L’AQUILA,
SORVOLANDOSI
immota manet…
1 –
Perfino i duri merli di pietra lassù in alto,
di colpo si spostarono – la nostra nobile Storia
inclinata nella sua immensa, tagliente diagonale
fatta di secoli e montagne, castelli, anime e rupi:
sbilanciata, la geometria celeste che tiene in piedi
il peso astrale, e ci lievita affranta oltre lo sguardo…
Tutti in fuga da tutto! Le Famiglie dai letti, dagli
specchi o dai quadri degli umani cimeli, il Tempo
dalle sue ore, l’Amore dalle carezze, dal suo tepore.
2 –
Anche le pesantissime mura castellane, immobili
a ogni vento o spavento, s’accartocciarono, ruotando,
sussultando a notte come ebbre di un dolore subìto,
del terremoto che, per malasorte, umilia e uncina
ogni anima… Un’Aquila svegliata, unghiuta e ferma
sul suo stesso crepaccio, le grandi ali ferite che
soffrivano, impazzivano notte e sangue sin sopra
le nuvole, o a gocce rosse, nelle valli di sempre
pur ridenti a strapiombo, dove già i fiori sbocciavano
sull’orrido, liberando colori qual dono disciolto della neve…
Ore 3,32 del 6 aprile, nel ripetuto sempre d’ogni aprile!
3 –
Ora macerie ovunque, circondate e ammassate,
vorticose e innumeri – come i ricordi troppo tristi,
le schegge immense della Storia quando rovina,
esplode in dramma, brandelli nudi, intonaci di muro
che il dolore ha raccolto come veste infranta
ai suoi piedi giganti, sopra il suo corpo antico,
calcinato di roccia frantumata in grido, sussultata;
precìpite e sconnessa come esplode disumana
un’ira assoluta, planetaria – che, al solito, schiaccia
i più poveri, condanna l’innocenza… Un’Aquila
che scuote le sue ali perché le sente ferite: radici
umiliate di cielo che rinnegano il cielo, pioggia d’oscuro.
4 –
Seminare quei muri, seminare la morte in ogni nome,
radice che ricresce se più scava il suo amore…
Perdonanza e primavera, Pasqua che già s’annuncia
ma non dimentica la settimana e il tormento d’aceto
della sua Passione, la notte in cui anche Dio piangeva
sangue incredulo, stillava preci e dolore mentre
i suoi apostoli dormivano... E siamo tutti apostoli,
se dentro ci crediamo, addormentati in sogni di mistero.
Tutti in cerca di tutto!… Jolanda che sfamava i suoi cani,
all’adorata grondaia dei glicini… Francesco che parlando
li poetava, nel giardino verdissimo che implorava sguardi…
5 –
Li vedo ancora, i novantanove tuoi offesi castelli,
danneggiati e fulgidi, feriti a morte o ancora tutti
in piedi, gloriosi come titanici cavalieri in armi!
L’Aquila per cui si battono, esce dal suo stesso stemma,
svola di vento dal rito di bandiera e torna imperiosa
in alto, nell’alto che le spetta! Un’aquila non può fermarsi,
le grandi ali sgocciolavan sangue fin sopra alle nuvole
o nelle valli dove già i fiori rimavano i colori… Il 6 aprile
di quello – e d’ogni eterno Aprile! Terra ferita in cuore,
roccia infranta dal buio come se spada o rostro terribile
duellasse con la luce, in ali troppo grandi per richiudersi
indenni. Dio che lotta con Dio – lo mette a dura prova:
come già un Papa rifiutò il Papato e tornò alla preghiera.
