Raoul Bova da giovane: dalla tappezzeria alle feste fino al bacio con Madonna

Raoul Bova è un attore noto la sua storia è ricca di piccoli aneddoti e curiosità. Vediamone alcuni indimenticabili.

Oggi, in un’intervista esclusiva, al Corriere della Sera, si racconta in modo autentico e sincero, rivelando un lato di sé che pochi conoscono. Scopriamo insieme i momenti significativi della sua carriera, le sue insicurezze e come ha affrontato, tra le tante cose, il mondo del cinema.

Raoul Bova ha sempre avuto un carattere piuttosto riservato, almeno nei suoi primi anni. Racconta di come fosse timido e impacciato, specie nelle situazioni sociali. “Alle feste ero una sorta di tappezzeria,” ammette, “chiacchieravo ma ballare era davvero impossibile per me.” Aggiunge di sentirsi rigido, “come un pezzo di marmo” e che, anzi, i tentativi di ballare, per lavoro, erano spesso accolti con sguardi di compatimento. “Lascia perdere,” ecco le frasi che gli dicevano. Una sensazione di imbarazzo che non ha mai dimenticato. Questo timore affiorava ripetutamente anche nelle sue esperienze scolastiche, dove affrontava le interrogazioni con palpitante angoscia. Raoul ricorda anche un episodio in cui, durante una recita, il professore lo fermò, dicendo: “Tu per favore non cantare, muovi solo la bocca.” Ecco un trauma che ha segnato la sua infanzia e che probabilmente ha influito sulla sua futura carriera.

L’imbarazzo sul set: un ricordo indelebile

Un’altra esperienza che ha segnato Bova risale alle riprese de “La Lupa,” dove recitava accanto a Monica Guerritore. Le scene di passione non erano facili da gestire, specie perché un regista, Gabriele Lavia, marito dell’attrice, gli chiedeva di essere più focoso. “Devi prenderla con impeto,” diceva, “farla impazzire.” Qui si trattava di affrontare i propri limiti ed anche il peso delle aspettative. Raoul descrive come si sentisse in quel momento, paragonandosi a un ghiacciolo. L’ansia e il nervosismo lo accompagnavano, rendendo ogni scena un vero e proprio test.

Raul Bova
Raul Bova il bello del cinema italiano- Foto: Instagram @raulbova_fanpage- retididedalus.it

Il suo debutto al cinema, in “Mutande pazze” con Eva Grimaldi, vive la stessa tensione. La bellezza di Eva rappresentava una sfida, e quella necessità di sedurre sullo schermo lo metteva nuovamente nella condizione di sentirsi a disagio. “Addirittura, avevo paura di baciarmi con Madonna!”, confida, rivelando l’ansia che provava per timore di sbagliare. Solo successivamente ha appreso che sul set ci sono tecniche specifiche per queste situazioni e fu proprio Lina Wertmüller a insegnargli come affrontare le scene d’amore. “Essere nudi davanti a una cinepresa con settanta persone che ti osservano…” dice con una certa incredulità, “è una vera pressione.”

L’art of kiss: le tecniche del bacio nel cinema

Bova non si è limitato a scegliere i suoi ruoli, ha anche dovuto apprendere l’arte del bacio sullo schermo. Secondo le indicazioni di Lina Wertmüller, baciarsi non è simile a “masticare un chewing gum”. C’è una tecnica ben precisa, che richiede attenzione e delicatezza. “Non devi coprire l’attrice,” spiega, “devi posizionare le labbra non al centro ma verso l’angolo della sua bocca.” Ogni movimento, dalla testa al naso, ha la sua importanza. A un certo punto, ricorda il bacio con Madonna, dicendo che nel momento in cui erano sul set Lei lo ha incoraggiato: “Rilassati, non ti preoccupare.” Questo ha contribuito a diminuire parte della sua ansia, rendendo l’esperienza meno opprimente.

 

Un altro episodio curioso è legato al provino per “Tomb Raider” con Angelina Jolie. Raoul ricorda di essere stato fortemente voluto per il ruolo, ma la sua ansia si è rivelata fatale. “A un certo punto, dimenticai le parole, ricominciai da capo… un disastro,” racconta. Ironico è il successivo incontro con Angelina a una festa, dove lei lo ha persino consolato dicendo che avrebbe fatto il tifo per lui. La battuta finale “Don’t cry for me, Angelina”, aggiunge un tocco di leggerezza a un momento che altrimenti sarebbe stato imbarazzante per chiunque.

Riflessioni sulla bellezza e sui ruoli

Raoul Bova ha una visione piuttosto interessante sulla sua bellezza, una cosa di cui si è reso conto sin da piccolo quando sua madre lo portava al mercato e gli regalavano frutta in segno di gentilezza. “Ma fino ai 18 anni,” ammette, “non avevo grande successo. Ero pallido e gli altri si abbronzavano.” Si ricorda delle lunghe mattinate in piscina e di come i segni degli occhialini sulla pelle facessero sembrare la sua bellezza poco brillante. “Frequentavo una scuola tutto al femminile e non rimorchiavo molto,” aggiunge con un certo divertimento. Trova che la bellezza a volte possa trasformarsi in un rifugio, un ostacolo. Spesso, chi si limita a giudicare l’aspetto esteriore perde la complessità dell’individuo e Raoul lo ha sentito sulla propria pelle, venendo trattato come un oggetto piuttosto che come una persona.

L’attore conclude queste riflessioni sul mondo che lo circonda, rivelando una realtà in cui la percezione del bello può sicuramente diventare una gabbia. Allo stesso tempo, ha trovato in sé risorse e talenti che vanno ben oltre l’aspetto fisico. La sua storia è un ricordo che ci invita a guardare oltre le apparenze e a trovare la vera essenza delle persone.

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