LUOGO COMUNE
PER UN SOGGETTO POETICO COLLETTIVO
“Noi Rebeldìa 2010”: programma teorico e regole di partecipazione





      

“Noi Rebeldìa 2010” è il nome di un soggetto collettivo poetico che si vuole sperimentare nella costruzione di un testo collettivo poetico comune. Un’operazione costruttiva dove il soggetto e la soggettività singolare del singolo poeta, chiamato a partecipare, si presentano come “io noi”, ovvero una voce che parla con la voce del gruppo. Una intelligenza e una volontà collettiva, allegoricamente attraversate e motivate da un “disinteresse-interessato” per il “bene comune”, e orientate a una produzione poetica in cui le scelte estetico-simboliche e/o linguistico-semiotiche siano “sema” etico-politico e antagonismo sociale, e la potenza d’uso della poesia, della lirica, non sia più deprivata dell’impegno. Naturalmente gli “intimisti” possono rimanere nel loro lager.

 

È tempo di “arretramenti rivoluzionari” per ripescare e riprovare (“provare ancora e meglio”) il fare insieme della cooper-azione antagonista e alternativa. È tempo che il “risveglio” diradi il “sonno” e anche la “lucidità” di una ragione strumentale stragista e criminale. C’è bi-sogno cioè di una parola e di una volontà collettiva poetica che costruisca il “comune” in/di un testo poetico collettivo sine nomine lì dove il pensiero, l’azione, il linguaggio e la scrittura di ciascuno abbia ragione di essere solo nell’identità dinamica e ibrida di un comune ‘general intellect’ poetico senza il quale non c’è stilo individual-individualistico che possa sopravvivere. Un ‘general intellect’ poetico cioè che non è proprietà di nessuno in particolare, ma di tutti, disponibile per tutti, e senza copyright, perché generato nel tempo dall’intelligenza sociale dentro cui solamente si differenzia quella delle singolarità di ciascuno.

 

Un’azione poietica realizzabile – questa della costruzione in rete di un testo poetico collettivo e sine nomine, proposta dal soggetto collettivo “Noi Rebeldìa 2010” – a  partire dalla possibilità pratica che, nel degrado suicida e penale dell’individualismo neoliberista, le pratiche comunicative e dei linguaggi artistici possano e debbano agire come ‘avanguardia del noi’ e libera ‘open source’ cooperativa oltre la logica della riduzione al “medesimo”.

 

Qui, in particolare, il discorso filosofico-concettuale esamina le derive oppositive dell’avanguardia ‘engagée’ e la progettualità di una scrittura poetica come messa-in-comune, vera e propria ‘open source’ anti-individuale, capace di sviluppare una alterità-estraneità rispetto all’ordine omologante del capitalismo digitale proprietario e di rete della modernità ‘liquida’.

 

La ricognizione critico-semiotica sulle forme attuali del dominio ideologico e sull’immanenza e la molteplicità di un ‘general intellect’ sposta, infatti, il discorso su un’ideale ‘avanguardia del noi’. Ovvero su un collettivo politico-poetico inteso come ‘open source’ capace di una produzione testuale che si implementa per frammenti e per elementi tecnici propri sottoposti a ibridazione; che riusa i materiali storici in un’intertestualità che non rinuncia all’infratestualità; che si concreta come sintesi di ‘molte determinazioni’, come espressione di un ‘comune’ creativo che innesta una dialettica allegorizzante rispetto agli oggidiani rapporti di produzione e di riproduzione sociale.

 

 

***

 

 

Modalità/regole proposte da Noi Rebeldìa 2010” per il testo collettivo  

 

 

Il soggetto collettivo poetico “Noi Rebeldìa 2010” propone l’iniziativa della costruzione di un testo poetico “comune” a partire da un incipit dato, e sine nomine. In sede di sistemazione della produzione poetica finale, il soggetto proponente utilizzerà la tecnica del “montaggio”. In fase di montaggio, naturalmente, Noi Rebeldìa 2010” si servirà di tutte quelle operazioni di ricombinazione e/o modifiche ritenute opportune e necessarie in vista dell’esito ultimo dell’esperimento.

