi artistici.
Segnaliamo un recente intervento del poeta Yuichi
Sato, che, ampliando il discorso, sostiene che la discussione sulla poesia
modernista, se ha il torto di aver trascurato la poesia tradizionale, ovvero
gli haiku e i tanka, si è limitata anche a prendere in considerazione solo la
poesia normalmente pubblicata in cartaceo, trascurando, ad esempio le poesie
pubblicate in rete. Inoltre questo autore, attira l’attenzione sui nuovi generi
espressivi, osservando che non si è tenuto conto delle capacità espressive complesse
che riguardano la contaminazione tra arti figurative e poesia, quelle che
coinvolgono testi relativi all’hip hop e al rap, né di quelle relative alla
musica pop nazionale giapponese.
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Yasumasa Morimura, Senza titolo, foto polaroid
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Sato sostiene che oggi non è più tempo di
interpretare il mondo in chiave simbolista, affermando che, nell’opera, ha più
importanza l’intreccio, rispetto alla struttura. Quest’autore ritiene che sia
emblematico il percorso che va dalla light
novel (romanzo illustrato giapponese con le caratteristiche dei manga, rivolto per lo più agli
adolescenti), al manga, al cartone
animato, considerandolo una nuova rappresentazione dell’esistente, capace di
costruire una nuova immagine di sé. Per cui nel percorso: autoconoscenza –
società – mondo – universo, si constata la scomparsa della categoria ‘società’
e si stabilisce un sistema di relazione tra conoscenza di sé e universo, senza
intermediari, in quanto la società si sarebbe trasformata in un sistema
simbolico e non reale. Il percorso sarebbe dunque: gruppo – mondo – universo – risoluzionismo,
in cui il gruppo prenderebbe il posto e le funzioni di una società in cui non è
più possibile riconoscersi. La poesia rappresenterebbe così una sorta di
struttura eccessivamente raffinata di un mondo immaginario. Di questa corrente
il più noto esponente è Taichi Nakao.
Yuichi Sato critica la posizione del gruppo dei
‘risoluzionisti’, argomentando che, come tutti i gruppi, questo non può sopravvivere
isolato da tutto, né pretendere che il potere della fantasia possa risolvere
ogni situazione. Viene criticata la definizione tautologica ‘la poesia è
poesia’ (anch’essa in un certo senso ‘isolazionista’), che non può dare alcuna
risposta, e che non ha portato che in un circolo vizioso, e ha provocato quella
che viene considerata ‘una deriva’ verso la prosa. Ciò
nondimeno Sato immagina un’evoluzione della poesia a favore di percorsi
espressivi contaminati e intermodali.
Shuntaro Tanikawa, ritenuto uno dei poeti più
importanti, in un suo intervento sulla rivista Asahi, sostiene che ogni attività espressiva ‘può essere poesia’,
facendo l’esempio di un famoso manga (fumetto
giapponese), lo Slam dunk. Appunto
‘può essere’, ma, precisa anche, che questo non significa che lo sia. Il poeta
si addentra nel discorso, affrontando il problema della forma, quindi la differenza
tra la ‘poesia’, che ha le sue caratteristiche precise, e ‘il poetico’ per il
quale ogni cosa potrebbe essere una sorta di ‘poesia in versi liberi’.
Sull’altro versante il poeta Sotaro Ogihara afferma
invece che solamente ‘la poesia in versi tradizionali rimane poetica’
nonostante la sua fortuna calante, e che ‘la poesia in versi liberi è
fondamentalmente non poetica’ tanto da bollarla come ‘il fallimento della
poesia’. A questo proposito si pone infine la domanda: ‘La poesia che si
allontana dai versi può autodefinirsi poesia?’ concludendo ‘ Mi pongo spesso
autocriticamente questo problema’.
Crediamo che la poesia composta secondo lo stile moderno
abbia dato sostanzialmente risposta a quest’interrogativo che nasconde tutto il
