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di Sarah Panatta
Chi
è chi? Una bella statuina sale sui tacchi alti, ma solo in salotto. Lacca le
unghie e rasa la barba, con mano incauta, frettolosa. Come la scusa della
infante piangente da attaccare al suo seno fittizio. L'altra bella statuina si
inamida nel matrimonio, consumata da una passione non omologabile. Sorriso
nostalgico e cuore in affitto per insostituibile relazione. Chi è chi? Abiti
vecchi e nuovi dell'amore. Tris di "donne" per un mistero senza
misteri, caldo di bisogni taciuti ben oltre i pruriti sottoveste.
Sposa
cadavere in bara nuziale, amica sororale e simbolo di femminilità, si spegne
calando nell'indelebile ma riciclabile humus del ricordo. L'altra, quella dalle
trecce ribelli, androgina e schiva, schiude un uscio che aveva deciso di
desiderare a metà. Un giovane vedovo risorge a "diverse" (divergenti?)
latitudini, ri-conoscimento identitario al di sopra e al di sotto della
cintola.
La
ragione e il sentimento tra coma e risvegli, battesimi, tra anestesia sociale e
ipocrisia individuale. Chi è Chi. Chi sceglie, spera, immagina, nega di essere.
Danza implacabile dei ruoli e febbre dell'Io che sa di volere ma non sa che
cosa volere o meglio come chiedere. François Ozon eclettico autore di un
melodramma personalissimo, già trans-genere con, tra gli altri, Swimming
pool (2003), Cinqueperdue (2004), Potiche (2010), torna a
ri-prodursi quale schematico, cinefilo speleologo delle ambiguità, in questo
caso psicologico-sessuali, dell'umanità. Incuneandosi in circostanze dense di
varia "normalità".
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Una scena di Una nuova amica (2014)
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Una
nuova amica[1], è un dramma francese d'interni/inferni borghesi – collaudati da bon
ton negazionista –, dall'ambientazione
eterea ma geometrica, architettura visivo-sensoriale di rivelazioni postume e
gioco dei "doppi". Tra stanze da letto, tende, armadi e irrinunciabili
specchi. Il regista François Ozon e la "partita" del sesso. Ozon non
politicizza il sesso, tanto la pratica quanto la genetica, ma ne perlustra le
involuzioni, implicazioni, e trasformazioni intime e familiari, e narra, tra
noir autoptico, hitchcockiana subliminale tensione e improvvisi colpi di luce
almodovariani, già annidati o premoniti dai cromatismi algidamente pop della
scenografia, una storia d'affetti/effetti incrociati. Stilizzato e
deliberatamente fiabesco, semplificatore.
Scopre
con lo spettatore la trans-sessualità, denudando e rivestendo i suoi
personaggi, e al contempo snocciola sotto multiple spoglie le sottili, non
dette, impreviste regole dell'attrazione reciproca. Ne vuole mostrare
l'ineluttabile stratificazione e idiosincratica compresenza.
Laura
e Claire, la bionda ammirata e la rossa possessiva, amiche di sangue, insieme
dalle altalene alla sedia a rotelle, si pettinano a vicenda, si spalleggiano a
scuola come in discoteca, una protagonista corteggiata, l'altra complice metà
in disparte, nell'angolo apparentemente cieco. Dopo la morte prematura di
Laura, Claire, privata del rapporto simbiotico con la sua compagna di
formazione, inizia riluttante a prendersi cura del vedovo di Laura, David, e
della loro neonata Silvie. E presto, al ritorno dalla solita corsa per smaltire
o cullare la depressione della mancanza, entrando per istinto in casa di David,
ne smaga il segreto inatteso. David (un fulgido Romain Duris), ama abbigliarsi
da donna e ha ritrovato, dopo il lutto, il proprio represso istinto
"verso" la femminilità, imbellettandosi da "trans", Claire respinge inizialmente la presunta
"perversione" di David (l'una "nuova amica" dell'altro/a),
ricomponendo il puzzle del proprio sé ambivalente, Claire vive brivido e terrore, passione senza
direzione. Mentre David, che si guarda negli occhi degli altri attraverso la
relazione libera eppure clandestina con Claire, si trasforma in Virginie e si
innamora del proprio Io rigenerato, fanciullesco e pronto a ricostruirsi, anche
Claire, seppur sposata, rigida all'eversione di David/Virginie, si innamora,
immergendosi progressivamente in questa nuova ibrida figura. Ma, chi ama chi?
Se l'etero/omosessualità fosse una circoscrizione o meglio costrizione
sociologica utile solo alla politica e all'industria, più che alle relazioni
reciproche? Gelosia, strazio, orgoglio, voglia di esclusività, rifiuto,
rinascita.
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Romain Duris in Un nuova amica
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Con
o senza trucco e protesi, o meglio dietro e dentro quelle maschere-appendici,
"siamo". Respirando e toccando
la pelle dell'altro, qualunque sia la sua forma e "tendenza",
cerchiamo, diventiamo, mutiamo, ogni volta. Ozon urla nelle immagini e sussurra
nei gesti cadenzati, nelle voci vibranti e morbide. E si/ci spinge a guardarci
al di là di quella biancheria e di quelle stoffe cangianti, ostentate
barricate. Lo fa riciclandosi con uno stile asciutto e latamente provocatorio,
con la chirurgica dolcezza del suo Una nuova amica (molto più esplicito,
quanto del resto l'autore, il titolo internazionale The New Girlfriend,
che sfrutta la scomponibilità di generi e de-genere del sostantivo
"amica") qui anche sceneggiatore e comparsa, con un cameo gigione
"mano lunga" nella sala cinematografica del centro commerciale che
ospita il primo coming out pubblico di David-in-Virginie. Distribuito dal 19
marzo in 50 copie, Una nuova amica è stato lanciato in occasione della
"Festa del Papà", fuori ogni conformismo e sfruttando perfettamente
il contrasto impudico con la tradizionalità dei ruoli imposta da simili
celebrazioni.
Lirica
e mercato possibile della ribell-azione sessuale, secondo François Ozon.
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Il regista francese François Ozon
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[1] Regia François Ozon. Con Romain Duris, Anais
Demoustier, Raphaël Personazz, Isild Le Besco, Aurore Clément, Jean-Claude
Bolle Reddat, Bruno Perard, Claudine Chatel, Anita Gillier, Alex Fondja, Zita
Hanrot. Scritto da François Ozon. Sceneggiatura originale Philippe Rombi.
Liberamente tratto da The New Girlfriend di Ruth Rendell. Direttore
della fotografia Pascal Marti. Montaggio Laure Gardette. Scenografie Michel
Barthelemy. Costumi Pascaline Chavanne. Prodotto da Eric e Nicolas Altmayer.
Francia 2014. Durata107'. Uscita 19 marzo 2015. Distribuito da Officine Ubu.
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