Le tristezze ignote

 

E sia pace al defunto.

Ma che soave odore!

Autunno, già nei vasi

fioriscon le viole!

Ed ecco, al fine, il sole

sul davanzale è giunto.

Tra le mie dita, quasi

ha il liquido tepore

del latte appena munto.

 

Sia pace a chi sofferse.

Oggi tutto è pacato.

Io non son triste, quasi.

Penso a tristezze ignote,

d’anime assai remote,

ne la vita disperse.

Io non son triste, quasi.

Oggi tutto è pacato.

Sia pace a chi sofferse.

 

Le suore, a le finestre

del convento, sul fiume

guardan passar le barche:

guardano mute e sole,

mute e digiune , al sole.

Giungono a le finestre

(come tarde le barche!)

un odor di bitume,

un odore silvestre.

 

I prigionieri assale

un’ansia: falci lente

falciano l’erba nuova,

a la prigione intorno.

Gli infermi (inclina il giorno), 

pallidi sul guanciale,

ascoltano la piova

battere dolcemente

l’orto de l’ospedale.      

 

                           Gabriele d’Annunzio

                    (da Poema paradisiaco, 1893)   

 




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