descritto braccio di ferro critico tra chi sostiene una scrittura che proviene
da una tradizione tuttora molto viva e il fenomeno connesso con la globalizzazione
della poesia espressa nella lingua quotidiana. Qualcosa che ricorda anche il
dibattito a noi familiare tra ‘forme chiuse’ e ‘forme aperte’.
Naturalmente il problema resta quello di accordarsi
sulla definizione di poesia ed è ovvio osservare che senza stabilirne lo
specifico, la definizione non può non restare ambigua. D’altra parte non ce ne
nascondiamo le difficoltà. Comunque la discussione è in corso.
Recentemente, alla diminuzione dell’influenza dei
letterati della generazione del dopoguerra, di poeti come Shin Oooka, Yasuo
Irizawa, Komei Yoshimoto, Shuzo Taniguchi, che avevano trovato ispirazione nel
surrealismo e nell’imagismo, ha corrisposto un recente rifiorire della poesia
tradizionale.
C’è chi sostiene che il problema potrebbe essere
affrontato aprendo un processo che ‘trovi una nuova forma’. Qualcuno come il
poeta Sadakazu Fuji, indica la strada della comunicazione orale, in una ricerca
che superi il ritmo sillabico tradizionale delle 5 7 5 7 5 sillabe, (sistema di
clausole sillabiche fisse, nato dalla mancanza di accenti tonici nella lingua
giapponese che quindi non si presta ad una scansione ritmica) nell’estrema
ipotesi di saltare addirittura la forma scritta, vista come semplice spartito,
forse come ormai inutile intermediazione e incrostazione formale. Come si vede
le proposte sono diverse: la pratica dell’oralità è stata comunque sperimentata
da Gonzo Yoshimazu e anche da Shuntaro Tanikawa. Certo rispetto ad un sistema
di scrittura sillabico, in cui sono coinvolti anche gli ideogrammi con il loro
carico visuale di significato, si lamenterebbe una perdita di precisione e
quindi di significato, in quanto la parola sarebbe più fortemente legata con
l’interpretazione. È una questione dibattuta anche da noi, relativamente alla
poesia sonora e alla sua vocazione performativa. Comunque nell’era di Internet
in cui si mescolano immagini, musica, parole scritte e pronunciate e già si
delineano interessanti proposte espressive, grandi cambiamenti sono in corso, e
tali questioni meritano di essere seguite con la massima attenzione.
Ricordiamo anche i tentativi del dopoguerra, proposti
da qualcuno, di una versificazione in rima (nuova per quella letteratura) di
imitazione occidentale. Non dimentichiamo neanche i tentativi di mediazione tra
le forme tradizionali e la poesia modernista, di poeti come Yukio Tsuji.
HOMURA Hiroshi, interviene sulla rivista Eureka, edita da Seido-sha, sul problema
della lingua parlata in relazione alla poesia tradizionale di tanka e haiku. Egli paragona la poesia tradizionale, in relazione alla
narrativa e al romanzo, a tradizioni come la cerimonia del tè e quella dei
fiori, rispetto a momenti della vita meno simbolici e formali.
Tradizionalmente i gruppi (kessha) di poeti di haiku
e tanka fanno riferimento a un
maestro. Il maestro insegna e corregge e gli allievi, in forza di questo
rapporto, migliorano imparando. Questa nel tempo la forma tradizionale, quasi
una confraternita in cui avvenivano gli scambi tra generazioni e tra autori.
Nel loro lavoro questi circoli, hanno conservato negli anni, la ‘forma tipica
tradizionale’ nella composizione di tanka
e haiku, e in queste forme hanno
utilizzato, fino ad oggi, la lingua letteraria come base.
Tutto è cambiato con la pubblicazione nel 1980, in epoca ‘New Age’,
del libro Anniversario dell’insalata di
Tawara Machi, in cui la poetessa, ha presentato i suoi tanka in lingua parlata, riscuotendo grande successo e vendendo più
di tre milioni di copie.
Con la
diffusione dell’uso della lingua parlata nel
tanka (poesia breve, rispetto al choka,
poesia lunga) e negli haiku, la
