CAPODANNO A MILANO

Il gran tripudio dei consumi futili
intimi caminetti crocefigge.
Milano ostenta nebbie tecnologiche,
ogni autonomo indossa un grigio smog.

Flatus vocis, tu, Krizia, a pompeiani
reperti regredisci, a etruschi buccheri
di mercanti, usurai, trafugatori
fossili icone affidi, danze falliche.

Il mongolico ghigno d'una bambola
tanto sola e perversa nel funereo
baby-doll non vuol fiori ma archibugi
di patrioti caduti a Custoza.

Sale la Borsa delle invitte azioni
transessuali, lottano i castori
contro i leopardi. Un industriale tutto
di vetro e di cemento sega il cuore
galeotto di Dora con la lima
di diamante, orchidee di Singapore
fioccano - jet a jet - lungo le piste
della Malpensa. Il neon d'una epilettica
insaziata Milano buon Natale
augura ai drudi suoi. Troia in visone
acquista un incensiere porta-gioie,
un gotico ciborio per fiammanti
epistole, piviali, e da mutare
in mobiletto-bar questo tarlato
sghembo inginocchiatoio del Seicento.

A San Babila il re
della gomma sintetica ha creato
una Cariddi elastica che dondola
sul velluto di bare convertibili
in due piazze per coiti marca-tempo.

Scilla in slip s'è stesa
sul catafalco d'uno yacht, lo scheletro
che salpa beve a sorsi ilari il vento.


Gaio Fratini

(da Italici piangenti, Longanesi, 1988)



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