L’incipit proposto, e sine nomine, è opera dello stesso Noi Rebeldìa 2010”, ed è “we are winning wing”. Noi Rebeldìa 2010”, soggetto collettivo proponente, si rivolgerà a due gruppi distinti. Tutti gli aderenti e partecipanti, secondo le modalità indicate, integreranno il testo proposto inframezzandolo con apporti personali.

Un gruppo sarà interpellato per chiamata diretta.

L’altro gruppo, visto l’incipit (“we are winning wing”) pubblicato in rete, preleverà il testo (copia e incolla), sceglierà il frammento cui agganciarsi, scriverà il proprio contributo (secondo la modalità/quantità sotto indicata), e spedirà l’intero testo così integrato direttamente (accompagnandolo con il proprio nome, cognome e data) alla seguente e-mail: mikenous.rebeldia@gmail.com.

I nomi di tutti i partecipanti saranno resi noti a conclusione dell’esperimento, e in maniera tale, in ogni modo, che sarà evitato il riconoscimento dell’identità dell’autore che ha dato il proprio contributo.

Per il gruppo interpellato direttamente l’operazione avrà termine entro il giugno 2010. Seguirà la fase della revisione e del montaggio e, in itinere, anche la pubblicazione di quanto maturato.

Per il gruppo che invece agirà spontaneamente, il quale preleverà il testo dalla rete per poi inviarlo integrato direttamente all’e-mail mikenous.rebeldia@gmail.com, l’operazione avrà termine entro il mese di dicembre 2010. Seguirà via via anche la fase della revisione, del montaggio e della pubblicazione di quanto maturato.

La rete www.retididedalus.it darà visibilità all’intero percorso. Pubblicherà la breve dichiarazione poetica, l’incipit che funziona da stimolo (“we are winning wing”) e le stesse modalità di partecipazione appresso specificate. 

“We are winning wing” è composto di 10 frammenti oscillanti fra 5 e 11 versi ciascuno.

Ogni autore aderente e partecipante, per intrecciare il discorso poetico in progress, è libero di servirsi della forma letterario-poetica che gli è propria.

Gli agganci al testo proposto, in forma verbale e non verbale, senza alterare i frammenti del testo origine, sono auspicabili  inserendoli tra l’uno e l’altro dei frammenti di “we are winning wing”), e/o “richiamando” qualche punto che focalizzi l’attenzione del compagno di strada.

L’inserimento deve ESSERE LIMITATO A UN SOLO FRAMMENTO PARTECIPATIVO, e la sua estensione deve essere contenuta entro una misura data.

Se l’aggancio poetico è praticato in forma verbale, ognuno, come misura, tenga presente il numero dei versi del testo proposto, che oscilla tra i 5 e gli 11 versi dei frammenti componenti. Deve essere inserito un solo frammento, e non superare 11 versi.

 

Gli autori del primo gruppo (chiamata diretta) restituiranno il testo d’origine (così modificato), entro un breve lasso di tempo, al mittente via e-mail e all’e-mail che ne cura l’invio.

 

Gli autori del secondo gruppo invieranno i loro contributi (come specificato) all’e-mail mikenous.rebeldia@gmail.com.

Il soggetto collettivo Noi Rebeldìa 2010”, sempre SINE NOMINE, via via darà notizia della sperimentazione, firmandosi Noi Rebeldìa 2010.1” relativamente ai risultati del gruppo della chiamata diretta; “Noi Rebeldìa 2010.2” per i risultati del gruppo spontaneo che accede direttamente da www.retididedalus.it.

 

Nessun partecipante, la cui identità rimarrà riservata fino alla pubblicazione dell’esito finale, ha titolo per dichiararne la proprietà individuale e personale. E chiunque, in seguito, ne faccia citazione (in toto o in stralcio) è tenuto moralmente e responsabilmente (cosa che deve essere tenuta presente da tutti e ciascuno anche per tutto lo svolgimento dell’operazione sperimentale poetica) a dichiararne la fonte e la genitorialità plurale, che è solo quella del soggetto collettivo del “noi” poetico denominatosi Noi Rebeldìa 2010”.