necessità di imparare la lingua letteraria non è più assoluta, ma ovviamente tende
a divenire secondaria. Basta che il poeta si attenga alla regola di 5, 7, 5, 7,
7 sillabe, per soddisfare gli aspetti formali. Il risultato è che i giovani
poeti scrivono tanka utilizzando la
lingua quotidiana, descrivendo un sé che, fin dall’inizio (dicono certi
critici), non esce dalla semplice dimensione appunto quotidiana. Questo ci può
sembrare strano, ma se come dice Kato Shuiki ‘le arti occupano, nella cultura
nipponica, lo stesso ruolo occupato in quella occidentale dalla filosofia’, come
testimoniano pur nella loro contraddittorietà i lavori di Yukio Mishima, come
Kagi no kakure,
una dimensione ‘quotidiana’ toglierebbe spessore ad
una profondità di riflessione che passa anche dalla costruzione formale, e in
fondo finirebbe per banalizzare e impoverire il processo.
Utilizzare questa forma riferendosi al semplice
apparato sillabico, finirebbe inevitabilmente per snaturare il percorso di
ricerca che trova nella lingua uno strumento considerato costitutivo e
indispensabile.
Il sistema, che oggi mostra segni di crisi, è
tradizionalmente organizzato nei seguenti elementi: un’associazione di tanka diretta da un riconosciuto kajin (poeta di tanka) che è il maestro;
una rivista che pubblichi i lavori degli associati; un editore specializzato,
infine, che ne pubblichi i libri.
Oggi i poeti non seguono più un’associazione, non
riconoscono come punto di riferimento l’autorità di un kajin e la sua funzione di maestro e non vedono la scrittura come
percorso di studio e miglioramento. Questo sembra estraneo a noi occidentali
che pur dovremmo pensare all’antica tradizione della ‘bottega’ in pittura, e
comunque capire che il sistema ha funzionato per secoli e che il suo vacillare
ha creato un momento di confusione.
Non dubitiamo in ogni caso che la grande tradizione
poetica nipponica e il gran numero delle persone praticanti, sapranno dare, in
termini espressivi risposte adeguate, superando brillantemente questo momento
di passaggio.
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Silvia Stucky, Haiku, video, 2008
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Tanka e Haiku
Questi componimenti sono tipicamente giapponesi e si
basano sull’alternanza di ku (momenti),
impropriamente indicati in occidente come ‘versi’. Il tanka (poesia breve), è costituito di 31 sillabe e ha uno schema di
due ku articolati, il primo in 5, 7,
5, sillabe e un secondo, in 7, 7. Il tanka,
che vanta una maggiore antichità, è stato per molti secoli la forma poetica dominante.
Dopo alterne vicende il tanka è
giunto fino ai tempi moderni. È tuttora praticato, e non solo in Giappone, e
pur non avendo trovato, per ora, la diffusione che, come vedremo, hanno avuto
gli haiku fuori del paese, vanta
interpreti anche tra autori occidentali.
L’haiku, è
costituito da 17 sillabe (5, 7, 5) e formato di tre ku. Esso nasce in Giappone nella seconda metà del ’600
dall’isolamento del cosiddetto hokku
(verso iniziale) del renga,
componimento poetico a catena, composto collettivamente come poesia conviviale.
Il renga subì varie modifiche, per
approdare anche a composizioni comiche o satiriche (haikai no renga) in reazione alla poesia paludata. L’haiku ci giunge solitamente scritto su
una sola colonna, anche se è abitudine occidentale trascriverlo in tre versi.
L’haiku è un componimento aperto, in
cui vengono forniti al lettore gli ingredienti per una meditazione volta a raggiungere
l’intuizione del tutto. L’io poetico non si manifesta esplicitamente ma si
identifica e si annulla nella propria meditazione. Questa poesia appare dunque
in un certo senso impersonale, eppure il suo modo di costruire una rete intuitiva
