CHECKPOINT POETRY
FERDINANDO TRICARICO
 


Fare default

 

 

amiamo

il default

ora che

la gang bang

del pluto

è finita in rissa

ed il big slang

indignato

sballa come

una lingua nuova

che il bene comune

esulta di rosso

piacere

tra grigi silenzi

del potere

 

balliamo default

ora che

lo stupore

dell’orgasmo

stupisce

l’orgia conforme

della stupidità

tecnologica civiltà

che un sospiro

di luna carne

tra grevi ruttini

del satrapere

gode l’incantamento

della conoscenza

 

pagate default

ora che

il debito è solo vostro

e la povertà nostra

ricchezza

che l’angoscia

d’avere

v’infobìa dentro

le foibe

del feticcio

che la leggerezza

dell’essere

è sostenibile

come un’idea altra

di pianeta

 

scassiamo per default

sta bancarotta

dell’essere

ora che

il profitto è fritto

nell’odio di ricino

della maschera

in affitto

che la personalità

riflessa

della merce

si svende

alla borsa di narciso

 

pensiamo in default

declassati a unica

classe di precari

disobbedienti

a sto deliberare

con lo gnocco

in bocca e

la volontà di patonza

nella gnocca

ora che

l’esprit de femme

è in piazza

e il patè è finito

nella festa

cannibalica

della patata armata

 

urliamo default

contro quest’harem

di fallimenti

tanto non

succede niente

che non sia

già accaduto

chi si ferma

non è perduto

è solo sottratto

al mangime

del capitale scaduto

allo spreco obeso

del tempo offeso

 

facciamo insolvenza

per abbassare

sto sipario amaro

in dissolvenza

sta farsa del diritto

alla felicità

ora che

sta porcata di crisi

implora ancora

una crescita

inesorabile

dello sfruttamento

appeso

alle torri gemelle

ancora lì latenti

underground zero

made in china

sorelle siamesi

capovolte

l’occidente d’oriente

 

default default default

è rabbia

di liberazione

dal mantra

tautologico

del teorema

illogico

che ancora allarma

di consumare

consumi consumati

per consumarci

ora che un cimitero

di morti di fame

ha i morsi

dei figli morti

da sfamare

che gli schiavi

della fama

hanno i rimorsi

dell’anima affannata

dei figli innati

da satollare

 

bummete

make default

ora che i draghi

sono ribelli

ed i caimani

imbelli

e ricominciare

dal fragile

potere dell’umano

dai sei miliardi

di esclusi

dal novantanovepercento

di delusi

dai giochi belli

degli imperfetti

elusi

dal nostro alter ego

collettivo

l’indignato fiore

del Vesuvio

la ginestra

che non muore

 

 

***

 

 

La casa di Lampedusa

 

 

 

come s’accrocchiano ste carni

di colori cafardi ste babeli di caini

sti casini d’abele belati di fiele

come s’acconciano sti sconci

cenci dell’inconscio senza troppe ciance

sti sogni in bianco e negrogiallo

sta scacchiera d’arlecchinidi acidi

come s’incrociano ste razze di bastardi

dal pedigree che puzza sti olezzi di creoli

ste fichesecche del deserto secche

st’ibridi da brividi sti meticci posticci

ste sgnacchere rumene fottimariti

di mogli che non fottono più

sto safari di sari nella subburbia

del subsahara subumano

come s’agglutina il verso celiaco

co sta stirpe che magna magna

tra malattia e dimenticanza

sta lengua scavalleresca col mal de panza

de sta poesia mescafrancesca

sti cocchi freschi pelosi e anceschi

come si placcano sti rom iperattivi

apolidi presunti nomadi unti sinti finti

rifugiati in vacanza neristinti di stenti

sul filo atroce dell’asilo camminanti

sti cacazzo che non stanno mai quieti

sti corpi gonfi che s’annegano e

tornano a galla come merde acquose

come si fa il bagnetto nel sangue

d’aidiesse de sti fetienti

nel mare di bare di barbari bari

un melting pol pot genocidio di versi?

con una rima pura d’occidente che fa così:

Lampedusa dolce promessa di musa

comprerò una casa chiusa (per lutto)

 

 

 

 

 




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