Maria
Teresa Docimo:
A STEFANO
Dolce carissimo fratello mio
Stefano
Stefano ora è libero
mi prendeva la mano e mi portava sotto al tavolo
e stavamo lì spaventati ad aspettare
che tornasse il sereno
mi faceva ridere quando
bambina ammalata a letto
faceva cenno di alzarmi
e portò a casa le novelle di Cechov
e i romanzi di Dostoevskij
e la filosofia di Ugo Spirito
che scandalo in famiglia e in parrocchia
mi difendeva dagli assalti educativi
alle mie prime scappatelle amorose
e mi dava sicurezza
lui era forte e capiva la libertà
Stefano una volta mi disse è inutile scappare
bisogna opporsi
Stefano l’oppositore
Di ogni convenzione
Di ogni menzogna
Di ogni potere
Con asfissiante coerenza,
io l’incoerente.
Stefano dei neologismi
E del linguaggio destrutturato
Lui il vero rivoluzionario
Stefano della rivoluzione.
Stefano con la barba dallo sguardo lucido
Mai duro
Semmai appassionato ma
Sufficientemente dotato dell’ironia
del distacco.
Stefano l’intelligente.
Ti chiamavo – Stefano –
con voce da bambina
e poi la vita.
Vite diverse
schermate
schernite
separate
vite di fratelli lontani i figli i lavori
ma a tratti vicini
lontani per pudore
vicini per consapevolezza
e per amore.
Stefano carissimo fratello
Stefano ora è libero
(31.12.2014)
***
Maria Jatosti, da Imperativo involontario, 1994:
Via
dei Riari 78
S ouvenir
d’obsoleti murales
T eoremi
frantumati in fatui test
E reditarie
perversioni, vecchie
F acce, falsi Raskolnikov
A rmati
di edonistica euforia
N ostalgie demenziali di
can-can
O rchestrate
a dovere. Spento il sogno
D una mitica sterile on the
road
O nanistico
viaggio a ritroso
C ontraddanza
mistificata ad hoc
I
mmaginari indotti, isteriliti
M ostruosi
feticci, nuovi golem
O ssessioni
mentali, gioco assurdo.
***
Marco Buzzi Maresca:
A Stefano Docimo
Lo
conoscevo forse poco forse
per
niente
Incontri
nel tempo occasionalmente
Sorridente accogliente semplice
come
chi è complesso, ‘asfodelo irreale
di
lembi di terre di disabitate primavere’.
Decentrato,
incentrato, post ideologico
la
morte lo ha cercato
tra
le parole
senza
trovarlo.
‘Autunno
plenilunare:
una
luna in forma smagliante con Venere brillante
sulla
rotta astrale
che
si contrappone al sole.
d’autunno
sulla volta inchiostrata:
plaudente
plenilunio plumbeo nella placenta materna in corto circuito.’
Incisa
la sua mancanza
senza
possibili cancellature
la
morte s’aggira estranea
e
non sa che fare
Spersa nel marasmatico
poematico
strabordare
s’è
dovuta accontentare
di
brandelli di carne.
(12.1.2015)
***
Alberto Giacchetti:
Calze
rosse
Ci
vuole coraggio ad indossare calze rosse
e
ce ne vuole per addentrarsi nel Dedalo
degli
interrogativi e lasciar
col
sorriso d’attore francese
e
gli occhi sinceri
credere
si voglia giocare
Ci
vuole coraggio ad indossare calze rosse
e
ce ne vuole per lasciare come un ragazzo
che
un sogno d’una vita più vita ci guidi
Senza
timore
d’avvicinarsi
coevi ai propri figli
senza
arretrare
davanti
ai son tutti uguale
dissimulando
con grande eleganza
una
sobria ragione
Per
Stefano
5
gennaio 2015
***
Alberto
Scarponi:
Lettera a Stefano Docimo
all’inizio di un altro racconto
io Stefano...
io
credo, a quanto vedo, di non sapere...
io
non so se tu sai che io so che tu non sai
di
avere le prove ora, là, là all’ombra del velo,
non
al sole del vero, qua, del mondo iracondo,
qua
tra la vanità, baciata dalla tanta idea, ma
scarsa
di scarti verso le grinze, e dalla cuccagna
strapaesana
degli ipotetici amori, così easy,
là
invece dove il sole non albeggia, non tinteggia
di
rosa niente, né l’estro di uno che guarda una ginestra
né
la mente che si specchia e da sola trova la parola.
là
tu possiedi le prove dell’appropriato poetare,
le
prove prodotte, poeta, dal pensiero nel poetare
profondo
del mondo, senza le pose del pensare easy.
là
tu ora lavori,
certo di produrre
oggetti d’amore
là
tu ora vedi
cose nuove, da poeta
osservatore
là
tu ora racconti,
ancora
un racconto da poeta esploratore.
ricordi?
quelle erano le premesse,
l’onda
là sulla sponda la sua tersa
figura
di dea, la natura dell’idea
spersa
là tra le vele, il crudele gioco
delle
parole al sole, quel poco
di
fantasie che trapelavano e svelavano
un
impasto fra inespresse utopie e casto
diniego
d’uno sperso ego verso quel lontano
mare
giano e le sue marinare promesse.
ricordi?
quelle,
ora sai, erano solo le premesse...
gennaio 2015
|
Stefano Docimo (1945-2014)
|
Scarica in formato pdf
|