di nessi è efficacissimo. Quanto questa esperienza sia connessa con lo spirito
Zen è evidente per tutti, anche se l’haiku
è stato ed è praticato anche da poeti ‘non Zen’. Il più grande poeta haiku è considerato Matsuo Bashō (1644-1694),
che diede un impulso a questo genere di poesia portandolo a livelli
elevatissimi. In realtà questa composizione ha preso il nome haiku più tardi, ad opera di Masoka
Shiki, che coniò questo termine nella seconda metà dell’Ottocento. Attualmente
si calcola che più del 10% della popolazione giapponese componga haiku. Rispetto all’estero, come
accennato, la pratica dell’haiku si è
diffusa prima in America (ricordiamo, tra gli altri, l’importante festival
internazionale Cherry Blossom di
Vancouver), poi in Europa. All’haiku
si sono interessati poeti della beat generation, Kerouak, Pound ed Eliot,
Borges e Claudel, in Italia Sanguineti e Zanzotto, per citare solo i più
famosi.
Segnaliamo nel nostro paese il lavoro
dell’Associazione Italiana Amici dell’Haiku
e il competente impegno di Carla
Vasio di Momoko Kuroda, di Marisa Di Iorio e dell’Editrice
Empirìa, che organizzano con il supporto dell’Istituto Giapponese di Cultura,
il Premio Letterario Nazionale di Haiku, che riscuote grande successo.
Il
verso libero
In questo variegato paesaggio, giungiamo a parlare
delle tendenze della poesia modernista di tipo occidentale (shintaishi, ovvero ‘poesia del nuovo
stile’), quali si delineano negli anni appena trascorsi.
L’ingresso della poesia di tipo occidentale in
Giappone può datarsi con l’uscita dell’antologia Shintaishisho (1882) contenente traduzioni di testi di poeti
occidentali (Gray, Tennyson, Longfellow, Campbell, Bloomfield, etc.).
Ma solo nel gran rivolgimento nel dopoguerra vi fu un
gran fiorire di questa poesia per merito di diversi gruppi, come Arechi (Terra desolata), Retto (Catena di isole), Kai (Il remo) ed altri.
Ricordiamo i meriti della casa editrice Shicho-sha,
che ha dato impulso alla pubblicazione di testi poetici contemporanei dedicati
all’opera di ciascun autore, mentre i poeti, fino a pochi anni prima, pubblicavano
i loro testi prevalentemente in antologie collegate con i loro gruppi di
lavoro. Shico-sha, ha così pubblicato centinaia di titoli, tra cui,
recentemente, anche le traduzioni di poeti italiani come Attilio Bertolucci e
Mario Luzi, curate da Yasuko Matsumoto. Questa operazione ha sicuramente
favorito una migliore conoscenza degli autori, favorendo la produzione e la
conoscenza di opere organiche.
A proposito dei fermenti che vivificano la poesia
nipponica ricordiamo ancora la sperimentazione di Yukio Tsuji, scomparso nel
2000, che ha tentato di coniugare la poesia del verso libero con gli haiku.
Infine crediamo sia importante dire qualcosa della
nuova poesia femminile. Le donne hanno sempre occupato un posto importante
nella poesia nipponica, anche nell’antichità, tra l’altro con produzioni
originali e interessanti. Nella ‘poesia del nuovo stile', come in quella
tradizionale, abbiamo una serie di poetesse della generazione che non ha
vissuto la guerra, che ci forniscono prove molto interessanti. Tawari Machi,
come dicevamo, porta avanti il discorso della lingua parlata nel tanka, e ricordiamo autrici come Masayo
Koike, classe 1959, che ci offre una poesia quietamente visionaria, Toshiko
Hirata, del 1955, e Junko Takahashi, del 1944, interprete di un realismo
postminimalista, amaramente attento al sociale. Salutiamo anche con piacere
l’uscita per Kashin-sha, nel 2010 di Raccolta
dell’opera poetica di Noriko Ibaragi, autrice già nota in Italia,
fondatrice della rivista Kai, a cui
aderirono Shuntaro Tanikawa e Makoto Ooka.
Segnaliamo infine alcune pubblicazioni di poesia,
relative all’anno appena trascorso, per la maggior parte delle quali possiamo
solo riportare i titoli.

