IL CORPO E IL FETICCIO II
(novembre
1976 – gennaio 1977)
1.
il tempo è dopo che si pensa se cambia
/ per un’altra strada
non continuare a sfinire perché
passando di là (dalla
strada)
indifferenziato sempre mobilità
gracchia la nebbia le labbra acide
certo (ma - in -) se il prefisso - ragni negli occhi / chi ti
-
se è da questa parte (della strada
(ma tralasciamo i simboli) della
barricata della) che si versa (che
ci si versa) l’obolo per la semmai
salvezza mille lire di sangue
(meglio se sei esangue)
senza le arguzie della il rancore (ma non
serena giovinezza non infranto) scheggiato
si stringono patti (ma taglia esce dal bordo
col presente frantuma il foglio il
silenzio (le
labbra di chi increspate e tumide e desiderio di silenzio
(fammi sapere quando
vieni a dammi un colpo di tel
mandami un fonema se vuoi ritaglialo mettilo
sotto il francobollo un pezzetto di
lingua)
(anche smetterla
di scrivere
(anche farla finita
(o far la finta
(a
mo’ di conclusione
(farla fuori la
vita fuori
dal dire certo
nel vivere
KEJA
A
Mirella
8.
restano tracce sulla neve orme di
topo bianco nel cuore dell’albero
nel piede sottile che accarezza
l’acqua il suo fossato e l’erba
(e solo un’ora di tempo serve solo
per - spiaccicato il viso
morire anche anche avvinghiato all’ - sulla sabbia dove
impasto irriflesso sconvolto al
buio hanno - schizzano alghe come
detto di sì per domani se divelto
un - vomito lì accanto al
bruscolo di passato che se ci siamo
ci - mare vena incisa
stiamo dentro nel cucciolo di trota
sbercia - sangue di gabbiano
il selciato fiamma ossidrica che
cuoce la - vomito
notte la strina di dolci brandelli
di pelle -
che non avremo un bel cielo domani
per -
svegliare le cosce cancerose -
Giuliano Mesa (1957-2011)
(Schedario, Geiger, 1978)
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