DA "CITTÀ VELOCE"
II - Stagioni di cortili
Interni ammobigliati dai primi tepori,
cortiletti con erba che spunta
da pietre sconnesse,
balconi di malvarose, d'adolescenti
in grembiule,
finestre che non possono vedere la strada
consolate da qualche vaso di basilico.
Una foglia venuta dai campi,
un pezzo di carta stampata
giunto
dal mondo circolare dei tram e dei lussi,
la farfalla spinta nell'ignoto
da un odore di polline nuovo.
Le vecchie dimenticate dal tempo
sulle seggiole spagliate,
i cani impigriti da un senso di benessere,
le donne incinte sedute
sullo scalino di pietra,
a sentire la maternità
che le veste lentamente di delicatezza.
Ma tutto muore qui: pozzo malinconico,
interno tappezzato
da una primavera scialba,
e si diventerebbe calvi e magri
se non si scavalcassero i muri
e le povere anime ferme.
Però dopo quel tetto rossiccio,
la gioia a nolo: vettura da piazza.
Via, via, nella vita dondolata,
rotolata pei rettifili del chiasso,
e in questo tutto in disordine
scomporsi e ricomporsi eternamente
secondo il ritmo degli specchi,
degli amori e degli incontri.
Luciano Folgore
(1919)
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