LUOGO COMUNE
PER STEFANO DOCIMO
“Nihil et omnia”



      

di Mario Lunetta

 

 

                                             Per Stefano Docimo, in memoriam

 

 

Quel giorno lì senza più ore congerie di minuti

contati con l’aria di un qualsiasi meriggio

illuminato male che a dirla tutta era solo l’imitazione

di una giornata totalmente spenta, un portofranco

irto di ostacoli invisibili – c’è proprio

da giurarlo – l’immortale sottoscritto

stretto a sandwich tra due lutti che lo divoravano

con denti di iena aveva dimenticato di esistere

procedendo a tentoni verso la camera ardente

di quella clinica-deposito di via della Mercede

per dare l’estremo saluto al suo amico

che per lui era stato Stevenson fin dall’inizio,

col quale tra gli Ottanta e i Novanta

del secolo scorso aveva allestito in complicità

con Franco Cavallo un Trio Lescano

mica tanto male di poesia e di joie de vivre…

 

Lui, Stevenson, disteso sul suo lettino da campo

dopo la sconfitta, era solo un pupazzo Lenci

magrissimo, corto come un bambino, piedi legati

con lo spago, manine bianche e gelide, testa

fasciata, in un silenzio più stretto di una morsa.

Lì, in quell’orrida “Saletta dei dolenti” (bellezza

inconsapevole della lingua funeraria), restarono soli

Stevenson ormai con la sua misteriosa anagrafe

di defunto, e l’immortale sottoscritto che ancora

si porta addosso i suoi sedici lustri inenarrabili,

per puntiglio o incoscienza.

 

Il vivo accarezzò le mani e la fronte dell’amico,

gli fece due domande alle quali quest’ultimo – forse

per un residuo di discrezione – preferì non rispondere,

eppure, si disse il primo, per anni (fino a poche

settimane fa) abbiamo parlato la stessa lingua, che

si può anche chiamare la lingua della consapevolezza

e dell’interrogazione senza speranza: rien d’autre.

 

Uscendo da quella tana semibuia l’immortale sottoscritto

al pari di un avocado svuotato della sua polpa

andava oscuramente farneticando

su quella risposta mancata del suo Stevenson

che ormai difficilmente avrà la ventura di incontrare

– e oggi ancora ci ricama sopra le più umoristiche

supposizioni ripetendosi tuttavia col vecchio Adorno

che al punto in cui siamo dentro la stupidità feroce

del mondo, il compito dell’arte è solo di introdurre caos

nell’ordine

– e il resto è pura vanità, pura mercificazione:                                         

                                                  nihil et omnia.

 

 

 

12 genn. 2014  

 

 

 

 




Scarica in formato pdf  


      
Sommario Luogo Comune

Il contatore dei visitatori Shiny Stat è attivo da dicembre 2006