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A COLLOQUIO
CON EDUARDO GALEANO
L’utopia serve a camminare, anche se non la raggiungeremo mai


      
Pubblichiamo una intervista inedita con lo scrittore uruguayano, realizzata tre anni e mezzo fa a Montevideo nella sua ‘tana’ preferita: il Caffè Brasilero della ‘Ciudad Vieja’. Qui lui parla dei sogni, del marxismo, del capitalismo, della situazione politica dell’America Latina, dei vari leader da Castro a Chavez, dalla Kirchner a Lula, e del movimento zapatista. Ma soprattutto continuava a credere che la scrittura non fosse “una passione inutile” e a reputare che con la letteratura aveva potuto toccare “gente che non conosco ed essere toccato da essa”.
      



      

 

 

di Martha L. Canfield

 

 

Circa tre anni e mezzo fa mi trovavo a Montevideo e ho incontrato Eduardo Galeano nel solito bar della Ciudad Vieja, il Caffè Brasilero. Nei miei ultimi viaggi ci eravamo visti soprattutto a casa di Mario Benedetti, ma ora lui non c’era più, mancato nel maggio del 2009. L’abbiamo evocato, con profonda nostalgia, e alla fine, per tornare sul presente e sulle cose pratiche, io gli ho parlato di un progetto editoriale per il quale mi serviva un’intervista con lui. Alla fine abbiamo concordato un appuntamento speciale per realizzare l’intervista, «breve e registrata, non scritta perché mi stanco molto», tenne a precisare; e così abbiamo fatto. Ma l’annunciata pubblicazione non andò in porto, quindi io la conservai inedita finora.

 

 

Tu parli spesso del diritto di sognare. In che rapporto lo vedi con i diritti umani in genere?

 

Credo che sia il più umano dei diritti, ma non risulta in nessuna dichiarazione dei medesimi. Credo che il diritto di sognare fornisca acqua fresca da bere, e se non fosse per questo gli altri diritti morirebbero di sete. I sogni ci forniscono un’inspiegabile capacità di mirare oltre l’infamia…

 

Il marxismo fa parte di questo diritto – chiamiamolo così – “onirico”?

 

Perché no? Il marxismo è realismo e la realtà è reale nella veglia, nelle ore del giorno; ma è reale anche nella notte, quando la realtà dorme o fa finta di dormire, quando sogna o ha gli incubi.

 

Che ruolo avrebbe il Fondo Monetario Internazionale in questo diritto al sogno?

 

Il Fondo Monetario pensa agli incubi.

 

La globalizzazione può essere l’agonia del capitalismo?

 

Da quando ero bambino sento parlare dell’agonia del capitalismo. È chiaro che ha più di sette vite.

 

Cosa c’è dopo la globalizzazione?

 

Il capitalismo è globalizzato da molto tempo, quattro secoli, forse cinque, a partire dalla conquista dell’America. E anche la resistenza al capitalismo è di antica data, perché ogni cosa genera il proprio contrario. Così, quel lato positivo della globalizzazione, che è l’internazionalismo, ci permette di riconoscerci fratelli di tutti coloro che hanno volontà di giustizia e di bellezza, non importa dove siano nati o in quale epoca siano vissuti.

 

Cos’è per te la diversità?

 

La cosa migliore del mondo è precisamente il fatto che esso contiene dentro una quantità di mondi; ma oggi come oggi i padroni del mondo ci invitano a morire di fame o di noia.

 

 

 

Eduardo Galeano nel Café Brasilero di Montevideo

 

 

Cosa rappresenta o ha rappresentato per te Fidel Castro?

 

Per noi latinoamericani è un simbolo di dignità. Tuttavia a Cuba neppure le mosche potevano volare senza il suo permesso. L’assillo imperiale lo costringeva ad esercitare poteri monarchici. Con Raúl le cose saranno sicuramente, almeno in parte, diverse.

 

Che sentimento hanno suscitato in te il processo delle fucilazioni a Cuba?

 

Sono contrario alla pena di morte in qualsiasi parte del mondo.

 

Cosa pensi del pensiero Luxemburghista?

