A GIORGIO MANGANELLI

 

 

Molta gente mi ha

domandato di te,

come se fosse possibile

domandare a un morto

che cos’era in vita.

Non eri nulla.

Anch’io,

quando chiedono se sono una poetessa,

mi vergogno,

mi vergogno in modo amabile e gentile,

come tu ti vergogni di “essere” la poesia

e la vita.

Giorgio, non sono un valzer,

e se l’opera d’arte casualmente lo č,

č semmai come il valzer triste di Sibelius,

una cosa amara e dolcissima

che traligna verso la morte.

Sai, una donna decomposta,

come sono io,

un uomo decomposto,

com’eri tu,

non potevano che trasmigrare

in due figure di sogno,

un grande pinocchio

e una fatina petulante e misera che,

come Coppelia, vanno a vedersi

dall’alto di un loggione

di cartapesta.

Idealmente, io e te, abbiamo portato

un cappello a sonagli

per tutta la vita.

 

 

                                 Alda Merini 

                                 (1931-2009)

 

 

 




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