di Massimo Mori
Ci sono almeno
tre grandi personaggi del Novecento, ‘secolo breve’ che – nel bene e nel male –
pare fino a oggi non finire con le sue formidabili vicende storiche artistiche
letterarie filosofiche scientifiche. Nella scia di questa infinitezza, la
sinistra internazionale ha cercato con varie motivazioni di sottrarre all’area
del pensiero fascista e nazionalsocialista tre grandi figure della letteratura
come Pound, Heidegger e Céline.
Il secondo di
questi, pur nel fascino del suo pensiero ora lucido, ora, a volte, allucinato, esprime
un dettato filosofico-politico che, senza nessuna plausibile attenuante, è di
area nazifascista. Ciò, se ce n’era bisogno, è ancor più dimostrato dai suoi Quaderni Neri di recente pubblicazione.
Gli altri due,
soprattutto Céline che diversamente da Pound non ha certo fatto del proselitismo radiofonico,
appartengono all’area della grande letteratura assunta sotto qualsivoglia
bandiera e sotto nessuna bandiera.
Se ipotizzo liberamente
che Céline ne issasse una, penso ad uno straccio agitato
insieme alla povera gente, alla benda che ha avvolto una ferita, ad una lettera
dal fronte che nessuno ha mai letto. Penso, infine, a ciò che Céline ha scritto nel Voyage au bout de la nuit: “… che
non se ne parli più”.
Ma con merito e
per fortuna, ancora ne parla Stefano Lanuzza nel suo
libro Céline della libertà. Vita, lingua e stile di un “maledetto” (Roma-Viterbo,
Stampa Alternativa, 2015, pp. 160, € 14,00),
ultimo di una prestigiosa opera saggistica, stesa dall’autore
negli anni in una trentina di volumi. Questo scrittore siciliano che da molti
anni vive a Firenze ha costellato la sua produzione di libri che hanno conseguito
un notevole successo critico: tra essi Vita
da Dandy, cui nel 2000 venne assegnato il Premio Internazionale Feronia per
la Critica militante; L’arte del diavolo,
Gli erranti, I sognAutori, Bestia
sapiens, Irregolari. Autori tra
Firenze e l’Europa, una storia della letteratura italiana, Dante e gli altri (Premio
Francesco Flora 2002 per la saggistica); una Storia della lingua italiana, ecc. Inoltre si è particolarmente
interessato all’opera di Savinio e di Stefano D’Arrigo
e, nel febbraio del 2015, è stato invitato a Berlino per un Convegno sulla traduzione tedesca,
ad opera di Moshe Kahn, del romanzo darrighiano Horcynus Orca su cui, nel 1985, Lanuzza ha pubblicato lo studio Scill’e Cariddi.
Céline (1894-1961)
Il nuovo libro
qui in esame libera definitivamente Céline da pregiudiziali
ipoteche ideologiche e lo consegna intatto alla grandezza delle sue opere.
Queste vengono ricondotte e valutate nell’ambito della
libera espressione che si è confrontata con i temi e le problematiche del
periodo storico dell’esistenza dello scrittore francese.
Il bel libro che
mi trovo tra le mani mostra già nella copertina il nucleo centrale di
un’illuminante rilettura dell’opera. Una rara fotografia ci mostra Céline nel cortile desolato della propria casa: lo si vede
dietro un cancello semiaperto mentre sta guardando fuori con cipiglio diffidente, come di un cane
che un giorno sia stato preso a calci, che non si fida e difende con
accanimento la propria solitudine, forse la propria grandezza. Soggetto non
riconducibile a nessun branco ideologico né politico, Céline
è vestito malamente: i calzoni sono tenuti su con una corda e sulle spalle ha un
giubbotto malconcio. L’espressione del suo viso, soprattutto, è una pagina
scritta.
Coerentemente il titolo del libro è
Céline della libertà, e assieme alla fotografia
attesta come Stefano Lanuzza sia attualmente il più
attento ed acuto lettore della vita,
della lingua e dello stile di un “maledetto”, come recita il sottotitolo
del volume. Del resto Lanuzza ha al suo attivo il
precedente testo Maledetto Céline. Un manuale del caos (2010), sempre pubblicato
con Stampa Alternativa, oltre alla traduzione dal francese dell’edizione
italiana, con la stessa Casa editrice, di Céline in camicia bruna di Hans-Erich Kaminski;
che in questo suo libro del 1938 scrive: “Sono stato un grande ammiratore di Céline e avrei amato restarlo [… ].
