Dicembre

 

 

Tristi venti scacciati dal mare

agitavano la città notturna.

Da nere gole aperte tra le case

rompevano, invisibili

ombre, con schianti ed urla;

si gettavano per le vie deserte

ferme nel bianco gelo dei fanali,

urtavano alle porte

sbarrate, s’abbrancavano alle morte

rame d’alberi dolenti,

scivolavano lungo muri lisci,

dileguavano via, serpenti,

con fischi lunghi e lenti strisci…

Ora mi sporgo all’attonita pace

della grigia mattina: tutto tace.

Teso il cielo di pallide bende.

Il gran cipresso, assorto, col suo verde

strano, nell’alta luce. Un coccio lustra

tra la terra bruna dell’orto.

Finestre senza tende, cupe,

guardano intorno. Non c’è voce umana,

grido d’uccello, rumore di vita,

nell’aria vasta e vana.

C’è solo una colomba,

tutta nitida e bionda,

che sale a passi piccoli la china

d’un tetto, su tappeti

fulvi di lana vellutata, e pare

una dolce regina

di Saba

che rimonti le silenziose scale

della sua fiaba.

 

                                       Diego Valeri

 

                               (da Terzo tempo, 1950) 

 




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