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GRANDE STORIA
Edoardo Amaldi, un fisico contro l’arma atomica


      
Il libro di Lodovica Clavarino “Scienza e politica nell’era nucleare” ricostruisce la vita e la lunga attività di ricerca dell’eminente scienziato emiliano, uno dei ‘ragazzi di Via Panisperna’, il mitico gruppo che si era radunato negli anni Trenta attorno a Enrico Fermi. In particolare, l’autrice sottolinea la sua “scelta pacifista” con la decisione durante la seconda guerra mondiale di non andare negli Usa e di rimanere in Italia. Anche nel dopoguerra incessante fu il suo impegno a favore del disarmo della Bomba H e della distensione internazionale.
      



      

 

 

di Simona Cigliana 

 

La pubblicazione del volume di Lodovica Clavarino, Scienza e politica nell’era nucleare. La scelta pacifista di Edoardo Amaldi (Roma, Carocci Editore, nov. 2014, pp. 192, € 20,00), avviene in un periodo in cui è evidente il ravvivarsi dell’attenzione pubblica rispetto ai temi dell’equilibrio e del controllo degli armamenti nucleari, problemi collegati, ad esempio, alla delicata questione iraniana. Non solo, ma per pura casualità il libro di Lodovica Clavarino incrocia alla sua uscita nelle librerie le recenti testimonianze relative al presunto riconoscimento, in Venezuela, negli anni Cinquanta, di Ettore Majorana, uno dei “ragazzi di Via Panisperna”, scomparso misteriosamente nel 1938.

 

 

 

I Ragazzi di via Panisperna, da sinistra: Oscar D’Agostino, Emilio Segrè,

Edoardo Amaldi, Franco Rasetti ed Enrico Fermi

 

 

L’autrice – PhD in Storia delle Relazioni Internazionali, collabora con l’omonima cattedra dell’Università Roma Tre e con il Nuclear Proliferation International History Project – ricostruisce e approfondisce, con largo ricorso a fonti inedite, la biografia di Edoardo Amaldi (Carpineto Piacentino 1908 – Roma 1989), figura di primissimo piano nella ricerca italiana, europea e mondiale del Novecento. Il volume copre un arco temporale che va dalla seconda metà degli anni Venti  fino agli anni Novanta, ripercorrendo le vicende segnate, prima della Seconda guerra mondiale, dalle pulsioni degli emergenti e opposti totalitarismi e, dopo il conflitto, dal precario equilibrio del terrore che caratterizzò i decenni della Guerra fredda. Sullo sfondo di questi scenari, si svolsero la vita e l’impegno dello scienziato piacentino, contraddistinti da una molteplicità di rapporti e di iniziative che diedero lustro non solo alla sua persona, ma anche all’intera comunità scientifica italiana.

Nel campo della fisica, Amaldi diede contributi fondamentali, tra l’altro, allo studio della radiazione cosmica, alle ricerche sugli elementi subatomici della materia e sulle onde gravitazionali; contribuì in prima persona alla creazione dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), promuovendo la realizzazione del primo acceleratore di particelle in Italia (l’elettrosincrotrone di Frascati); fu tra i fondatori del Centro Europeo di Ricerche Nucleari (CERN) di Ginevra e dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA): istituzioni, tutte, presso le quali ricoprì incarichi di responsabilità e prestigio.

Quando entrò a far parte del Gruppo di via Panisperna, Amaldi era così giovane che i colleghi, sebbene di pochi anni soltanto più maturi, gli avevano attribuito l’affettuoso soprannome di  “Fanciulletto”. L’età non gli impedì tuttavia, nel 1934, di contribuire in modo sostanziale al fondamentale esperimento sui neutroni lenti, che diede l’avvio alle ricerche sulla fissione del nucleo atomico – né di trovarsi due anni più tardi da solo, insieme a Enrico Fermi, a portare avanti quel pionieristico lavoro di studio, emigrati ormai all’estero la maggior parte dei “ragazzi” per l’incupirsi dell’atmosfera politica in Italia e nel mondo. 

Non c’erano infatti incertezze di parte, tra i componenti della squadra: antifascisti da sempre, erano rimasti tutti sgomenti all’annuncio dei primi provvedimenti antiebraici, che minacciavano direttamente alcuni di loro. Ettore Majorana, che si stava dimostrando un vero genio della fisica teorica, si era nel frattempo allontanato in un suo ritroso isolamento già a partire dal 1933. Nel ’35, Franco Rasetti, trovando impossibile vivere sotto una tirannia che giudicava  stupida e incivile, aveva iniziato a cercare possibilità di impiego all’estero: trascorse un anno negli Stati Uniti, poi, dopo un breve rientro in Italia, emigrò in Canada; si trasferì quindi negli USA – ma rifiutò di lasciarsi coinvolgere in progetti militari: ritornò anzi ai suoi interessi naturalistici e prese  ad insegnare botanica, geologia e paleontologia, sino a diventare uno degli studiosi più autorevoli dell’era geologica del Cambriano.