 

 

  Qui di seguito c’è il testo in versi di base, a cui si debbono agganciare tutti coloro che vogliono liberamente dare corpo poetico al soggetto collettivo denominato  Noi Rebeldìa 2010.2, secondo le regole proposte sopra.

 

 

 

we are winning wing

 

la lotta è assoluta, l’unità è soluta

anoressica in tempi di debolezza

o bellezza della contraddizione

sei femmina  per la comunità

un’ironia al monte della pietà

se l’insonnia fermi dove è negazione

e della negazione il rovescio è assente

 

Lord of Misrule, il “Signore del Caos”

chiusa la festa del carnevale al dì

all’ordine torna dell’infesta gogna

e se Beckett – non pezzente – “prova ancora,

fallisci ancora, fallisci meglio” les Robes-

de pierre, non c’è rivoluzione senza

punire gli oppressori è rivoluzione

e se innocenti o due volte colpevoli

la linea di condotta è giustizia pronta

e il reale ha più forme che l’arte

ardente e fumante di pasta al dente

 

ma noi, se non si sa, nel silenzio

la coerenza bisogna continuare

are arare e snuare i conti  finanziari

marciare il marcire della deterrenza

la rugiada del sudore, la guida dell’onore

e se il movimento non è tutto è pena

capitale, sine orrore la morte degli oppressori

virtù e terrore è per loro come per noi

la spada ficcata nella roccia di re Artù

 

il canto del cigno schiuso dallo scrigno

è sempre un batter di ciglia, una farfalla

che sogna, un vento di ponente che depone

o non c’è rivoluzione senza rivoluzione

e la grettezza vince la gentilezza, la lama

il taglio del bagliore e il saldo delle ore

 

È, forse, “la vittoria vera

su tempo e gravità: passare

senza lasciare tracce, senza

proiettare ombra

 

sui muri...

                Forse – con la rinuncia

prendere? Cancellarsi da ogni specchio?”[1]

 

 o Marina Cvetaeva, del tuo mare è l’orgia

il solido del Capitale che evapora leggerezza

il dono della funeranza che avanza e m’imbrina

come una forca che lava il lavorosporco

quello di Sherasade al fin della freschezza

 

 

il patibolo funziona come un postribolo

sulle cime tempestose  dell’orgasmo

grammo più grammo meno è uno stronzo

che muore  (e si può dire) in grazia dei

e  negazione di negazione che più non finge

o proletaria esecuzione di giustizia terrosa

al muro del pianto il carnevale dell’ordine

il navale, il campale, l’aereo della guerra

planetaria intriga il poeta dell’alterità

 

we are winning vogliamo wing ballare

e con i lupi locuste inumane azzannare

l’intruso, e questa non è l’ultima guerra

emerge dalla contingenza con mille mani

ed è subito tsunami senza sera e nani

come un cane che si rispetta e aspetta

o la Cina non è vicina senza Usa e getta

e more disallontana il disamore dall’amore

il re che nelle ore fa amo con potere e sedere

 

diletto è disfarsi  con le dita di Bach

delle ceneri “senza turbare l’eco”

e il tempo come l’oceano, lavico

insinuare “senza allarmare le onde...”

dove più il coltello apre la ferita

perché, vedi, poeta compagna marina

il monologo claunesco della rapina

è fatto di 3 miliardi di teschi a conto

e la febbre dell’economia ubriaca

di profitto non molla l’afflitto ancora

 

la poesia e l’utopia sono in trappola

e tagliola per noi, Il Sud e il pianeta

suicidati di Stato,  stallone in stallo

il cibo la salute il lavoro il giorno la notte

il cielo le stelle i viaggi spaziali e marini

il cazzo che si ammoscia sui ciglioni

dopo tanto desiderio fra le tue cosce

e angosce di donna, bagnati marciscono!

 

non senti questa strana odience innanzi

questa odorance rating  di sweat shop?

si pagano il funerale con il nostro suicidio

Fmi (fondazione dell’impiccagione mondiale)

e Bm ( Banda per monnezza e bordello ),

ma c’è una Waterloo per il Wto e per strada

è il teatro della biodiversità, action direct net-

work, un urlo alla luna e un gioco d’azzardo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1]  Marina Cvetaeva, Insinuarsi (da Dopo la Russia e altri versi, 1928)




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