Per quanto grande scrittore possa essere, lui non riesce a liberarsi delle sue
angosce: è ammalato del nostro tempo […]. Probabilmente più talento si ha più
si è tormentati da quest’epoca in cui crolla ogni cosa”.
Ecco: un merito
di Lanuzza è di mettere in primo piano il talento del
grande scrittore, la qualità della sua opera più che la natura della sua malattia
che altro non fu se non malattia dell’arte: preferibile alla falsa salute dell’ideologia.
Céline maledetto/benedetto per la sua natura primariamente
anarchica e antimilitarista. Mentre il suo pure malfamato libello antisemita, Bagatelle per un massacro, altro non è
che un libro di satira.
Isabel Horn, in una nota a Céline della libertà,
ha già messo in risalto il contenuto godibile, imperdibile ed intelligente di
questo libro editato da Stampa Alternativa che illumina la qualità della
scrittura audace di Céline togliendolo da ogni
disputa ideologica: “con buona pace di ogni ‘destra’ e ogni ‘sinistra’”… Aggiunge Marina Alberghini,
tra gli studiosi più attenti al percorso céliniano: “Céline della libertà è un libro che dovrebbe
servire a tutti da apripista per addentrarsi nello sterminato universo dello
scrittore francese. Lanuzza mette a punto anche il Céline comunista, quale fu sempre seppure deluso dal
comunismo applicato ovunque, una cosa che l’estrema destra, che si appropria di
Céline, non ha ancora capito, anche se Céline parla chiaro e agisce altrettanto. Dunque ben venga
questa nuova stella nel firmamento céliniano!”
Il libro di
Stefano Lanuzza, dopo una “premessa” (Conoscenza di Céline), considera dapprima i due capolavori, Voyage au bout de la nuit e Mort à crédit;
con, a seguire, i ‘Balletti’ antisemiti,
Un antisemita de plume,
Trilogia del Nord e neofuturismo e Céline, frammenti di vita, storia, letteratura (dove
‘tutto c’entra con tutto’).
Senza togliere
nulla dell’interesse complessivo suscitato da ogni capitolo del libro, sono da
metterne in risalto diversi aspetti del percorso céliniano
che Lanuzza pone in evidenza ed affronta in
profondità: la valenza filosofica dello scrittore francese, il riportarne il
dichiarato antisemitismo ad un esercizio de
plume, la scrittura neofuturista e la tranche de vie ‘dove tutto che c’entra
con tutto’.
Sugli ultimi due
inediti aspetti intendo soffermarmi. Il primo di questi descrive la scrittura
monocentrica rivelante un’oralità parafuturista
trasposta nella scrittura. Scrive Lanuzza: “…
locuzioni a brani, interiezioni che spezzano e disarticolano la frase, proliferanti parole
in libertà e periodi smembrati in rutilanti suoni-frastuoni”. E ancora: “rimbombi bellici del futurismo
guerresco e del combattimento aereo (‘aeropoesia’)”.
C’è in Céline un “metafuturista
chissà se inconsapevole”?…
Vengono infine messe in evidenza certe tipologie sonore futuriste: “bruio!, vlang!, piutt!, bang!, brrrrrr!, tac! tac! tac!…”.
È sorprendente
questa attenzione dell’autore, non nel senso, ovviamente, di attribuire un’adesione
di Céline al movimento futurista ed ancor meno al marinettismo, quanto nel mettere in evidenza dal punto di
vista letterario e scritturale elementi di libertà espressiva fonografica di forte valore espressivo:
una sorta di anarcoscrittura della libertà.
Così, senza
appartenenza, la scrittura futurista degli ultimi romanzi céliniani
si dispiega in una libera quanto consapevole e tutta personale sperimentazione
letteraria. Viene allora alla mente il
Canto notturno del pesce di Christian Morgenstern,
indicato come esempio di composizione protofuturista: una vera e propria
partitura.
L’altro aspetto
che intendo evidenziare riguarda l’ultimo capitolo, Céline, frammenti di vita, storia, letteratura (dove ‘tutto c’entra con
tutto’), dove si mostra in modo
divertente ed intrigante come, nei grandi esempi di scrittori, vita, persona,
personalità ed opere costituiscano un tutto inscindibile...
Il divenire di Céline attraversa l’utopia comunista, l’antisemitismo,
l’anarchia, la professione di medico dei poveri, l’antimilitarismo, e tutto questo
rifuso in un’impareggiabile scrittura. Grazie a questo saggio di Stefano Lanuzza, la scena di variazione, correzione, mutamento e
diversità di Céline viene restituita alla libertà
piena di un’espressione letteraria del più alto livello.