Celebriamo, fratelli, la libertà al
crepuscolo,
questo grandioso anno crepuscolare!
Disceso in ribollenti acque
notturne,
sta il bosco appesantito delle
reti.
In anni che non mandano echi, o
sole
– sole, giudice, popolo –, ti levi.
Celebriamo il fardello imposto dal
destino
che in lacrime la guida del popolo
si addossa.
Celebriamo il fardello – tra ombra
e luce –
del potere, gravame insostenibile.
Chi ha un cuore, o tempo, udrà, è
giocoforza,
scendere verso il fondo la tua
nave.
In falangi da combattimento
noi abbiamo legato le rondini,
– e già, ecco,
piú non
si vede il sole, e tutti gli elementi
naturali cinguettano, si muovono,
son vivi,
Attraverso le fitte maglie
crepuscolari
piú non
si vede il sole, e naviga la terra.
Proviamo allora: un’immensa virata
Maldestra, scricchiolante.
La terra naviga. Uomini, coraggio!
Fenderemo l’oceano con vomere di
aratro
per ricordare anche sul Lete gelido
che dieci cieli a noi costò la
terra.
Maggio, 1918, Mosca
Osip Mandel’štam
(da Ottanta
poesie,
trad.
di Remo Faccani,
Einaudi, 2009)
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