da
L’anima aggiunta (Seam
Edizioni, 2014 pp. 128, € 10.00)
Estratto
dalla Prefazione di Beppe Costa:
Se
Gregory Corso invitava, durante il festival di Castelporziano del ’79, a
scrivere e leggere poesie ‒ ché leggere fa bene intanto a se stessi ‒,
da quell’evento c’è stata, da un lato la dissacrazione del poeta intrappolato
nella sua oscura realtà e nelle sue idiosincrasie, e dall’altro, un fluire di
poeti da dopocena, dessert al bar o altrettanto anonime manifestazioni di
piazza.
Un
funerale per la poesia e per i poeti? In un certo senso sì, finiva la figura
storica e retorica (già da qualche anno quasi scomparsa) e come urlava a quel
tempo Dario Bellezza dal palco, inseguito dai fischi di giovinette in costumi
da bagno: “fate qualche applauso, se non mi applaudite non leggo più” perché,
spiegava, “i poeti vanno incoraggiati e vanno soprattutto applauditi anche se
le loro poesie non vi piacciono”.
Già i poeti andavano incoraggiati e applauditi, oggi
forse un po’ meno. Il rischio
che diventino tutti carta al macero è sintomatico e dimostrato dalla stampa di una
editoria (definita minore, ma unica in attività seria) con oltre
65.000 volumi di versi editi
nel 2012.
Esistono quindi persone che scrivono (e fa bene alla
salute – propria
‒) e Poeti.
E i Poeti, si sa, ancor più oggi cercano amanti coi
quali condividere questo
sogno della parola che tutto comprende, dalla musica all’immagine, al colore,
fino a conquistare e scoprire l’anima. Ed è a quell’anima che Stefano Iori fa riferimento,
cercando da tempo nel mondo
dei poeti e nella poesia che ama e lo circonda, fino a scavare dentro di sé le
ragioni dell’essere ed essenzialmente le ‘sue’ ragioni dello
scrivere.
Attento all’uso della parola l’Autore consegna a noi
e a sé, un ponte fra la
poesia classica ed emozioni più che mai attuali.
Alcune brevi righe di solo 13 parole sono la sintesi
di ciò
che intendo:
Per gemme di risa
“Nessun travaglio
Commiato felice
Preludio radioso
Per gemme di risa
si arriva a domani”
[…]
Con l’Infinito di Iori chiudo questa breve
introduzione, ribadendo quanto sia indispensabile nella poesia un
testo che a ogni lettura ti
fa scoprire qualcosa non notata prima che si incontra e unisce a qualcosa di comune a
tutti. Poeti e non.
Infinito
Bacio e carezzo l’infinito,
lavoro d’ago a cucire galassie
che sfumano in seta di luna
Nel tempo invincibile
***
Nel ghetto, al terzo Piano di una via stretta
‒
versione rivista da ‘Sottopelle’ – 2013
La mia casa al terzo piano
si affaccia su di una via
che sarebbe stretta
in qualsiasi vera città,
ma qui pensano sia largo
quel nastro antico
di ciottoli sconnessi
Dalla strada ogni rumore,
anche il più minuto,
salendo lesto alla finestra,
si amplifica ad ogni metro
fino a raggiungermi
in veste di rombo o tuono
Ma se urlo dal balcone,
chiamando l’amico che passa,
questi non sente e tira dritto
Orecchio turbato,
afona parola,
fastidioso risultato
dell’acustica beffarda
Inutile frastuono,
vana parola
Basta poco
per soffrire impotente
Nell’isola sospesa
non si prende e non si dà
Profumo di Pulito
Non resta che smaltire
la polvere dell’odio
e infine ritirarsi
in orti da curare,
ben vigili nel fare,
attenti ad ascoltare
Pulito dalla lotta
forse vinta, forse persa
Pulito dalla storia
mutata in fiaba
da sogni gentili
Non più adombrato
da ottusa boria
Buono sapore
Bello colore
Persino il rimpianto
mi lascia con garbo
Profumo di pulito
Parole in croce
Ricordo
Rancore
Che te ne fai
di queste parole,
messe in croce
sulla nuda fronte?
Fammi pensare
Sembran venire
da un unico seme
E senza la prima
la seconda svanisce
Altro non mi sovviene
Il tino dei miracoli
“Non dovuto”,
fulgore d’imprevisto,
vai lasciato fermentare,
fintanto da addolcirti,
come acino nel tino
Via così l’amaro del consueto,
le lacrime del caso,
insipide all’eccesso
“Non dovuto”
colto al volo,
abbracciato per gioire
in santa trasparenza,
nel codice nuovo
del miracolo sperato
Singolare Perfetto
“Io” perduto,
dissipato
in frammenti
e connessioni
Il recinto è cancellato
Il confine si dissolve
Ed è gioia e vita piena
Desiderio che si infila
nelle pieghe del racconto,
ch’è celato nell’ascolto
Niente “io”
Non il mio
Singolare compiacenza
che dà frutti
a voce d’altri
E li bevo senza sete,
senza rito e senza regno
Il rogo necessario
Essere ardenti,
bruciare al fuoco dell’altare,
offrire l’ego in sacrificio
S’avvicina così l’animale al Divino
Chi divampa con acuto crepitìo
e chi sfuma in docile sordina
L’importante è andare in fiamme
Per poi poter volare