Editore Kashin-sha

Noriko Ibaragi
Raccolta
dell’opera poetica di Noriko Ibaragi
* * *

Kiyo Haraguchi
Fragola
invernale
[Haiku]
* * *

Editore Shicho-sha

Chukok Fukasa
L’aneddoto
dell’arco della catena di isole del mare meridionale
* * *

Mizuki Mitsuku
Nella bambagia
* * *

Izumi
Yamanocuchi
Padre
Yamanocuchi Baku
* * *

Keiko Shimizu
Fare le
bizze-dada
* * *

Akane Tsukasa
Strada
principale in salamoia
******
TESTI
Yukitsuna Sasaki
Nato a Tokyo, nel 1939, professore universitario, poeta molto
reputato. Membro dell’Accademia di belle arti, studioso di letteratura del
Giappone. Ha seguito le orme del padre Nobutsuna Sasaki anch’egli famoso poeta
di tanka.

Avevi
detto
che
volevi mio figlio!
Sei
stupida!

Acqua
che corre
ribollendo
nel fiume
rompe
il vortice il suono
tu
mi sei tra le braccia

Un verso della poesia sta dritto
oscilla nel vapore che si leva
si agita la terra
* * *
Yasuta Kemari
Questa interessante poetessa, pur non appartenendo ad alcuna associazione
di tanka, ha vinto, come nuovo
talento, il Premio per la ricerca nel tanka,
nella sua 52° edizione.

In
nostalgici
campi
io mi trovavo
di
tali cose fatti
che
eran da lontananze
grandi
pervenute

Giugno
sulle
ruote bagnate
del
camioncino
fermo
al semaforo
si
è attaccato il futuro

Al porto del cielo
al porto dell’acqua
al porto del vento
al porto dei sogni
colano i semi
* * *
Tawari Machi
Altra giovane poetessa molto apprezzata, impegnata nella modernizzazione
del tanka con l’uso della lingua
parlata, in cui compone i suoi testi. All’università di Waseda ha incontrato Yukitsuna
Sasaki sotto la cui influenza ha cominciato a scrivere tanka.
Il grande
successo della citata raccolta Anniversario
dell’Insalata ha fatto parlare di ‘fenomeno dell’insalata’ paragonabile con
la ‘bananomania’ relativa alla popolarità della scrittrice Banana Yoshimoto.
Molto famosa, ha celebrato le virtù del tanka in radio e in televisione,
incoraggiando i giovani a misurarsi con questo componimento. Opera anche come traduttrice dal giapponese antico a
quello moderno. Ha tradotto opere come il Manyōshū
and the Taketori Monogatari (Storia di un tagliabambù).

なんでもない会話なんでもない笑顔なんでもないからふるさとが好き
Conversazioni
sul niente, sul niente
sorrisi
in particolare è perché
mi piacciono quando torno a casa
四万十に光の粒をまきながら川面をなでる風の手のひら
Il palmo del vento
che accarezza il volto dello
Shimanto
semina
infiniti granelli di luce
みかん一つに言葉こんなにあふれおり かわ・たね・あまい・しる・いいにおい
Così tante parole
In un solo mandarino!
“Buccia” e “semi”
“dolce” e “succo”
e “odore” un buon odore
揺れながら前へ進まず子育てはおまえがくれた木馬の時間
Indietro e avanti
senza andare in nessun posto
allevare un bimbo
è come questo cavallo a dondolo
tempo che tu hai dato a me
何層もあなたの愛に包まれてアップルパイのリンゴになろう
Vorrei essere la mela
che riempie una apple pie
rivestita
strato dopo strato
del tuo amore
* * *
Momoko Kuroda
Nata a Tokyo, allieva del poeta Yamaguchi Seison,
continuatore della linea ortodossa di composizione degli haiku di Kyoshi, a sua volta considerato fondatore dell’haiku moderno, è fondatrice della
rivista Aoi (Profondo blu). Autrice
di molti libri e vincitrice di molti importanti premi, ha pubblicato in Italia Un albero un’erba, Empirìa, 1995. Svolge
attività didattica come haijin, ha al
suo attivo molti scritti teorici.
Della Kuroda riportiamo alcune recenti composizioni.
. 

