Nottata di guerra

 

 

La notte che c’era il nubifragio, molte mamme

addormentate nella piena con la lingua secca,

io cominciavo a immaginarmi la ragazza

che adagio se la sfoglia, e dice: “ce l’ho lunga,

rara, rosa, bella” e trema come una foglia;

 

e l’erbe parvero sanguinare sotto la forbice dei lampi,

e noi non per niente dovevamo pensare alla salsa

inglese, alla trota moribonda con gli occhi nel sugo

delle vetrine tra le foglie di senna, con il prezzo

al minuto sul banco marmoreo, e alla stadera: allora,

 

primizia colore di pelle di pollastro, filamentosa,

una figliola in bianco poggiava le sue tette stagne

sul cristallo delle bacheche, e con il mignolo

piluccava l’uvetta nel mollo del panettone:

 

era la notte che c’era il nubifragio, e molte

ruote di lontano perdevano i tubolari nella palta,

e una zona di ragne baluginanti per l’aria alta,

orme sovrane e incerti passi sull’immobile

insonnia che divide i morti di qua dai vivi di qua.

 

 

                                                 Emilio Villa  [1914-2003]

                                                      

                                                     (da Oramai, 1947)   

 

 




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