6 –
Possa la Terra, ora, perdonare la Terra, e
quell’Aquila
grande, magnifica di cielo, perdonare il Cielo, ogni nome
di nuvola, per ogni volto della vita tornata tronco vuoto,
maceria desolata, caro ramo spezzato… L’Aquila che incarnò
Giove ma anche, con
Giovanni, suggellò il Vangelo, sorvolò
altra storia, il medioevo, il barocco… E oggi quel cimitero
all’aperto di macerie, che poi nel cuore è giardino di spine,
fontana immensa, sorgente fresca, araldica di luce – 99
cannelle
cui a notte si dissetano gli angeli! E forse chiamano,
cantano
Dio 309 volte, salmo coi nomi propri, dolenti dei suoi
martiri:
Anime richiamate in cielo su immense ali – ferite d’azzurro.
7 –
Perdonanza di Primavera. Basilica che concede abbraccio.
E un’Aquila, in alto, trasvola simboli, Elia asceso e
profetico, Cristo risorto: l’Aquila più prossima al cielo!
Mi accosto sempre e ancora a quel portone, come
ad un rito antico che fa nuovi… Il miracolo è in noi –
questo vuol dirci – il seme è in te – 309 volte la radice
dei fiori, il nome ligneo del perdono… Ci perdoni la Storia,
il lutto, le angherie del Potere, l’ipocrisia di chi chiama
fratello l’altro e lo abbandona. Perdonanza è l’attesa,
il credo e il nome di quel Credo. È la luce là in alto,
travestita da nuvola o appollaiata di neve sulla roccia.
8 –
Neve che già si scioglie perché grandiosamente riapra
le sue ali antiche e semprenuove di Città Ferita,
tarpata,
sepolta di macerie – ma almeno le resuscita, una ad una
le estrae come pulsanti, tramortite lettere dall’alfabeto:
parole d’anima del dizionario non scritto, parabola con cui
la luce – L’Aquila – sorvolandosi, oggi però ci mostra
i semi, i nomi dei tanti nidi e destini cespugliosi di fiori,
miracolo che può avvenire, a notte, solo quale alba d’Amore.
Tutti in cerca di tutto, per abbracciarlo ancora! Spero che
quei ragazzi che conobbi abbiano ormai lasciato, oltre alla
polvere, le tende amiche di tela azzurra, la “ludoteca” da
campo
dove, a Paganica, con le matite coloravano i giorni,
giocavano
a salvarsi: dai grandi e dai fantasmi, dal futuro anteriore…
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Note
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Espliciti i riferimenti ai 99 castelli de L’Aquila, nonché alla
celeberrima fontana delle 99 cannelle… La Perdonanza si svolge in realtà
il 28 e 29 di agosto (nella splendida basilica romanica di S. Maria di
Collemaggio) – ma qui è stata come “anticipata” idealmente dall’empito e dalla
gioia di rinascita della S. Pasqua.
I morti del terremoto del 6 aprile
2009 furono 308, 309 in realtà considerando un bimbo nella pancia della mamma,
giunta al nono mese di gravidanza…
“Un Papa rifiutò il Papato e tornò
alla preghiera…”: ovviamente, Celestino V (Pietro da Morrone, papa per pochi
mesi, nel 1294, prima del “gran rifiuto”)…
“L’Aquila… svola di vento dal rito di
bandiera”: lo stemma della città de L’Aquila, come ben si sa, rappresenta la
grande effige di un’aquila reale, col motto “immota manet”.
Francesco Rivera (poeta di vaglio) e
sua moglie Jolanda, amici cari, avevano dovuto abbandonare la loro vecchia
casa-castello rinascimentale di piazza San Sisto: ma ogni giorno tornavano a
sfamare i cani e contemplare il giardino.
“La ludoteca da campo di Paganica”,
luogo struggente dove almeno i bambini e i ragazzi si rinfrancavano – ed ebbi
modo di andare anche a leggere delle poesie.
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A Scanno mi è stato consegnato il premio speciale per la Poesia, per il
mio poemetto L’Aquila, sorvolandosi,
uscito sul “Messaggero” il 6 aprile 2011 e dedicato al secondo anniversario del
tragico terremoto.