LUOGO COMUNE
OMAGGI
Cinque poesie
per Stefano Docimo


      
Il 31 gennaio u.s. nel trigesimo della morte dello scrittore romano si è svolta, nella sede della SLC-Cgil di via Ofanto a Roma, una affollata, partecipata, assai affettuosa commemorazione. Durante la quale sono state lette alcune poesie a lui dedicate rispettivamente da Maria Teresa Docimo, Maria Jatosti, Marco Buzzi Maresca, Alberto Giacchetti e Alberto Scarponi, che qui volentieri pubblichiamo.
      



      

 

 

Maria Teresa Docimo:

 

 

A STEFANO

Dolce carissimo fratello mio
Stefano
Stefano ora è libero
mi prendeva la mano e mi portava sotto al tavolo
e stavamo lì spaventati ad aspettare
che tornasse il sereno
mi faceva ridere quando 
bambina ammalata a letto
faceva cenno di alzarmi
e portò a casa le novelle di Cechov
e i romanzi di Dostoevskij
e la filosofia di Ugo Spirito
che scandalo in famiglia e in parrocchia
mi difendeva dagli assalti educativi 
alle mie prime scappatelle amorose
e mi dava sicurezza
lui era forte e capiva la libertà 
Stefano una volta mi disse è inutile scappare
bisogna opporsi
Stefano l’oppositore
Di ogni convenzione
Di ogni menzogna
Di ogni potere
Con asfissiante coerenza,
io l’incoerente.
Stefano dei neologismi
E del linguaggio destrutturato
Lui il vero rivoluzionario
Stefano della rivoluzione.
Stefano con la barba dallo sguardo lucido
Mai duro
Semmai appassionato ma 
Sufficientemente dotato dell’ironia
del distacco.
Stefano l’intelligente.
Ti chiamavo – Stefano –
con voce da bambina
e poi la vita.
Vite diverse
schermate
schernite
separate
vite di fratelli lontani i figli i lavori
ma a tratti vicini
lontani per pudore
vicini per consapevolezza
e per amore.
Stefano carissimo fratello
Stefano ora è libero

 (31.12.2014)

 

 

***

 

 

Maria Jatosti, da Imperativo involontario, 1994:           

 

 

Via dei Riari 78

 

S  ouvenir d’obsoleti murales

T  eoremi frantumati in fatui test

E  reditarie perversioni, vecchie

F  acce, falsi Raskolnikov

A  rmati di edonistica euforia

N  ostalgie demenziali di can-can

O  rchestrate a dovere. Spento il sogno

D  una mitica sterile on the road

O  nanistico viaggio a ritroso

C  ontraddanza mistificata ad hoc

I   mmaginari indotti, isteriliti

M ostruosi feticci, nuovi golem

O  ssessioni mentali, gioco assurdo.

 

 

***

 

Marco Buzzi Maresca:

 

 

A  Stefano  Docimo

 

 

Lo conoscevo forse poco forse

per niente

Incontri nel tempo    occasionalmente

Sorridente  accogliente  semplice

come chi è complesso, ‘asfodelo irreale

di lembi di terre di disabitate primavere’.

 

Decentrato, incentrato, post ideologico

la morte lo ha cercato

tra le parole

senza trovarlo.

 

Autunno plenilunare:

una luna in forma smagliante con Venere brillante

sulla rotta astrale

che si contrappone al sole.

d’autunno sulla volta inchiostrata:

plaudente plenilunio plumbeo nella placenta materna in corto circuito.’

 

Incisa la sua mancanza

senza possibili cancellature

la morte s’aggira estranea

e non sa che fare

 

Spersa  nel  marasmatico  poematico  strabordare

s’è dovuta accontentare

di brandelli di carne.

 

(12.1.2015)

 

 

***

 

Alberto Giacchetti:

 

 

Calze rosse

 

Ci vuole coraggio ad indossare calze rosse

e ce ne vuole per addentrarsi nel Dedalo

degli interrogativi e lasciar

col sorriso d’attore francese

e gli occhi sinceri

credere si voglia giocare

 

Ci vuole coraggio ad indossare calze rosse

e ce ne vuole per lasciare come un ragazzo

che un sogno d’una vita più vita ci guidi

Senza timore

d’avvicinarsi coevi ai propri figli

senza arretrare

davanti ai son tutti uguale

dissimulando con grande eleganza

una sobria ragione

 

 

Per Stefano

5 gennaio 2015

 

 

***

 

Alberto Scarponi:

 

Lettera a Stefano Docimo all’inizio di un altro racconto

 

io Stefano...

io credo, a quanto vedo, di non sapere...

 

io non so se tu sai che io so che tu non sai

di avere le prove ora, là, là all’ombra del velo,

non al sole del vero, qua, del mondo iracondo,

 

qua tra la vanità, baciata dalla tanta idea, ma

scarsa di scarti verso le grinze, e dalla cuccagna

strapaesana degli ipotetici amori, così easy,

 

invece dove il sole non albeggia, non tinteggia

di rosa niente, né l’estro di uno che guarda una ginestra

la mente che si specchia e da sola trova la parola.

 

tu possiedi le prove dell’appropriato poetare,

le prove prodotte, poeta, dal pensiero nel poetare

profondo del mondo, senza le pose del pensare easy.

 

tu ora lavori,

certo di produrre oggetti d’amore

tu ora vedi

cose nuove, da poeta osservatore

tu ora racconti,

ancora un racconto da poeta esploratore.

 

ricordi? quelle erano le premesse,

l’onda là sulla sponda la sua tersa

figura di dea, la natura dell’idea

spersa là tra le vele, il crudele gioco

delle parole al sole, quel poco

di fantasie che trapelavano e svelavano

un impasto fra inespresse utopie e casto

diniego d’uno sperso ego verso quel lontano

mare giano e le sue marinare promesse.

ricordi?

quelle, ora sai, erano solo le premesse...                                                         

 

 

gennaio 2015  





Stefano Docimo (1945-2014)





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