di Alessandro Ticozzi
“Trovo che
le sue domande possano essere ricondotte a un denominatore comune. Lei mi
domanda che cosa abbia spinto Milva a fare determinate scelte artistiche (una
buona parte, direi). Rispondere in maniera dettagliata a ciascuna questione
sarebbe ripetitivo.
Partirò
quindi da un presupposto: Milva ha cominciato la propria carriera con la
volontà chiara di scegliere canzoni che privilegiassero la melodia e
consentissero quindi di esaltare il timbro caldo e la potenza della sua voce.
Cantare Milord agli inizi voleva dire scegliere
brani intensi sul piano melodico e su quello dell'atmosfera.
La voce di
Milva, benché forse più potente, aveva in comune con quella di Edith Piaf la
vibrante carica emotiva e la drammaticità naturale. L’invito di Coquatrix all’Olympia è venuto da sé.
La chiave di
volta della carriera di Milva è stata però rappresentata dall’incontro con
Giorgio Strehler. Interpretare Brecht nella stagione 1966/67 rappresenta una
svolta nel suo modo di cantare. Attraverso l’insegnamento di Strehler e il suo
talento la sua voce trova nuove sonorità e diventa infinitamente flessibile. Il
coinvolgimento emotivo lascia spazio allo straniamento che Brecht stesso
richiede come regola ferrea del suo teatro. Il regista, poi, fonda la
cooperativa Teatro Azione e nel 1969 mette in scena la Cantata del mostro lusitano, e Milva è fra i protagonisti. Il testo
critica ferocemente la conquista dell’Angola da parte della dittatura
portoghese.
Milva
partecipa in quegli anni anche al recital Ma
cos’è questa crisi, sempre al Piccolo Teatro di Milano.
Insomma, a
questo punto, oltre al lavoro sulla voce che prende una nuova direzione, Milva
intraprende un percorso di studio e approfondimento di tipo ideologico e
culturale, avvicinandosi con convinzione alle istanze della sinistra, una
posizione che ha sempre tenuto ferma e mai nascosto per tutti questi anni, e
associando il suo nome a Bertolt Brecht e, in seguito, ad altri importanti
scrittori europei.
Quella che è
stata la sua storica casa discografica fino ai primi anni Novanta, la Ricordi,
le consente di affrontare e incidere un repertorio colto a patto che partecipi
ai vari Festival di Sanremo e continui una produzione di musica leggera.
È ovvio,
però, che a questo punto comincia anche una ricerca di musiche e di testi che
abbiano un valore anche sul piano del contenuto, pur nella musica leggera. La commedia
musicale rappresenta un’ennesima apertura sul teatro (oltre ad Angeli in Bandiera, abbiamo anche le
riduzioni televisive del 1971 di Un
mandarino per Teo e Un trapezio per Lisistrata, con il nuovo titolo Mai di sabato signora Lisistrata, sempre
di Garinei e Giovannini) che consente a Milva di sposare il genere della
commedia con la canzone.
Tutti i
generi di teatro musicale e non sono stati praticati da Milva, con l’obiettivo
di mettere a frutto talento, vocalità raffinatissima, potenzialità del mezzo di
comunicazione. Ecco la prosa (Lulu di
Wedekind, La
visita della vecchia signora
di Dürrematt, in lingua
tedesca...). Ecco l’operetta (Il
Pipistrello di Johann Strauss jr). E in quest’ottica, e nell’ottica della
ricerca della musica e dei testi colti, annoveriamo anche il teatro d’opera,
alla Scala, all’Opéra di Parigi e altrove con La Vera Storia di Berio, su libretto di
Calvino.
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Milva la 'rossa'
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Ricerca
musicale e attenzione al testo diventano quindi le cifre delle scelte
artistiche di Milva. Che si tratti di teatro o di musica leggera.
Theodorakis e Mikroutsikos sono compositori greci che lavorano su
testi di poeti politici e Theodorakis è stato a sua
volta un rifugiato durante la dittatura greca. Vangelis
si è sempre caratterizzato per la ricerca dei suoni e delle contaminazioni fra
generi (all’interno dell’album scritto per lei da Vangelis,
c’è un pezzo che cita l’habanera della Carmen
di Bizet e tutti i testi che accompagnano le musiche sono di grande
ricercatezza, pur se talvolta leggeri).
