SONETTI

 

I

 

Alla sera

 

Forse perché della fatal quïete

tu sei l’immago a me sì cara vieni

o sera! E quando ti corteggian liete

le nubi estive e i zefiri sereni,

 

e quando dal nevoso aere inquiete

tenebre e lunghe all’universo meni

sempre scendi invocata, e le secrete

vie del mio cor soavemente tieni.

 

Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme

che vanno al nulla eterno; e intanto fugge

questo reo tempo, e van con lui le torme

 

delle cure onde meco egli si strugge;

e mentre io guardo la tua pace, dorme

quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.

 

 

II

 

Non son chi fui; perì di noi gran parte

 

Non son chi fui; perì di noi gran parte:

questo che avanza è sol languore e pianto.

E secco è il mirto, e son le foglie sparte

del lauro, speme al giovenil mio canto.

 

Perché dal dì ch’empia licenza e Marte

vestivan me del lor sanguineo manto,

cieca è la mente e guasto il core, ed arte

l’umana strage, arte è in me fatta, e vanto.

 

Che se pur sorge di morir consiglio,

a mia fiera ragion chiudon le porte

furor di gloria, e carità di figlio.

 

Tal di me schiavo, e d’altri, e della sorte.

conosco il meglio ed al peggior mi appiglio,

e so invocare e non darmi la morte.

 

 

                                                 Ugo Foscolo

                            

 




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