IL
LATTE D’INNANA *
Per te, i gemelli: per te si uniscono prosa e poesia mentre
voli di tempo in tempo, salva e
intera
sul palanchino dei pianeti delle
tue vittime, guardiani benevoli
che portano i tuoi sette cieli
carovana dopo carovana.
I pastori dei tuoi cavalli, tra le palme delle tue mani e i tuoi
due fiumi, si avvicinano
all’acqua: «La prima delle dee è
quella più piena di noi».
Un creatore innamorato contempla la sua opera, è pazzo
di lei
e gli manca: Compirò ancora ciò che
ho compiuto?
Gli scribi dei tuoi lampi si consumano con l’inchiostro
celeste e i loro nipoti
spargono la rondine sul convoglio della
Sumera...
Che salga o scenda, la Sumera.
Per te, distesa in soggiorno
con una camicia a motivi floreali e
pantaloni
grigi, per te, non per la tua
metafora sveglio
la mia terra selvaggia e dico: Dal
mio buio sorgerà una luna...
Lascia l’acqua scorrere su di noi dall’orizzonte sumerico,
come nei miti.
Se il mio cuore è intatto come il vetro che ci circonda
riempilo con le tue nuvole, ché
torni dai suoi
nuvoloso e sognatore come la
preghiera del povero.
E se il mio cuore è ferito,
non lo pugnalare con il corno della
gazzella.
Non più fiori naturali sull’Eufrate
affinché il mio sangue scorra
nei papaveri dopo le guerre,
e non più un’anfora nel mio tempio
per il vino delle dee
di Sumer eterna, Sumer effìmera.
Per te, slanciata in soggiorno,
rnani setose
e punto vita consacrato al piacere,
per te, non per i tuoi simboli
sveglio
la mia terra selvaggia e dico:
Sottrarrò questa gazzella al suo branco
e con lei mi pugnalerò!
Non vorrei una canzone come tuo letto,
che il toro, il toro alato dell’Iraq
levighi
le sue corna con il tempo e con il
tempio fatiscente
nell’argento dell’aurora. Che la
morte porti la sua falce
nel coro degli antichi cantori
del sole di Nabucodonosor. Quanto a
me, discendente
di un altro tempo, mi ci vorrà un
cavallo
degno di queste nozze. E se
una luna è indispensabile, che sia alta… alta…
e di Bagdad. Non araba né persiana,
né rivendicata dalle dee intorno a
noi. Che sia priva
dei ricordi e del vino degli
antichi re,
per completare queste sacre nozze,
o figlia della luna eterna, qui,
nel luogo còlto
dalle tue mani sul balcone del
paradiso in declino
ai confini della terra!
Per te, che leggi
il giornale in soggiorno,
che soffri d’influenza
dico: prendi una camomilla calda
e due aspirine,
ché il latte d’Innana si plachi
e sappiamo che tempo fa oggi
alla confluenza dei due fiumi!
Mahmud Darwish
(da Il
letto della straniera, Epoché 2009,
trad. di Chirine Haidar)
* Innana è
la dea sumera della fecondità della terra. Appartenente al clan degli dèi
Enliliti, nipote del dio dell’aria Enlil, stava per sposare Damuzi,
del clan rivale cui apparteneva Enki, padre di Damuzi, tentando così una
riappacificazione tra gli dèi. Il fratello di Damuzi, temendo di perdere il
proprio potere, spaventò talmente il futuro sposo che, nella sua fuga
disperata, cadde da una rupe sfracellandosi. Avvenne così la trasformazione della
dea, che furente scatenò una lotta fra le divinità diventando guerriera e
seduttrice di uomini, tanto che Gilgamesh rifiutò le sue profferte amorose
ricordandole che nessun uomo era mai rimasto vivo dopo una notte di passione con
lei.
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