Quindi, come
dicevo all’inizio, anche queste scelte nascono da una visione coerente dell’essere
artista.
Potrei
aggiungere l’accostamento alla canzone d’autore italiana (l’album con Jannacci,
i pezzi di Paolo Conte, di Riccardo Cocciante, di Antonello Venditti) e non (un
album in Giappone con pezzi di Shinij Tanimura), la realizzazione di dischi interamente dedicati
a grandi compositori che hanno scritto anche appositamente per lei (Morricone,
Francis Lai), la ricerca storica di stampo discografico e teatrale di progetti
tematici forti (le Canzoni tra le due
guerre al Piccolo Teatro con la regia di Filippo Crivelli cui seguirà un
disco live, le canzoni di Robert Stoltz su disco e in teatro, ancora le canzoni di Edith
Piaf, con un disco in Italia e uno spettacolo in Giappone)...
Infine, come
scrivo a lungo nel mio libro, nella carriera di Milva è possibile rintracciare
un percorso legato all'opera di poeti e scrittori una parte dell’opera dei
quali è stata messa in musica. Da Brecht si arriva a Ferrer,
a Carrière, a Merini, a Faletti, a Sgalambro, a Maurensig con le
musiche di Weill, Eissler,
Piazzolla, Nuti, Battiato, Sivilotti.
Solo quando
ci si avvicina alla conclusione di una carriera è possibile tentare di definire
un percorso. All’inizio, un cantante può essere spinto da motivi contingenti a
scegliere la musica. Milva, ad esempio, semplicemente
aveva una voce straordinaria, viveva in un piccolo paese che non
offriva molte prospettive artistiche e comincia a cantare nelle balere della
bassa ferrarese per sostenere economicamente la famiglia.
Ora però
possiamo dire con certezza che la cifra del suo lavoro è stata quella della
ricerca su di sé e all’interno della cultura letteraria e musicale europea ed
extraeuropea.
La scelta
del teatro corrisponde alla volontà di diffondere le parole dei poeti e le
musiche dei grandi in maniera, come sostengo nel libro, autenticamente
popolare. Vicino alla gente, da parte di chi viene dal popolo.
Milva è
sempre stata un’artista unica in Italia proprio per il suo eclettismo, per la
ricerca continua, per la scelta del teatro, della qualità ad ogni costo, per la
scelta di argomenti scottanti e a volte scomodi, per la scelta di compositori
di eccellenza.
In questo
senso, il bilancio che si può trarre, come affermo nel libro, è quello di un’artista
che va oltre i confini della canzone e del teatro e che si fa portavoce di una
cultura universale”.
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Milva negli anni '60
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Chiudiamo
questo pezzo con il contributo di Cristiano Malgioglio:
“L’incontro con Milva è avvenuto perché frequentavo la casa discografica dove
incideva lei e siamo diventati subito amici: all’inizio non lavoravo con Milva,
ma mi sarebbe piaciuto molto fare delle canzoni con lei. Tra noi due nacque
subito un bellissimo feeling: è una
delle più grandi artiste italiane a livello internazionale, magica, magnifica,
grande interprete e attrice molto interessante e stupenda. Se dovessi dire
qualcosa su di lei, direi che forse ha tutti gli x factor possibili.
In studio di
registrazione è stata una bellissima collaborazione: lei non ha bisogno che
nessuno le insegni niente. È talmente professionale e grandiosa nella sua voce che
qualsiasi cosa avesse cantato per me sarebbe stato straordinario: è stato molto
emozionante quando le ho chiesto se poteva duettare con me in un disco dedicato
al mio amico Roberto Carlos, dove cantavo le sue canzoni e al quale avevano
partecipato tantissime altre interpreti. Quando Milva ha incominciato a cantare
con me, mi sentivo come un dilettante: mi emozionavo molto, non credevo neanche
a quello che stessi facendo.
Milva è una
donna che ha pensato molto al suo lavoro e si è sacrificata per esso: di lei
posso dire tutto il bene possibile. Come artista la ritengo la più grande, in
quanto è una donna completa”.
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