LETTERATURE MONDO
STEFANO LANUZZA
“Céline della libertà”:
un’illuminante rilettura
del grande e controverso
scrittore francese

      
Il saggio dello studioso siciliano, pubblicato da Stampa Alternativa con il sottotitolo “Vita, lingua e stile di un ‘maledetto’”, si propone innanzitutto di mettere in primo piano il fulgido talento dell’autore di “Voyage au bout de la nuit” e “Mort à crédit”, e di analizzare la qualità della sua opera più che la natura delle sue contraddizioni politico-culturali. Viene tra l’altro sottolineato lo slancio di una scrittura monocentrica rivelante un’oralità parafuturista trasposta sulla pagina; e l’impasto in divenire di una esistenza che attraversa l’utopia comunista, l’antisemitismo, l’anarchia, la professione di medico dei poveri, l’antimilitarismo.
      




   

 

 

di Massimo Mori

 

 

Ci sono almeno tre grandi personaggi del Novecento, ‘secolo breve’ che – nel bene e nel male – pare fino a oggi non finire con le sue formidabili vicende storiche artistiche letterarie filosofiche scientifiche. Nella scia di questa infinitezza, la sinistra internazionale ha cercato con varie motivazioni di sottrarre all’area del pensiero fascista e nazionalsocialista tre grandi figure della letteratura come Pound, Heidegger e Céline.

Il secondo di questi, pur nel fascino del suo pensiero ora lucido, ora, a volte, allucinato, esprime un dettato filosofico-politico che, senza nessuna plausibile attenuante, è di area nazifascista. Ciò, se ce n’era bisogno, è ancor più dimostrato dai suoi Quaderni Neri di recente pubblicazione.

Gli altri due, soprattutto Céline che diversamente da Pound non ha certo fatto del proselitismo radiofonico, appartengono all’area della grande letteratura assunta sotto qualsivoglia bandiera e sotto nessuna bandiera.

Se  ipotizzo liberamente che Céline ne issasse una, penso ad uno straccio agitato insieme alla povera gente, alla benda che ha avvolto una ferita, ad una lettera dal fronte che nessuno ha mai letto. Penso, infine, a ciò che Céline ha scritto nel Voyage au bout de la nuit: “… che non se ne parli più”.

Ma con merito e per fortuna, ancora ne parla Stefano Lanuzza nel suo libro Céline della libertà. Vita, lingua e stile di un “maledetto” (Roma-Viterbo, Stampa Alternativa, 2015, pp. 160, € 14,00), ultimo di una prestigiosa opera saggistica, stesa dall’autore negli anni in una trentina di volumi. Questo scrittore siciliano che da molti anni vive a Firenze ha costellato la sua produzione di libri che hanno conseguito un notevole successo critico: tra essi Vita da Dandy, cui nel 2000 venne assegnato il Premio Internazionale Feronia per la Critica militante; L’arte del diavolo, Gli erranti, I sognAutori, Bestia sapiens, Irregolari. Autori tra Firenze e l’Europa, una storia della letteratura italiana, Dante e gli altri  (Premio Francesco Flora 2002 per la saggistica); una Storia della lingua italiana, ecc. Inoltre si è particolarmente interessato all’opera di Savinio e di Stefano D’Arrigo e, nel febbraio del 2015, è stato invitato a Berlino per  un Convegno sulla traduzione tedesca, ad opera di Moshe Kahn, del romanzo darrighiano Horcynus Orca su cui, nel 1985, Lanuzza ha pubblicato lo studio Scill’e Cariddi.

 

 

 

Céline (1894-1961)

 

 

Il nuovo libro qui in esame libera definitivamente Céline da pregiudiziali ipoteche ideologiche e lo consegna intatto alla grandezza delle sue opere. Queste vengono  ricondotte e valutate nell’ambito della libera espressione che si è confrontata con i temi e le problematiche del periodo storico dell’esistenza dello scrittore francese.

Il bel libro che mi trovo tra le mani mostra già nella copertina il nucleo centrale di un’illuminante rilettura dell’opera. Una rara fotografia ci mostra Céline nel cortile desolato della propria casa: lo si vede dietro un cancello semiaperto mentre sta guardando fuori con  cipiglio diffidente, come di un cane che un giorno sia stato preso a calci, che non si fida e difende con accanimento la propria solitudine, forse la propria grandezza. Soggetto non riconducibile a nessun branco ideologico né politico, Céline è vestito malamente: i calzoni sono tenuti su con una corda e sulle spalle ha un giubbotto malconcio. L’espressione del suo viso, soprattutto, è una pagina scritta.

