di Anna Santoliquido
L’Armenia
è il Paese dei gelsi, dei melograni e delle montagne. Le albe e i tramonti ti
scavano l’anima. I ricordi si intrufolano nel sonno. E i sogni prendono forma.
Talvolta danzano con le ombre. Altre volte grondano sangue. Nell’aprile del
2013, nella luce abbagliante di Yerevan, ho scoperto
tesori e khachkar
(croci di pietra). Parole e segni che mi girano attorno.
Tra
i souvenir di un colorito mercato ho
stretto la mano a un poeta. Disse che era anche pittore. Mi rammaricai che il
Festival di Poesia fosse al termine e mancasse il tempo per un disegno, uno
schizzo. Varand (Soukias Hacob Koorkchian, Teheran,
1954),
della diaspora armena dell’Iran, dall’aspetto mi ricordava Hrand
Nazariantz, il grande scrittore, poeta e giornalista
nato nel 1886 a Üsküdar, distretto asiatico di
Costantinopoli, e vissuto a lungo in Terra di Bari, dove è scomparso nel 1962.
Trascorsi
alcuni mesi, Varand ha affidato un messaggio per me
all’architetto Vahe Vartanian
che mi ha scritto da Teheran. La sorpresa si è arricchita di mail e foto. La
passione per la poesia e il desiderio di costruire ponti tra le nostre nazioni
hanno avuto un ruolo importante.

Yerevan, 20 aprile 2013. Anna Santoliquido
e Varand
(Foto di Antoski)
Varand ha
dedicato versi colmi di ammirazione all’esule Nazariantz,
amico di famosi letterati italiani, tra cui Marinetti, Verga e Pirandello. Per
la realizzazione del progetto “Il giardino dei melograni” a Casamassima (Bari),
dove ha abitato lo sfortunato Nazariantz, Varand e Vahe hanno chiesto il
mio contributo linguistico che ho prestato con gioia. Niente ripagherà le
sofferenze dell’intellettuale armeno che malgrado l’indigenza non ha smarrito
la dignità e l’amore sconfinato per la sua Patria.
Teheran
e Bari non sono più distanti. Le mail viaggiano frenetiche. Poi la
comunicazione si è dilatata, includendo Roma e Los Angeles. Vahe,
tornato in Italia, scrive dalla capitale; Varand invia
notizie da Teheran e sua sorella Karine dall’America.
Un
giorno inaspettatamente ho ricevuto la raccolta Poème surprise di Varand,
poesie scelte, tradotte in inglese da Tatul Sonentz. Una scrittura essenziale, capace di stupire. Ho
pensato di farla conoscere ai soci del Movimento Internazionale “Donne e
Poesia” e della Sezione “Puglia-Basilicata” del Sindacato Nazionale Scrittori che
sanno apprezzare i versi di ogni latitudine.
La
sera del 16 novembre 2013, nella sede del Movimento, ho presentato la silloge
di Varand, soffermandomi sulle tematiche e gli esiti
stilistici delle liriche. Parecchie composizioni sono state lette in inglese dalla
Prof.ssa Janet Mary Wing, già docente presso la
Facoltà di Lingue e Letterature Straniere di Bari, e in versione italiana dalla
sottoscritta. I presenti sono stati subito conquistati dalle sonorità e dalle
trovate. L’Autore ha una fervida immaginazione che sortisce pensieri delicati e
trasparenti. Le capacità pittoriche giovano alla pagina che genera ritmi
suadenti. Difatti, dai testi sono state tratte molte canzoni.

Il poeta
armeno Hrand Nazariantz
(1886-1962).
Foto ai
giardini di Piazza Garibaldi a Bari
Varand
è poeta, drammaturgo, traduttore e paroliere. Trasferisce in armeno sia i
classici persiani e sia la poesia moderna. Dal 1972 ha pubblicato 27 raccolte
di versi riprese in varie lingue.
Per
oltre dieci anni è stato Presidente della Società degli Scrittori Armeni
dell’Iran, fondata nel 1961, mentre attualmente ne presiede il comitato
organizzativo. È responsabile del settore culturale del quotidiano armeno
“Alik” ed è socio onorario dell’Unione Scrittori dell’Armenia di Yerevan. Insegna letteratura armena all’Università di
Teheran.
******
Ecco
sei suoi componimenti tradotti nel nostro idioma:
I POETI
…
E per cominciare,
erano
invincibili.
Anche
tralucenti, come la foschia all’alba,
o un sogno azzurro
‒ che ancora dura.
In
comunione con la sofferenza cosmica,
tuttavia,
vestiti
di estasi,
si fermano
sull’ultimo
(anche primo),
vecchio e non
nato
pianeta
solitario…
Nascono
a ogni alba,
sempre
battezzati
dalla
santa pioggia
e inondati
dall’azzurro dei cieli
svuotano
il calice della vita con fede
nella rinascente beatitudine.
LA CANZONE DELL’ALBERO
Che
cos’è che amo
di un albero?
Quasi
certamente è la vista
del suo volo
tra terra e
cielo.
Ci
si può avvicinare
a ogni albero,
Con
una ragazza diversa ogni volta,
incidere il
proprio nome
su ogni tronco
Ed
esso può mantenerlo, espanderlo
nei secoli
a venire…
Io sono l’albero,
I
miei rami odoravano
il metallo
dell’oro
nel sole…
MA NON ORA…
Non
ho cercato la tua attenzione,
ti ho presa per
quella persona, quella
che aveva disperso le
nebbie dello spazio
e mi aveva
raggiunto nel mio qui e ora…
No,
tu non mi hai scambiato per un altro --
ero proprio io, un
altro alieno
che doveva subito
svanire, diventando
straniero
prima dell’incontro…
Ma
io sono certo che non fossi tu…
tuttavia
potevi esserlo ‒ se ci fossimo incontrati
faccia
a faccia, in qualche posto sconosciuto
ma non qui, non ora…
UN GIORNO DI PIOGGIA
Passeggiamo
per strada a gennaio
–
Un
bimbo,
con l’ombrello
arancio aperto,
marcia
a piccoli passi,
come il più puro dei
miei sogni…
è il tramonto
e pioviggina.
DOMANDA
Una
notte hai detto,
la nostra strada non
è liscia,
è sassosa, non
lastricata.
Un
altro giorno hai detto,
che eri così
gratificato
da questo dono
fortuito
ricevuto
da Dio
Mi
chiedo ‒
la spina è una
difesa,
solo un semplice
guardiano
per la rosa delicata?
O
è stando sulla
strada
spinosa, che
il cuore si
trasforma in rosa?
IL FIORAIO
Dissi,
“Guarda
quel povero vecchio
fioraio
con la
schiena curva
completamente
piegato in avanti
con il
bouquet
in mano…
“Si”,
rispose, “ma vedi ‒
come risultato
il suo naso è
vicino
al profumo
dei fiori…
Non
c’è guadagno
senza pena!”
Traduzione in
italiano di Anna Santoliquido