CHECKPOINT POETRY
VILMA COSTANTINI
 

 

 

RESISTENZE

 

 

Insomma Fëdor, siamo qui ancora a ricordare

il buio sottosuolo della tua casa morta

dove dannati incoscienti resistevano

perché la libertà sognata pareva loro più libera

della vera libertà di chi abitava fuori

 

conserviamo memoria di quella casa che tu,

Fed’ka definivi morta – ot mertvogo dama,

da una morta casa”, propriamente:

mertvyj è un aggettivo, riguarda il “contenente”

se volevi indicare il “contenuto”

usavi mertvec, colui che è deceduto –

e se tali eravate, memorie allora

a noi non ne avreste lasciate

 

“... e noi, fratelli, davvero, che stiamo a fare qui?

Che siamo noi? Vivi, non siamo uomini;

morti, non siamo defunti...” disse qualcuno

che voleva andarsene e non come voi resistere

 

quasi lo rimpiangi quel lurido cantuccio

compiacendoti, Fedja, certo, ma con orrore

come se nella grandezza del dolore

ci fosse un vero godimento

ma quelli come te da questo lato

chiusi dentro la palizzata

non stavano peggio di chi era dall’altro

e si credeva al sicuro

invece non lo era poi del tutto

se un niente, uno sgarro da niente

lo avrebbe invitato al tuo tavolo

a mangiare ogni giorno la zuppa di cavolo

 

la volontà ti sostenne, Fëdor Michailovič

di tener duro e riuscire un giorno

per te e per gli altri a spezzare le catene

ed ecco che i ferri, batjuška, caddero alla fine

ti appariva strano di averli avuti sulle gambe

che si potesse camminare senza, dopo tanti

tribolati anni. Un nuovo passo

una nuova vita, “la resurrezione dai morti”

finalmente quel giorno tra canzoni e saluti uscivate

e la fortezza dietro di voi si sbriciolava

 

 

(prestito/pretesto da Fëdor M. Dostoevskij)

 




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