al centenario
dell’Isabeau
di Mascagni. Il ‘maestro’ di cui si parla
è proprio il grande musicista.
ADIÓS,
MAESTRO, ADIÓS, QUERIDO PIETRO *
1.
Di
notte, quando mi sdraio,
non
so chiudere il ponte dei ricordi.
Non
ho che filamenti, vecchi lacci
per
stringere vapori di percorsi.
E
la finestra che ho davanti
lascia
filtrare spilli carichi di luce.
2.
Dove
non so, ma vivere mi vedo
in
un paese caldo, case alte
sull’onda
estiva delle messi d’oro.
E
non ho approdi, reti nemmeno
a
raccogliere la voce dei miei abissi.
Di
notte si prolunga l’Avenida
e
chiedo al giorno che mai nasca.
Il
sogno per sempre vi cammina
col
passo che a San Juan si fa metallico
ed
echeggia tra le case e le vetrine.
Il
vento s’è levato che trascina
gialle
carte trucioli lattine
e
pare ch’io risenta distinguibile
il
saluto che udii a Cerignola:
Adiós,
Maestro, adiós, querido Pietro.
È
ora che la nave parta
che
si sciolgano i nodi della vita.
3.
Trenta
giorni di nave a vapore
tanti
lidi che ho attraversato
tante
strade che ho cominciato
la
mia patria chi più mi renderà
chi
la mia terra di mille giardini?
Un
popolo si è mosso di ricordi
un
povero esercito di grida
e
qui è approdato, al Mar del Plata.
4.
Un
giorno t’ho giurato “più non parto!”.
Ma
quante volte t’ho giurato invano.
La
luna lo sapeva e silenziosa
vegliò
tutta la notte luminosa
sull’alba
che t’avrei lasciato in pegno.
5.
Mamma,
dammi queste cento lire
che
in America ora devo andare.
Ti
prometto, mamma mia bella,
che
un dì io ritornerò,
ti
prometto com’è vera quella stella
che
un dì io ritornerò.
Tu
già mi esili, mamma,
già
mi inondi di lacrime antiche
già
mi dai una spada nel petto.
Allora,
dammi, mamma, queste cento lire
che
io all’America devo proprio andar.
6.
Il
paese vidi partire come un treno
le
case l’una all’altra agganciate.
Partiva
Via Rosmini, Via Codogno,
Corso
Cairoli e Piazza Re Umberto.
Partivano
le scale del quartiere
le
finestre della scuola elementare.
Salutavano
i lampioni tutti in fila
i
tetti traballavano sconnessi
e
la banda del maestro Portinfante
suonava
una marcia militare.
TA
TAN…TA TAN…TA TAN…TA TAN
Erano
attaccate estati e primavere
le
chiese ai cortili e ai giardini
i
nonni coi nipoti, coi padri i figli
una
catena infinita di destini.
Non
si fermarono più, partirono,
scomparvero
oltre le onde immani dell’oceano.
7.
Perché
non parli, Argentina?
Dimmi
qualcosa dei tuoi fiumi
dei
tuoi larghi spazi taciturni
delle
tue mille cicale assordanti.
Dimmi
qualcosa, Argentina, parla,
non
farci schiavi in una lingua straniera.
Un
giorno, vedrai, balleremo il tuo tango
nell’aria
spargendo la triste coscienza
di
una radice lontana, sepolta nel cuore.
8.
Già
finisce quest’altro giorno australe?
La
mia speranza cammina sempre ad ovest
e
gli occhi si fermano all’ultimo disco del sole.
Mille
e mill’anni così ancora sarà
ma
oggi questa ci appare la vita
quella
che, vedi, si estenua
e
poi torna abbagliata da nuova aurora.
Già
finisce quest’altro giorno australe.
Ed
io resto nell’altra parte del mondo
in
uno straniero oscillante me
che
si dondola nel metronomo tenace
della
mia ardente disperazione.
9.
Non
voglio più viaggiare
ma
solo ritrovare l’antico paese
le
sue campane affidate ad un tempo
scandito
dalla luce lenta dell’estate.
S’è
tutto spento questo giorno australe.
Resto
ferito dai primi istanti della notte
dal
suo vorace annullamento.
E
nulla può salvarmi
dall’essere
diventato
un
altro
me.
* Il testo qui
riprodotto è stato inserito nel concerto-spettacolo “Alla conquista della felicità! L’Unità d’Italia degli Emigranti –
Pietro Mascagni da Cerignola a Buenos Aires”. Tale manifestazione si è svolta a
Cerignola il 3 settembre 2011, nel quadro del Settembre Mascagnano - Premio Pietro Mascagni - Amici della
Città di Cerignola (III Edizione 2011).