 

Io amo quella donna. Il pensiero di Rosa Luxemburg non tramonta. Anzi, quanto ci manca, che grande bisogno c’è di lei in questo mondo in cui giustizia e libertà rimangono divorziati.

 

In che stato di salute versa il mondo occidentale?

 

Quello che chiamano mondo occidentale, ossia quella concentrazione di potere nelle mani di pochi, gode di una salute sospetta, perché dipende dalla malattia di tutti gli altri.

 

Qual è il futuro prossimo dell’America Latina?

 

Non ne ho la più pallida idea.

 

Come vedi il lavoro svolto da Cristina Kirchner?

 

Continua ad essere una buona sorpresa. La realtà è sorprendente, e non tutte le sorprese sono cattive.

 

A cosa serve l’utopia?

 

Secondo Fernando Birri serve a camminare, è dentro l’orizzonte, non la raggiungeremo mai, ma grazie a lei andiamo avanti.

 

Tu hai sostenuto che, dei diversi movimenti guerriglieri dell’America Latina, apprezzi particolarmente quello zapatista. Perché?

 

Perché finora non ha confuso i mezzi con i fini e pertanto non è finito per assomigliare al nemico contro il quale lotta.

 

Cosa pensi del commercio equo e solidale e dei movimenti sorti dopo Porto Alegre?

 

Ho la migliore opinione del movimento che rivendica il commercio giusto e anche del foro nato a Porto Alegre. Il destino delle dita è nella mano. Fuori dalla bocca, il dente non serve a nulla.

 

Per quale motivo hai definito le Sinistre dell’America Latina come «buone università della destra»?

 

È una riprova, non un’opinione. In tutto il mondo la sinistra è sempre stata l’università della destra. Rupert Murdoch, nei suoi anni studenteschi, teneva soltanto l’immagine di Lenin alle pareti della sua stanza. Si capisce: ci sono coloro che leggono Il capitale per vivere dei suoi interessi. Ma per fortuna la sinistra non è solo quello. È molto di più.





Se parliamo di Lula in Brasile, ti sembrerebbe troppo definirlo un mezzo fallimento? Cosa ti aspettavi tu dal governo Lula?

 

La verità è che va di male in peggio. Mi duole per tutto quello che Lula e il suo partito rappresentano per il Brasile e per il mondo.

 

Sei sempre dello stesso avviso circa Chávez, ovvero «un tiranno inventato dai grandi mezzi di comunicazione»? Perché tanta sinistra (anche italiana) lo ama?

 

Strano tiranno, vero? Ha vinto nove elezioni. I grandi mezzi di comunicazione l’hanno trasformato in un demonio.

 

Come leader sudamericano, ti trasmette piena fiducia?

 

Sì, per la sua dignità e volontà di giustizia.

 

Quanta fiducia hai nella possibilità di vedere in futuro un miglioramento sociale nel mondo?

 

Io lotto per un mondo senza leader, senza che ci siano padroni che comandano e gente comandata, senza differenze tra chi dirige e chi è diretto. Ma questo non significa che non possa avere un’alta opinione e rispetto per gli uomini e le donne che incarnano la speranza collettiva e la volontà collettiva di cambiamento. E ce ne sono.

 

Cosa rappresenta per te la cultura?

 

Non lo so. A volte mi sento come un ubriaco che nega l’evidenza e continua a credere nell’incredibile. Mi conforta sapere che così come è il mondo non può andare avanti: o cambia o è perduto, perché di questo passo il mondo rimarrà senza mondo: senza aria, senza acqua, senza terra, senza anima.

 

Che senso ha la scrittura?

 

Me lo domando tutti i giorni, ma male che vada continuo a credere che non sia una passione inutile. La cultura è comunicazione o non è niente. Le orme digitali di una mano tesa in cerca di un’altra mano.

 

Nei tuoi scritti spesso appaiono immagini di bambini. Che futuro consegneremo ai bambini del terzo millennio?

 

Bisognerebbe domandarlo a loro, che sono quelli che sanno.

 

Cosa ti ha regalato nella tua vita la letteratura?

 

Poter toccare gente che non conosco ed essere toccato da essa.

 

 

 




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