LUOGO COMUNE
TESTO COLLETTIVO (2)
we are winning wing



      

di  “Noi Rebeldìa 2010.1.1

 

 

la lotta è assoluta, l’unità è soluta

anoressica in tempi di debolezza

o bellezza della contraddizione

sei femmina  per la comunità

un’ironia al monte della pietà

se l’insonnia fermi dove è negazione

e della negazione il rovescio è assente

 

è eccellente l’om che sé presume

d’aver ali al volo e alla mignatta

ma matta sei tu anche amore mio

che di fellatio ed altro che non dico

riempi le mie notti e la mia mente

che nullo altro sente e ad altro tende

al punto dove tutto coincide

la possa la fantàsia ed anche il velle

che come sempre è question di pelle

ma Luther mo’ saluta e corre a nanna

auguri agli amici ed ai nemici, quando felici?

 

eppure il diritto è onnipresente

ferreo come maschia affermazione

tirato a lucido per l’occasione

che fa l’uomo ladro o santo

senza minime differenze

 

Lord of Misrule, il “Signore del Caos”

chiusa la festa del carnevale al dì

all’ordine torna dell’infesta gogna

e se Beckett – non pezzente – “prova ancora,

fallisci ancora, fallisci meglio” les Robes-

de pierre, non c’è rivoluzione senza

punire gli oppressori è rivoluzione

e se innocenti o due volte colpevoli

la linea di condotta è giustizia pronta

e il reale ha più forme che l’arte

ardente e fumante di pasta al dente

 

OC  OC   OC  OC   OC 

OC come sa di sal OC come sa di sal 

Lo pane altrù…i  !!  # OC # Con la fame sopra il

cuore # OC # la ragione s’inasprisce # OC # c’è poi il sonno

che non viene # OC # che trasforma l’acqua in fiele # OC #

stracci e panni lacci e pani # OC # stretti sotto le sottane #

OC # vuoi vedere che l’inconscio # OC # è un colletto

collettivo # OC # che ti spinge dentro un fosso # OC # per

spolparti in un abbrivo # OC # a te manca il senno e il seno #

OC # e sai solo blaterare # OC # ma i saperi sui sapori # OC

# non ci possono sfamare # OC # 

 

ma noi, se non si sa, nel silenzio

la coerenza bisogna continuare

are arare e snuare i conti  finanziari

marciare il marcire della deterrenza

la rugiada del sudore, la guida dell’onore

e se il movimento non è tutto è pena

capitale, sine orrore la morte degli oppressori

virtù e terrore è per loro come per noi

la spada ficcata nella roccia di re Artù

 

E simil a vuote navi di mercanti

(non canti spirituali, non canti carnali)

la falsa parola in terra germoglia

come cera di fronte al fuoco della tv

nostra dimora che tutto comprende

 

Lo sai tu, noi lo sappiamo

il moto lieve che divella impercettibile,

o il vomere implacabile di rabbia

che taglia teste, riporta in superficie

la compagnia malvagia e scempia

o la sommerge, per poco, come onda

anomala con città e metropoli. Non

ci sarà sismografo o veggente

a prevenire, ma topi in fuga, volti cerei

 

il canto del cigno schiuso dallo scrigno

è sempre un batter di ciglia, una farfalla

che sogna, un vento di ponente che depone

o non c’è rivoluzione senza rivoluzione

e la grettezza vince la gentilezza, la lama

il taglio del bagliore e il saldo delle ore

 

Per quanto si dispieghi l’arco

non resta che volo di farfalla

(seppure immune da vispeterese)

vuoi sognante mariposa borgesiana

vuoi lampo giro di valzer salto di pantano

mini-moto di rivoluzione (pur sempre

risoluzione) meglio evoluzione

dribblando il taglio di teste per feste

di quartiere con mortaretti putipù

e Napule Napule Napule Na’

 

Movimento, sono le voci che ci parlano dentro,

e i volti, che con una luce violenta come un lampo

rompono il vuoto e spaccano il velo falso, e il muro finto.

