Neonato abbandonato in condizioni poco sicure, la colpa è anche dei media?

La divulgazione di video nei quali il volto della madre del neonato è riconoscibile rappresentano una violazione del codice deontologico dei giornalisti. Inoltre, anche gli appelli rivolti alle donne che usufruiscono di servizi come la “Culla per la vita” rischiano di incentivare dei comportamenti meno responsabili

Abbandonare un neonato è un crimine che, secondo quanto previsto dal codice penale italiano, è punito con la reclusione da tre mesi a un anno. La punizione si aggrava se il fatto porta a una lesione del lattante o alla sua morte. Questa premessa è doverosa per chiarire che l’articolo che state leggendo non intende condonare un reato, ma solo far riflettere sulle condizioni che possono portare alcuni genitori a considerarlo l’unica opzione.

Una culla
Una culla vuota | Pixabay @StockSnap – Retidedalus.it

 

Per disincentivare l’abbandono dei neonati, spesso lasciati in luoghi pericolosi per le loro fragili condizioni, è nato il progetto “Culla per la vita”, che consiste in appositi spazi all’interno degli ospedali nei quali le neomamme possono lasciare i bambini che, per qualsiasi motivo, non possono o non vogliono riconoscere (diritto tutelato dall’art. 30 comma 2° del d.p.r. 3 novembre 2000), dando modo al personale sanitario di prendersene cura e avviare il procedimento di adozione. Questa soluzione tutela non solo la salvaguardia del neonato, ma anche la privacy della madre, che può usufruire del servizio senza dover lasciare alcun dato. Purtroppo lo scorso aprile si è verificato un caso che ha messo in luce una possibile vulnerabilità di questo sistema: la pressione mediatica.

Il caso di Enea, il neonato lasciato nella Culla per la vita

Il 9 aprile 2023, il giorno di Pasqua, una donna non meglio identificata ha lasciato un neonato di nome Enea nella Culla per la vita della Clinica Mangiagalli di Milano. La notizia ha fatto parlare parecchio di sé, non solo perché fino a quel momento la Culla per la vita dell’ospedale meneghino era stata usata solo due volte, ma anche perché nei giorni successivi sono stati fatti degli appelli mediatici rivolti alla madre del bambino. Parlando con la stampa, il primario di Neonatologia Fabio Mosca ha fornito alcune informazioni che sarebbe stato meglio non divulgare per rispetto dell’anonimato garantito dalla Culla della vita, come il contenuto della lettera lasciata insieme al neonato e il nome di quest’ultimo. Ha anche invitato la madre a riflettere sulla decisione presa, rischiando di metterle addosso una pressione sociale della quale non aveva bisogno in un momento così delicato.

Ancora meno opportuno, soprattutto per via della riconoscibilità mediatica del personaggio, è stato l’appello fatto da Ezio Greggio, che ha contribuito a rendere noto a livello nazionale un caso del quale non si sarebbe mai dovuto parlare così tanto. Anche se probabilmente guidato da buone intenzioni, il presentatore ha comunque esercitato una pressione mediatica eccessiva nei confronti di una donna che era stata costretta da poco a prendere una decisione difficile, maturata nel corso dei nove mesi necessari a portare a termine la gravidanza. Sarebbe stato più opportuno limitarsi a rispettare la suddetta scelta e, al massimo, supportare economicamente la famiglia adottiva del neonato.

Il neonato lasciato all’ospedale di Aprilia

Più di recente, venerdì 26 gennaio, un’altra donna ha lasciato una carrozzina con dentro un bambino di età compresa tra i tre e i sei mesi nella sala d’attesa dell’ospedale di Aprilia, in provincia di Roma. La madre non è mai tornata a recuperare il neonato, ma ha lasciato uno zainetto con un cambio e dei pannolini, forse per rendere chiara la situazione alle infermiere. Considerando che il bambino è stato prima accudito dal personale del nosocomio e poi trasferito in una casa famiglia, la vicenda si sarebbe potuta chiudere senza troppo clamore nel giro di un paio di giorni. E invece no. Il TG1 ha ricevuto e trasmesso un video ripreso dalle telecamere dell’ospedale nel quale è possibile vedere con chiarezza il momento in cui la donna, il cui volto è riconoscibile, abbandona il neonato. In poco tempo il filmato è arrivato ovunque sul web, rendendo impossibile proteggere in alcun modo la privacy della madre.

La violazione del codice deontologico

Il Coordinamento per le pari opportunità dell’Ordine nazionale dei giornalisti non ha esitato a condannare la decisione del telegiornale, del tutto contraria al codice deontologico che i giornalisti sono tenuti a rispettare. “Nelle immagini trasmesse dalla Rai si vede chiaramente il volto della donna. Le stesse immagini sono state poi pubblicate anche da altre testate. Così si contravviene a quelle che sono le basi della deontologia professionale e della privacy. La Cpo dell’Ordine nazionale dei giornalisti segnala la vicenda all’esecutivo, affinché chieda ai consigli di disciplina territoriali competenti l’apertura di un procedimento disciplinare nei confronti delle testate che hanno diffuso il video”, si legge nella nota.

Anche il Garante della Privacy ha ravvisato una violazione delle “disposizioni della normativa privacy e delle regole deontologiche relative all’attività giornalistica”.

La pressione mediatica rischia di peggiorare la situazione

Inoltre, anche in questo caso non sono mancati degli appelli alla madre, tra cui uno fatto dal sindaco di Aprilia Lanfranco Principi. Per quanto mosse da buone intenzioni, queste offerte di aiuto non solo utili a tutelare la privacy e non sembrano rispettose della decisione di una persona che potrebbe essere stata mossa da mille ragioni diverse dai soli problemi economici. Se parte una “caccia alla madre” ogni volta che un bambino viene lasciato in un luogo sicuro, c’è il rischio concreto che il numero dei neonati lasciati nei bidoni o sul ciglio della strada aumenti e che servizi utili come la Culla per la vita perdano ogni senso di esistere.

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