SPRECO DI VOCE è un’opera per
l’udito, che trova la sua ragion d’essere nell’intreccio significante di
suoni, rumori, voci, parole, e che si basa principalmente sulla tecnica di
montaggio, con cui l’immaginazione del creatore si interfaccia alla
strumentazione per elaborare i materiali sincronizzandoli in base all’idea da
realizzare. Dalla lettura prosodica alla recitazione espressiva,
dall’alterazione elettronica alla performance acustica, tutte le modalità della
voce si interfacciano a musiche e rumori per esplorare la sinestesia
suono-parola; ne scaturisce un teatro ad alta gradazione musicale.
Voci, regia sonora, montaggio,
elaborazione: Nevio Gàmbula
[Ogni brano può essere ascoltato singolarmente,
cliccando direttamente sul titolo; si può anche scegliere di scaricare
interamente l'opera cliccando qui (58
MB)]
Prologo
UN PEZZO DI
TEORIA
(durata: 2,30 min.)
L’introduzione ha carattere teorico: il reale
irrompe anche nell’arte meno realistica. Il testo è la parte iniziale di Un
pezzo di monologo di Samuel Beckett.
Brano 1
ESSERE E NON
(durata: 4,20 min.)
Un bricolage acustico, come omaggio alla
scrittura frastagliata di Heiner Müller. Una scena immaginaria, che include
voci e frammenti sonori di varia natura, ognuno disfatto completamente rispetto
a ciò che era in origine. Il montaggio segue una strategia polifonica senza
centro, tra incontri fortuiti e direzioni logiche, equilibrati secondo una
certa idea di drammaturgia dello spazio d’ascolto e della percezione.
Brano 2
DINAMICA
ACCANITA
(durata: 4,18 min.)
Qui si testimonia la fiducia «nella dinamica
dirompente, erompente, irradiante della parola», una sorta di proclama tratto
da un testo di Emilio Villa pubblicato in Attributi dell’arte odierna
(Feltrinelli 1970). I suoni sono il frutto di un montaggio esasperato di
diversi frammenti di opere di musica contemporanea (non ricordo neppure più
qual è l’origine); ho frullato tutto nel software cercando di trasformare i
materiali in struttura musicale.
Brano 3
DALLA CULLA
CHE OSCILLA
(durata: 6,21 min.)
Un esercizio di canto parlato. Il testo di Walt
Whitman (Dalla culla che oscilla eternamente, traduzione di Roberto
Mussapi) non è interpretato secondo il canone in vigore, ma presentato come
oggetto vibratorio tendente al canto, dotato quindi di una sua autonomia, senza
però mai staccarsi dal suo essere discorso dotato di senso. Eseguire vocalmente
un testo significa farlo suonare (J-L. Nancy, All’ascolto,
Raffaello Cortina Editore 2002).
Brano 4
CHI DARA’
VOCE AL MIO PENSIERO …
(durata: 15,31 min.)
È un testo di Jan Fabre, scritto nel 1980 e
pubblicato nel volume Cinque monologhi (Costa&Nolan 2008). Il suo
sottotitolo è «monologo per una persona con orecchie e occhi sensibili», ed è
una esaltazione del vedere ascoltando. Nel tradurlo vocalmente, ho immaginato
una persona che ascolta se stessa e che, parlando, non può avere altro
interlocutore che il proprio pensiero. Qui siamo nel campo dell’interpretazione.
Brano 5
LA PRESENZA
DELLA VOCE
(durata: 6,04 min.)
Un omaggio all’articolazione vocale, che non coincide
con la parola, ma che dentro di sé risolve e amplifica la portata della stessa
parola, all’interno di una fascia espressiva che va dal grido afono o
inarticolato all’eloquenza retorica. La voce è poesia. All’interno del brano
sono citate le voci di Marion D’Amburgo, attrice di quelli che furono i
Magazzini Criminali, e quella di Pamela Z, sperimentatrice vocale. I testi,
invece, sono, oltre che miei, di Beckett (Qual è la parola, compresa
nel volume In nessun modo ancora, Einaudi 2008, cura e traduzione di
Gabriele Frasca) e di Antonio Porta, l’inizio del poema La scelta della
voce. Il finale, realizzato sovrapponendo frammenti di canto armonico, pur
nell’errore evidente di sovraccarico sonoro (uso sbagliato di un plug-in del
software), conferma la mia convinzione di essere, la voce, la condizione di
ogni parola e di ogni silenzio.
Brano 6
L’ATTORE E’
UN ESSERE FONICO
(durata: 15,18 min.)
È la parte finale di Un pezzo di monologo di
Beckett. Il testo è risolto tutto in presenza vocale.
Brano 7
NAUFRAGIO
BECKETTIANO
(durata: 8,28 min.)
Una serie di rinvii sonori sulla condizione
dell’artista, stretto tra il non poter parlare e la necessita di farlo.
Recitare Beckett è, in questo caso, recitarsi, ovvero citare se stessi di
fronte ad un ascoltatore. La scelta della voce del canto finale è soltanto una
scelta personale.
Finale
FAUST
(durata: 2,09 min.)
Tutta fatica sprecata: recito per niente e
per nessuno. Il testo è tratto da Narrazioni del fervore di
Jean-Luc Nancy (Moretti&Vitali 2007).