 

Follie sei tu, dentro il chiasso assordante del silenzio

Dentro il mio cuore, le tue lettere sibilanti,

cadono a volte come tizzoni ardenti

e a volte rosse sanguinanti come un melograno ferito.

 

Chi sei tu? Con l’occhio interno ti vedo muovere ma non ti conosco,

sei nero, sei rosso, sei giallo o sei bianco?

sei donna, sei uomo, sei adulto o sei un bambino?

 

È, forse, “la vittoria vera

su tempo e gravità: passare

senza lasciare tracce, senza

proiettare ombra

 

sui muri...

                Forse – con la rinuncia

prendere? Cancellarsi da ogni specchio?”[i]

 

No, non siamo per la rinuncia ma per la scelta

della traccia da lasciare, passo dopo passo,

perché è tempo di sapere da che parte stare:

passando lasciare non solo tracce ma solchi

aprire varchi nei muri, buttarli giù tutti;

ribaltare lo specchio delle mie brame,

trasformarlo nello specchio da oltrepassare

 

 o Marina Cvetaeva, del tuo mare è l’orgia

il solido del Capitale che evapora leggerezza

il dono della funeranza che avanza e m’imbrina

come una forca che lava il lavorosporco

quello di Sherasade al fin della freschezza

 

Il disperato bisogno di vincere

ogni silenzio, ombra stanziale,

poco m’appartiene – io esisto –

Oltre la morsa dell’organizzazione,

d’ogni negazione, libero sguardi

e coltivo cognizioni d’amore

S’avvicina il giorno dei cambiamenti,

l’utopia affila coltelli alternativi

e la storia attende nuovi titoli

 

Uscire dalle porte e dalle finestre

e richiuderle forte su se stesse

perché nessuno guardi

ciò che qui si è lasciato?

Che poi cosa vuoi che sia?

I piatti, l’insalata, le solite cose

Del proprio trascinare la vita quotidiana.

Piuttosto dire: noi, noi siamo quelli

Che abbiamo il sapore del dolore e dell’inganno

Noi siamo la razza dei leoni e degli agnelli,

che non sanno ancora vivere insieme. 

 

la cosa è semplice: dei poeti veri

nulla è da spiegare, per le metafisiche

ti basta confessarti complice,

 

(Sciaverio crocifisso tra le trine,

la sora bene bene fine fine

gli porta via la casa e la pensione)

 

e dietro il muro la rivoluzione,

 

non temo – bada – sentirmelo dire:

aspetto amore ancora prima di morire,

ma so pure bene vivere da solo: lo vedi:

 

lascio andare i miei passi nel silenzio

sospeso è ogni sentire

la luce mi attraversa

ho sigillato ogni specchio

tutti

meno i tuoi occhi

 

il patibolo funziona come un postribolo

sulle cime tempestose  dell’orgasmo

grammo più grammo meno è uno stronzo

che muore  (e si può dire) in grazia dei

e  negazione di negazione che più non finge

o proletaria esecuzione di giustizia terrosa

al muro del pianto il carnevale dell’ordine

il navale, il campale, l’aereo della guerra

planetaria intriga il poeta dell’alterità

 

non accetto l’assoluto

di debolezza e dubbi vivo

finisce la gloria la festa è rivoluzione

utopia o solo sogno che sognavo allora

quando leggera era l’età e il corpo

cantava ancora perch’era suo destino

ballando non soltanto primavere

su musiche e dita mozartiane

una trappola un destino ancora inquieto

che si trasforma in tomba

 

l’esperienza insegna – non è mai troppo igienico falsificare la storia /

istituire confronti taroccati. Finalmente conclusa – almeno pare –

la saltellante Parata dell’Inutile tra sorrisi promesse impegni solenni e forse

più di un’arrière pensée a favore dell’Aquila e degli altri uccelli

 

dispersi / l’Ytaglia spensierata / montana e marina / aprutina e viareggina /

torna al suo naturale stato di emergenza perenne / con tanti saluti

tanta voglia di vacanza dimenticanza teatro-danza santa arroganza

diseguaglianza finanza nebulosa adunanza mafiosa panza piena / di Spagna

 

o Franza / di tolleranza noncuranza sudditanza latitanza impunita

di ignoranza tracotanza stolta iattanza mattanza pressoché quotidiana

e con Montaigne / inseguimento e caccia / noi “es gibt zeit” vel “es gibt sein” todavÍa