Negli occhi di un uccello
Grandi uccelli bianchi
Stipati

Frescura –
Negli ultimi anni di vita
L’orecchio di mio padre

Un solo ponte
Una volta attraversato –
Lo shoji primaverile di mia madre
* * *
Nenten Tsubouchi
Nato nel 1944, è un poeta molto
conosciuto. Ha studiato letteratura giapponese alla Ritsumeikan University ed è
attualmente professore all’università di Kyoto. È stato direttore della rivista
‘Giornale dell’Associazione dell’Haiku
Moderno‘, di cui è membro fino al 1985, nel 1986 ha fondato una rivista
del suo circolo poetico. Ha coniato l’espressione katakoto (かたこと【片言】) “schegge di parole” a
indicare una sorta di cicaleggio, di balbettio infantile, frammentario e
spezzato, che talvolta Tsubouchi utilizza.

桜散るあなたも河馬になりなさい
sakura chiru anata mo kaba ni narinasai
mentre
cadono i boccioli del ciliegio
tu potresti anche
diventare un ippopotamo
三月の甘納豆のうふふふふ
sangatsu no amanattoo no ufufufufu
legumi con zucchero glassato
di marzo
u fu fu fu fu
* * *
Naoko Yamazaki
Nata nel 1970. È la
seconda donna giapponese che si è qualificata come astronauta. Come si
vede la scrittura della poesia è diffusa in maniera molto rilevante in Giappone
e interessa categorie anche lontane dagli ambienti letterari

瑠璃色の 地球も花も 宇宙の子
ruri
iro no chikyuu mo hana mo uchuu no ko
la terra di lapislazzuli
e tutti i fiori...
tutti bambini dello spazio
* * *
Shuntaro Tanikawa
Oggi, come si diceva, il poeta più noto ed apprezzato
è Shuntaro Tanikawa, nato a Tokyo nel 1931, figlio del celebre filosofo Tetsuo Tanikawa,
che esordì brillantemente, molto giovane, con La solitudine di due miliardi di anni luce. Tanikawa si è misurato
in molti campi artistici, nella musica, nel disegno e nell’immagine, ha scritto
drammi radio-televisivi. Si è impegnato anche nel campo della traduzione, ricordiamo
la sua Mamma oca e
la traduzione delle strisce Peanuts
di Charles Schulz. Ha al suo attivo una sessantina di libri e una curiosità
insaziabile. Come già abbiamo accennato è intervenuto in campo performativo e
si è misurato anche la cosiddetta poesia in prosa teorizzata da Irizawa Yasuo.
Naturalmente orientato verso la poesia di tipo
occidentale, considera la poesia tradizionale troppo formale e chiusa. L’intenzione
di Tanikawa è di porsi artisticamente come punto d’incontro tra oriente e
occidente. Alcuni critici lo hanno avvicinato alla beat generation, che si è dimostrata interessata alla poesia
giapponese, anche se in realtà ci
sembra che tali vicinanze non siano del tutto convincenti. Scrive di lui Shuzo
Yachi: “Nella parola di Tanikawa esiste qualcosa di molto simile alla musica,
che s’intreccia all’armonia universale e muove la materia poetica con la sua
stessa forza”. È tradotto in molte lingue e la sua poesia in Giappone è
studiata nelle scuole. È conosciuto in Italia.