Coerentemente il  titolo del libro è Céline della libertà, e assieme alla fotografia attesta come Stefano Lanuzza sia attualmente il più attento ed acuto lettore della vita, della lingua e dello stile di un “maledetto”, come recita il sottotitolo del volume. Del resto Lanuzza ha al suo attivo il precedente testo Maledetto Céline. Un manuale del caos (2010), sempre pubblicato con Stampa Alternativa, oltre alla traduzione dal francese dell’edizione italiana, con la stessa Casa editrice, di Céline in camicia bruna di Hans-Erich Kaminski; che in questo suo libro del 1938 scrive: “Sono stato un grande ammiratore di Céline e avrei amato restarlo [… ]. Per quanto grande scrittore possa essere, lui non riesce a liberarsi delle sue angosce: è ammalato del nostro tempo […]. Probabilmente più talento si ha più si è tormentati da quest’epoca in cui crolla ogni cosa”.

Ecco: un merito di Lanuzza è di mettere in primo piano il talento del grande scrittore, la qualità della sua opera più che la natura della sua malattia che altro non fu se non malattia dell’arte: preferibile alla falsa salute dell’ideologia.  

Céline maledetto/benedetto per la sua natura primariamente anarchica e antimilitarista. Mentre il suo pure malfamato libello antisemita, Bagatelle per un massacro, altro non è che un libro di satira.

 

Isabel Horn, in una nota a Céline della libertà, ha già messo in risalto il contenuto godibile, imperdibile ed intelligente di questo libro editato da Stampa Alternativa che illumina la qualità della scrittura audace di Céline togliendolo da ogni disputa ideologica: “con buona pace di ogni ‘destra’ e ogni ‘sinistra’”Aggiunge Marina Alberghini, tra gli studiosi più attenti al percorso céliniano: “Céline della libertà è un libro che dovrebbe servire a tutti da apripista per addentrarsi nello sterminato universo dello scrittore francese. Lanuzza mette a punto anche il Céline comunista, quale fu sempre seppure deluso dal comunismo applicato ovunque, una cosa che l’estrema destra, che si appropria di Céline, non ha ancora capito, anche se Céline parla chiaro e agisce altrettanto. Dunque ben venga questa nuova stella nel firmamento céliniano!”





Il libro di Stefano Lanuzza, dopo una “premessa” (Conoscenza di Céline), considera dapprima i due capolavori, Voyage au bout de la nuit e Mort à crédit; con, a seguire, i ‘Balletti’ antisemiti, Un antisemita de plume, Trilogia del Nord e neofuturismo e Céline, frammenti di vita, storia, letteratura (dove ‘tutto c’entra con tutto’).

Senza togliere nulla dell’interesse complessivo suscitato da ogni capitolo del libro, sono da metterne in risalto diversi aspetti del percorso céliniano che Lanuzza pone in evidenza ed affronta in profondità: la valenza filosofica dello scrittore francese, il riportarne il dichiarato antisemitismo ad un esercizio de plume, la scrittura neofuturista e la tranche de vie ‘dove tutto che c’entra con tutto’.

Sugli ultimi due inediti aspetti intendo soffermarmi. Il primo di questi descrive la scrittura monocentrica rivelante un’oralità parafuturista trasposta nella scrittura. Scrive Lanuzza: “… locuzioni a brani, interiezioni che spezzano e disarticolano la frase, proliferanti  parole in libertà e periodi smembrati in rutilanti suoni-frastuoni”. E ancora: “rimbombi bellici del futurismo guerresco e del combattimento aereo (‘aeropoesia’)”. C’è in Céline un “metafuturista chissà se inconsapevole”? Vengono infine messe in evidenza certe tipologie sonore futuriste: “bruio!, vlang!, piutt!, bang!, brrrrrr!, tac! tac! tac!…”.

È sorprendente questa attenzione dell’autore, non nel senso, ovviamente, di attribuire un’adesione di Céline al movimento futurista ed ancor meno al marinettismo, quanto nel mettere in evidenza dal punto di vista letterario e scritturale elementi di libertà espressiva fonografica di forte valore espressivo: una sorta di anarcoscrittura della libertà.

Così, senza appartenenza, la scrittura futurista degli ultimi romanzi céliniani si dispiega in una libera quanto consapevole e tutta personale sperimentazione letteraria. Viene allora alla mente il Canto notturno del pesce di Christian Morgenstern, indicato come esempio di composizione protofuturista: una vera e propria partitura.

L’altro aspetto che intendo evidenziare riguarda l’ultimo capitolo, Céline, frammenti di vita, storia, letteratura (dove ‘tutto c’entra con tutto’), dove si mostra in modo divertente ed intrigante come, nei grandi esempi di scrittori, vita, persona, personalità ed opere costituiscano un tutto inscindibile... 

Il divenire di Céline attraversa l’utopia comunista, l’antisemitismo, l’anarchia, la professione di medico dei poveri, l’antimilitarismo, e tutto questo rifuso in un’impareggiabile scrittura. Grazie a questo saggio di Stefano Lanuzza, la scena di variazione, correzione, mutamento e diversità di Céline viene restituita alla libertà piena di un’espressione letteraria del più alto livello.                                   

 

 




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