 

we are winning vogliamo wing ballare

e con i lupi locuste inumane azzannare

l’intruso, e questa non è l’ultima guerra

emerge dalla contingenza con mille mani

ed è subito tsunami senza sera e nani

come un cane che si rispetta e aspetta

o la Cina non è vicina senza Usa e getta

e more disallontana il disamore dall’amore

il re che nelle ore fa amo con potere e sedere

 

la rivoluzione è l’arte dell’impossibile

ma a noi manca il dirigibile

quello che ci permetterà di volare

e di andare dove dobbiamo andare

come Totò e Peppino

che si perdono nel quartiere più popolare

di Berlino alla ricerca di una soluzione

per poter vivere e non fingere di

essere la maschera di carattere

del piacere 

 

diletto è disfarsi  con le dita di Bach

delle ceneri “senza turbare l’eco”

e il tempo come l’oceano, lavico

insinuare “senza allarmare le onde...”

dove più il coltello apre la ferita

perché, vedi, poeta compagna marina

il monologo claunesco della rapina

è fatto di 3 miliardi di teschi a conto

e la febbre dell’economia ubriaca

di profitto non molla l’afflitto ancora

 

la poesia e l’utopia sono in trappola

e tagliola per noi, Il Sud e il pianeta

suicidati di Stato, stallone in stallo

il cibo la salute il lavoro il giorno la notte

il cielo le stelle i viaggi spaziali e marini

il cazzo che si ammoscia sui ciglioni

dopo tanto desiderio fra le tue cosce

e angosce di donna, bagnati marciscono!

 

Ma proprio

da questa marcescenza

malata da millenni di angosce versate

a inondarmi le cosce, da quest’ombelico

dove languiscono recintate le nostre utopie

voglio vacillare in preda alla rabbia

di chi corre lontano per non fuggire

ma per fermarmi più in là

e nel teatro della storia riconoscere la mia casa

in questo andarsene colpevoli di disubbidienza

colpevoli di credere ancora

 

La poesia e l'utopia intrappolate

a rischio d'estinzione – dicevi –

amico mio guardando in tv

nani e ballerine alla corte del sultano.

Può darsi, può darsi, ma noi – come Neruda –

siamo le donne e gli uomini del pane e del pesce

e non deporremo le uniche nostre armi:

i versi e gli sberleffi.

 

la poesia e l'utopia sono in trappola

che spappola longa la spola di stola

la speranza che stimola l'ora

s’immola in fresca gola (: è sempre moneta di mora)

e tagliola per noi, il Sud e il pianeta

 

non senti questa strana odience innanzi

questa odorance rating  di sweat shop?

si pagano il funerale con il nostro suicidio

Fmi (fondazione dell’impiccagione mondiale)

e Bm ( Banda per monnezza e bordello ),

ma c’è una Waterloo per il Wto e per strada

è il teatro della biodiversità, action direct net-

work, un urlo alla luna e un gioco d’azzardo

 

Urla Munchiane che scoperchiano
edifici heideggeriani
auspici speciosi,

pareti infrante dal niente comunicativo

e tu a frignare, bestemmiare, odiare e campare

scordandoti d’Essere..

In luogo di genuflessioni stolte

ammaliati dall’assenza di conflitti
del Pensiero Debole,

ci siamo trovati a pisciare contro vento
senza nemmeno il coraggio di tenere aperti gli occhi  

 

 

 

 



[i]  Marina Cvetaeva, Insinuarsi (da Dopo la Russia e altri versi, 1928)




Scarica in formato pdf  


      
Sommario Luogo Comune

Il contatore dei visitatori Shiny Stat è attivo da dicembre 2006