LUOGO COMUNE
INEDITI
“Pace nella contesa d’amore.
Un altro sogno di Polifilo” -
Omaggio a Francesco Colonna



      

di Lamberto Pignotti

 

 

È piacevole, pensava, leggere una storia come questa nella camera di una pensione al secondo piano di fronte al mare, con una malcelata vena di umorismo. Cercò di andare avanti nella lettura ma poi, girandosi lentamente, le disse con tono assai infastidito:

 

“Signora, se il suo sventurato consorte è deceduto per deperimento, pace all’anima sua, ma ora non mi infastidisca oltre il dovuto con le sue continue e oscene profferte amorose…”

 

Lei che stava succhiando una caramella sospirò allora in modo rassegnato:

 

“In fondo non è la lussuria scatenata, bensì la pace del cuore che io vo cercando, mammolone, fra le tue bramose e lubriche braccia…”

 

Sbirciandola con alquanta ostilità e grattandosi il mento, lui ribatté:

 

“Come le devo dire che non voglio essere più palpato e brancicato da lei, signora? Mi conceda almeno un momento di pace…”

 

Con enfasi struggente lei si fece all’improvviso avanti e quasi canterellando disse:

 

“Sia detto con tua pace, coccolone: mi ritorna una irrefrenabile voglia di morderti tutto!”

 

Dopo un lungo silenzio carico di tensione e aspettando che si attenuasse la sirena di un’autoambulanza:

 

“Ahimè, signora”, si lamentò, “da quando lei, con la sua insaziabile lussuria, mi si è buttata al collo non ho avuto più pace…”

 

“Deh!”, giungendo le mani lei bisbigliò, “Concedimi ancora qualche inverecondo bacio appassionato, e poi ti lascio in pace, bambolone…

 

Barcollando per un improvviso giramento di testa, lui si lamentò debolmente:

 

“Signora, la smetta di stringermi con cotale foia… Mi ha già spremuto come un limone: mi lasci riposare in pace, ora!”

 

Lungi dal ritrarsi, ribatté lei in tono di sfida:

 

“E così, ora che mi hai ripetutamente presa d’assalto e spudoratamente conquistata, vorresti fare la pace, eh, birbone…”

 

A quel punto gli venne spontaneo un lungo respiro di disperazione, e facendo il gesto di strapparsi i capelli, sbottò:

 

“Di ninfomani come lei, signora, ne ho fin sopra i capelli! Amerei starmene in pace in camera mia, da solo, almeno un paio di giorni…”

 

Con lo sguardo fisso davanti a sé, lei andò a sedersi sulla sponda del letto, accavallando le gambe:

 

“Quando avrai raggiunto la pace dei sensi, bischerone mio”, bisbigliò, “non ti rimarrà che sognare questa estenuante e sregolata contesa d’amore…”

 

Alzando le mani al cielo, lui provò ad ammansirla:

 

“Signora sia buona, si metta il cuore in pace: anche il numero delle combinazioni previste dal Kamasutra ha un limite…”





Stefano Lanuzza, Stanza 520, 2013


Sospirando in modo rassegnato, lei si alzò dal letto:

 

“Cuoricino mio, tu sei proprio irremovibile alle mie reiterate e dissolute richieste d’amore! Sai che ti dico allora? Pace agli uomini di buona volontà…”

 

Con distacco, quasi con noia, anche perché cominciò ad avvertire la bocca secca, le disse:

 

“Da qualche tempo il suo temperamento focoso e francamente scostumato non mi dà più pace, signora! La prego vivamente perciò di rivolgersi ad altri…”

 

A quel punto lei sorrise allungando con esitazione una mano:

 

“Dai, vogliamo firmare la pace a suon di baci particolarmente licenziosi, porcellone?”

 

Ritraendosi con spavento, lui mise le mani avanti:

 

“Si dia pace, signora… Non mi avrà mica preso per il Divino Marchese!...

 

Sempre più impaziente, lei disse:

 

”Bello mio, non posso rinunciare ai tuoi frenetici amplessi! Quella che tu impietosamente mi chiedi sarebbe per me una pace gravosa…”

 

Precipitandosi verso la porta, da dove provenivano rumori di passi nel corridoio, lui gridò:

 

“Ora si metta l’animo in pace, signora! Da questo momento non intendo concederle più i miei favori…”

 

Fregandosi piacevolmente le mani, lei disse:

“Farfallone amoroso, prima di volare via, lasciati un’altra volta accarezzare licenziosamente in santa pace!”

 

Facendo un saluto con la mano, lui ribatté:

 

Gi eccessi erotici in cui mi ha coinvolto m’inducono a ritirarmi in convento… Pace e bene, signora!”

 

Lei, con simulato irrefrenabile furore lo minacciò allora di chiudere la storia con un micidiale lieto fine:

 

“Tesoruccio, se non accondiscendi ad essere ancora voluttuosamente mio, ti strangolo, ti dò la pace eterna…”

 

Ma lui non l’ascoltava più, stava leggendo. Lei si mise a guardare dalla finestra le luci che si erano accese sul lungomare.

 

 

 

 




Scarica in formato pdf  


      
Sommario Luogo Comune

Il contatore dei visitatori Shiny Stat è attivo da dicembre 2006