LETTERATURE MONDO
SGUARDO DAL SUD (15)
Le fluenti e intense liriche
di Varand

      
Un incontro a Yerevan con il sessantenne poeta della diaspora armena dell’Iran, il cui vero nome è Soukias Hacob Koorkchian, attualmente docente di letteratura all’Università di Teheran. Figura polivalente – è anche drammaturgo, traduttore e paroliere – trasferisce in armeno sia i classici persiani e sia la poesia moderna. Dal 1972 ha pubblicato ventisette raccolte di versi riprese in varie lingue. Qui pubblichiamo in traduzione italiana sei suoi significativi testi.
      




   

 

di Anna Santoliquido

 

 

L’Armenia è il Paese dei gelsi, dei melograni e delle montagne. Le albe e i tramonti ti scavano l’anima. I ricordi si intrufolano nel sonno. E i sogni prendono forma. Talvolta danzano con le ombre. Altre volte grondano sangue. Nell’aprile del 2013, nella luce abbagliante di Yerevan, ho scoperto tesori e khachkar (croci di pietra). Parole e segni  che mi girano attorno.

Tra i souvenir di un colorito mercato ho stretto la mano a un poeta. Disse che era anche pittore. Mi rammaricai che il Festival di Poesia fosse al termine e mancasse il tempo per un disegno, uno schizzo. Varand (Soukias Hacob Koorkchian, Teheran, 1954), della diaspora armena dell’Iran, dall’aspetto mi ricordava Hrand Nazariantz, il grande scrittore, poeta e giornalista nato nel 1886 a Üsküdar, distretto asiatico di Costantinopoli, e vissuto a lungo in Terra di Bari, dove è scomparso nel 1962.        

Trascorsi alcuni mesi, Varand ha affidato un messaggio per me all’architetto Vahe Vartanian che mi ha scritto da Teheran. La sorpresa si è arricchita di mail e foto. La passione per la poesia e il desiderio di costruire ponti tra le nostre nazioni hanno avuto un ruolo importante.

 

 

Yerevan, 20 aprile 2013. Anna Santoliquido e Varand

(Foto di Antoski)

 

 

Varand ha dedicato versi colmi di ammirazione all’esule Nazariantz, amico di famosi letterati italiani, tra cui Marinetti, Verga e Pirandello. Per la realizzazione del progetto “Il giardino dei melograni” a Casamassima (Bari), dove ha abitato lo sfortunato Nazariantz, Varand e Vahe hanno chiesto il mio contributo linguistico che ho prestato con gioia. Niente ripagherà le sofferenze dell’intellettuale armeno che malgrado l’indigenza non ha smarrito la dignità e l’amore sconfinato per la sua Patria.     

Teheran e Bari non sono più distanti. Le mail viaggiano frenetiche. Poi la comunicazione si è dilatata, includendo Roma e Los Angeles. Vahe, tornato in Italia, scrive dalla capitale; Varand invia notizie da Teheran e sua sorella Karine dall’America.

Un giorno inaspettatamente ho ricevuto la raccolta Poème surprise di Varand, poesie scelte, tradotte in inglese da Tatul Sonentz. Una scrittura essenziale, capace di stupire. Ho pensato di farla conoscere ai soci del Movimento Internazionale “Donne e Poesia” e della Sezione “Puglia-Basilicata” del Sindacato Nazionale Scrittori che sanno apprezzare i versi di ogni latitudine.

La sera del 16 novembre 2013, nella sede del Movimento, ho presentato la silloge di Varand, soffermandomi sulle tematiche e gli esiti stilistici delle liriche. Parecchie composizioni sono state lette in inglese dalla Prof.ssa Janet Mary Wing, già docente presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere di Bari, e in versione italiana dalla sottoscritta. I presenti sono stati subito conquistati dalle sonorità e dalle trovate. L’Autore ha una fervida immaginazione che sortisce pensieri delicati e trasparenti. Le capacità pittoriche giovano alla pagina che genera ritmi suadenti. Difatti, dai testi sono state tratte molte canzoni.



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Il poeta armeno Hrand Nazariantz (1886-1962).

Foto ai giardini di Piazza Garibaldi a Bari

 

 

Varand è poeta, drammaturgo, traduttore e paroliere. Trasferisce in armeno sia i classici persiani e sia la poesia moderna. Dal 1972 ha pubblicato 27 raccolte di versi riprese in varie lingue.

Per oltre dieci anni è stato Presidente della Società degli Scrittori Armeni dell’Iran, fondata nel 1961, mentre attualmente ne presiede il comitato organizzativo. È responsabile del settore culturale del quotidiano armeno “Alik” ed è socio onorario dell’Unione Scrittori dell’Armenia di Yerevan. Insegna letteratura armena all’Università di Teheran.

 

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Ecco sei suoi componimenti tradotti nel nostro idioma:

 

 

I POETI

 

… E per cominciare,

              erano invincibili.

 

Anche tralucenti, come la foschia all’alba,

o un sogno azzurro ‒ che ancora dura.

 

In comunione con la sofferenza cosmica,

tuttavia,

vestiti di estasi,

si fermano

sull’ultimo (anche primo),

        vecchio e non nato

                      pianeta solitario…

 

Nascono a ogni alba,

sempre battezzati

             dalla santa pioggia

e inondati dall’azzurro dei cieli

svuotano il calice della vita con fede

                              nella rinascente beatitudine.

 

 

LA CANZONE DELL’ALBERO

 

Che cos’è che amo

       di un albero?

Quasi certamente è la vista

        del suo volo

        tra terra e cielo.

 

Ci si può avvicinare

        a ogni albero,

Con una ragazza diversa ogni volta,

        incidere il proprio nome

        su ogni tronco

Ed esso può mantenerlo, espanderlo

       nei secoli

       a venire…

 

       Io sono l’albero,

I miei rami odoravano

       il metallo dell’oro

       nel sole…

 

 

MA NON ORA…

 

Non ho cercato la tua attenzione,

ti ho presa per quella persona, quella

che aveva disperso le nebbie dello spazio

e mi aveva raggiunto nel mio qui e ora…

 

No, tu non mi hai scambiato per un altro --

ero proprio io, un altro alieno

che doveva subito svanire, diventando

straniero prima dell’incontro…

 

Ma io sono certo che non fossi tu…

tuttavia potevi esserlo ‒ se ci fossimo incontrati

faccia a faccia, in qualche posto sconosciuto

ma non qui, non ora…

 

 

UN GIORNO DI PIOGGIA

 

Passeggiamo

per strada a gennaio –

 

Un bimbo,

con l’ombrello arancio aperto,

marcia a piccoli passi,

come il più puro dei

miei sogni…

 

è il tramonto

e pioviggina.

 

 

DOMANDA

 

Una notte hai detto,

la nostra strada non è liscia,

è sassosa, non lastricata.

Un altro giorno hai detto,

che eri così gratificato

da questo dono fortuito

ricevuto da Dio

 

Mi chiedo ‒

la spina è una difesa,

solo un semplice guardiano

per la rosa delicata?

O è stando sulla

strada spinosa, che

il cuore si trasforma in rosa?

 

 

IL FIORAIO

 

Dissi, “Guarda

quel povero vecchio

fioraio

          con la schiena curva

          completamente piegato in avanti

          con il bouquet

          in mano…

 

“Si”, rispose, “ma vedi ‒

         come risultato

         il suo naso è vicino

         al profumo dei fiori…

Non c’è guadagno

         senza pena!”

                   

 

Traduzione in italiano di Anna Santoliquido

 

 

 

 

 

 

 

 




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