これが私の優しさです
窓の外の若葉について考えていいですか
そのむこうの青空について考えても?
永遠と虚無について考えていいですか
あなたが死にかけているときに
あなたが死にかけているときに
あなたについて考えないでいいですか
あなたから遠く遠くはなれて
生きている恋人のことを考えても?
それがあなたを考えることにつながる
とそう信じてもいいですか
それほど強くなっていいですか
あなたのおかげで
Questa
è la mia premura
Si può pensare alle foglie nuove
fuor della finestra
o al cielo azzurro al di là?
È bene pensare all’eternità o al
vuoto
quando sei sul ciglio della morte?
Quando sei prossimo a morire
è possibile non pensare a te in
qualche modo ancora?
Quando stiamo per essere separati
da così tanta distanza
cos’è mai pensare alla viva
innamorata?
Questo è ciò che è legato alle mie premure
per te
È bene se è questo che ora io
penso?
È bene che diventi valida questa
via
con la tua approvazione?

Quando
gli Uccelli sparirono dal Cielo
Il giorno in cui le Bestie
sparirono dalla Foresta
la Foresta trattenne il respiro.
Il giorno in cui le Bestie
sparirono dalla Foresta
gli umani continuarono a costruire
strade.
Il giorno in cui i Pesci sparirono
dal Mare
il Mare cupamente gemette.
Il giorno in cui i Pesci sparirono
dal Mare
gli Umani continuarono a costruire
porti.
Il giorno in cui i Bambini
sparirono dalla Città
la Città si affaccendò perfino con più
operosità.
Il giorno in cui i Bambini
sparirono dalla Città
gli Umani continuarono a costruire
parchi.
Il giorno in cui l’Umanità perse se
stessa
tutti gli umani furono simili uno
all’altro.
Il giorno in cui gli Umani
smarrirono la Personalità
gli Umani continuarono a confidare
nel futuro.
Il giorno in cui gli Uccelli
sparirono dal Cielo
il Cielo pianse quietamente
Il giorno in cui gli Uccelli
sparirono dal Cielo
gli Umani continuarono,
inconsapevoli, a cantare.
Infine la
celeberrima poesia Solitudine di due
miliardi di anni luce:

Sul piccolo
globo esseri umani
dormono si
alzano, lavorano
talvolta
desiderano avere dei compagni su Marte
I marziani sul
loro piccolo globo
non so cosa
fanno
(forse
dormicchiano, si alzicchiano, lavoricchiano?)
Talvolta
desiderano avere dei compagni sulla Terra.
Questo è
assolutamente sicuro.
Gravitazione
universale vuol dire
forza
d’attrazione della reciproca solitudine
Il cosmo è
deformato
quindi tutti
desiderano cercarsi.
L’universo si
espande sempre di più
perciò tutti
sono incerti.
Alla solitudine
di due miliardi di anni luce
Inconsciamente
ho fatto uno starnuto.
* * *
Masayo Koike
Nata a Tokyo nel
1959, si è misurata in giovinezza con diverse discipline artistiche prima di
dedicarsi principalmente alla poesia. È anche traduttrice di letteratura
infantile e saggista. Interviene attivamente su giornali e riviste e anche in
radio e televisione. La sua poesia è raffinata, narrativa e molto armonica,
attenta all’elemento realistico e alla sua trasfigurazione.


Breve poesia a proposito dell’alba
Durante
il lungo viaggio
America,
in una toletta di Santa Fe
Alba
Avevo
orinato con discrezione per un lungo lungo tempo
Nel
mondo intero
percepivo
come se lì vi fosse solo questo suono e me stessa
malgrado
il fatto che fossi io a fare il rumore
Curiosamente
mi sembrava che venisse da fuori
e questo
mi confortava
Come
un’interminabile storia di una vecchia
stavo
aspettando
che finisse
ma non
voleva
Un
tempo che non appartiene
a
qualcuno
in
nessun posto
Non ero
lì
Non sono
viva
potrei
ancora dirlo
Adesso
il suono è cessato
in
questa stanza che è rapidamente diventata fredda
una
silenziosa esistenza inaspettatamente creata
quello
sono io, sono io?
La
temperatura della vita lasciata nella
forma di un invisibile circolo
C’eri
là?
C’eri
là in quella stanza?
C’ero
Sono viva
A lungo
prima che la voce interrogativa mi raggiungesse
* * *
Bibliografia orientativa (italiano)
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