Contraddizione
I
Io maschio ben costrutto
per l’amore ed avvezzo agli
sportivi
giochi fisici, io, l’uomo dai
lascivi
impeti, l’uomo in cui l’istinto è
tutto,
io sono triste.
Io fecondo animale
che non conosco il rispetto
dell’altalena sociale,
e mi compiaccio dando lo sgambetto
alle dottrine dell’intelligenza,
saltando di piè pari sopra il petto
della menzogna detta convenienza,
io sono triste.
Io che passeggio sul puritanismo
a torso nudo come un gladiatore,
che sputo su Loyola con furore
e prendo a calci l’indeterminismo,
io che il metodo aborro e il
sillogismo
e il fato greco e il mistico
fervore,
io che son sperma e mani e occhi e
creta
ma che non son poeta,
io sono triste.
Io che ho la penna in mano e fumo e
stono
come un treno diretto,
che sono tutto in marcia, testa,
petto,
gambe, riso, bestemmie, urla, perdono,
io sono triste...
III
O tristezza! Tu sei la benvenuta,
o amante dei poeti simbolisti.
Noi farem l’orgia delle cose tristi
sulla coltre dell’anima svenuta.
Adàgiati che possa contemplarti.
Sei figlia del rimpianto? Od il
rimedio
dell’Impotenza? Maschera del Tedio,
o la modella delle Belle Arti?
Che sei? La febbre della notte
eterna,
o un principio di gastrica? La
morsa
dell’attesa o il respiro della
corsa?
Sei la provincia o la città
moderna?
Oggi, ieri, o domani? Il magnetismo
di un occhio ignoto, a un bivio,
tra gli specchi?
L’elica di un Caproni od i
cernecchi
d’un postiglione del romanticismo?
Nino Oxilia
(da
Gli orti, 1918)
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