XVII

Da tutto l'orizzonte
Il ciel fuso balenava
Con slanci arcuati di luce
Verso l'alta vertigine azzurra
Che al sommo traboccando più vibrava;
Giacevan sui confini
Grembi di nuvole bianche,
Ma il sol maschio sfuriava
Sulla terra supina
Nel grande amplesso caldo.
E con turgidi muscoli
Si sforzava ogni cosa violenta
E si palpavan i sonori tonfi
E s'incendiavan i colori secchi;
E nel convulso spazio.
Dalle coscie dei monti
Al gran seno dei piani,
Dalla testa dei borghi
Ai nervi delle strade,
Con àliti e gorghi
Con guizzi e clangori
Ebbra l'ora si stordiva;
Ebbra l'ora si smarriva
Nel senso delle voci
Di giovani a diporto,
Di giovani cercanti
Dal pensiero la vita.
La compagna al compagno
Il compagno alla compagna,
Voleva ognun confidare
Qualcosa ch'era tanto:
E scaturiva l'invito bramoso
D'intorno, aperte le magiche porte,
Ampliate le ardenti finestre
Protesi i fiorenti balconi
Della natura balzata su,
E al suo piede ferveale un piacere
Che voluttuoso salendo con gioia
Dai fianchi al sommo iridava
Di squamme e scintille
La bella e fragrante dimora.
Il compagno alla compagna
La compagna al compagno,
Volea ciascuno gridare
Ciò che non era mai detto,
E passar da ogni varco
E popolare la reggia
E confondersi insieme
Nell'acciecante verità enorme.
Ma    rotolarono sillabe,
Ma    ragionarono il mondo:
E riser tutto il dì per non sapere,
Mantre ogni cuore sciupava
La sua farfalla.
S'annidò il cielo corto,
E si fece uno spento bracere;
Languì alla terra il piacere,
E si fece la spoglia di un morto:
Strisciò la notte,
Scivolò la partenza,
S'aprì la voragine
Della città rombante. Si lasciarono,
E lasciarono la giovinezza.

12 giugno 1913

Clemente Rébora

(da Frammenti lirici)



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