Anche Emilio Segrè era diventato americano: sorpreso dalle leggi razziali mentre si trovava a Berkeley, per una conferenza internazionale, non era più rientrato. Bruno Pontecorvo, invece, ebreo come Segrè, già nel ’36 aveva lasciato l’Italia per Parigi, e aveva  cominciato a collaborare con il prestigioso laboratorio di Frédéric Joliot-Curie, fisico appartenente all’ambiente della sinistra comunista militante; dalla Francia, nell’agosto del ’40, fuggirà in America, prima negli Stati Uniti poi in Canada; ma, probabilmente, a causa delle sue idee comuniste, non parteciperà  al programma di costruzione dell’atomica; emigrato in Gran Bretagna nel dopoguerra, si volatilizzò all'improvviso nel 1950, durante una vacanza in Italia, così che per qualche tempo si credette che anche lui, come Majorana, fosse scomparso nel nulla: ma riapparve a Mosca, cinque anni più tardi, nel corso di una conferenza stampa nella quale spiegò al mondo i motivi che lo avevano spinto a trasferirsi in Unione Sovietica e a firmarsi da allora con il nome di Bruno Maksimovič Pontekorvo.

Quanto ad Enrico Fermi, si trovava in Italia, sotto il regime, nella scomoda posizione di un  sorvegliato speciale: oltre a dirigere una équipe che annoverava scienziati di origini ebraiche, aveva infatti sposato nel ’28 una ragazza ebrea. Era perciò oggetto di attacchi stampa talvolta, sembra, anche pedinato. Nel ’38, quando vinse il Premio Nobel per la Fisica, Fermi riuscì però ad attuare la fuga che aveva in mente da tempo: dovendosi recare a Stoccolma per la cerimonia, decise di cogliere al volo l’occasione per dileguarsi con tutta la famiglia. Dalla Svezia, si spostò a Copenaghen e qualche mese dopo varcò definitivamente l’Atlantico.

 

 

Scienza e politica nell'era nucleare

 

 

Pure Amaldi prese seriamente in considerazione l’ipotesi di trasferirsi negli Stati Uniti, soprattutto quando, durante un viaggio di studio ufficiale a Washington nell’estate del 1939, sembrò offrirglisi una concreta possibilità. Non diede seguito al proposito per molti motivi – ma soprattutto perché alla moglie e ai figli era stato negato il visto per l’espatrio. Gli era divenuto però anche molto chiaro, dopo gli incontri fatti in America (con i colleghi Robert Oppenheimer, statunitense, e Werner Heisenberg, tedesco) che di lì a poco i diversi membri della comunità scientifica avrebbero dovuto abbandonare l’utopia di una collaborazione sovranazionale e accettare, volenti o nolenti, di cooperare ciascuno con il proprio governo per cercare di realizzare  armi sempre più distruttive. 

Decidendo di far ritorno in Italia, Amaldi si assunse il compito di riunire e coordinare il lavoro di quei ricercatori che erano rimasti nonostante la massiccia fuga di cervelli causata dalle politiche fasciste. Le responsabilità erano gravi e la situazione difficile. Riflettendo anni dopo sulla questione della realizzabilità o meno di una bomba atomica italiana, Amaldi giunse alla conclusione che, in presenza di adeguate risorse materiali e di un ipotetico supporto fornito dalla solida industria tedesca, la sua squadra probabilmente sarebbe stata in grado di arrivare agli stessi risultati raggiunti nel ’42 dal team di  Fermi Chicago (una reazione nucleare a catena autosostenuta). Per fortuna, il governo fascista non sembrava aver colto le strategiche potenzialità dei risultati cui erano giunti i fisici “romani”: i quali, dal canto loro, già all’inizio del ’41, stabilirono di interrompere gli studi riguardanti  la fissione dell’uranio, volendo ad ogni costo evitare di trovarsi coinvolti in programmi, soprattutto a favore delle potenze nazifasciste.

D’altro canto, anche la partecipazione dei fisici emigrati al progetto nucleare degli Stati Uniti (partecipazione di cui si aveva di fatto quasi certezza) tormentò per anni la coscienza di molti scienziati e dello stesso Amaldi il quale, come asserì più volte in seguito, si considerava fortunato per essere stato risparmiato dalla richiesta di prender parte alla realizzazione della bomba atomica statunitense, ammettendo che – con tutta probabilità – avrebbe in tal caso finito egli stesso per accettare, nella necessità di contribuire a sconfiggere la Germania nazista.

Come in un prisma dalle mille sfaccettature, Lodovica Clavarino analizza dunque con rigore il contesto storico che caratterizzò quegli anni e che, pur tra i numerosi distinguo individuali, influenzò le posizioni e le scelte dei pionieri della ricerca nucleare, le cui scoperte vennero poi in molti casi impiegate, dopo lo  scoppio del conflitto, proprio a fini squisitamente bellici.

Tuttavia, una parte considerevole e di non secondario interesse è in questo libro dedicata al dopoguerra: all’impegno da Amaldi  profuso in favore della pace dopo anni di faticosa resistenza passiva agli orrori della guerra. In un continuo variare di piani di ricerca, l’Autrice delinea con affettuosa adesione la figura dello studioso e i tanti ambiti scientifici e civili nei quali egli spese le proprie energie, con particolare riferimento al Movimento Pugwash, originato dal Manifesto Russell-Einstein del 1955, di cui, come unico italiano, Amaldi fu invitato a far parte dagli stessi promotori. La sua militanza in favore del disarmo e il suo appoggio al Pugwash furono sempre mossi dalla convinzione che tra gli scienziati di tutto il mondo dovesse propagarsi un comune sentire riguardo al proseguimento delle ricerche nucleari in un contesto quanto più possibile aperto e collaborativo e – soprattutto – volto ad applicazioni pacifiche. Seppure forse poco noti all’opinione pubblica, gli sforzi del Pugwash ricevettero un importante riconoscimento nel 1995, con l’assegnazione del Premio Nobel per la Pace, ritirato da Francesco Calogero, altro celebre fisico italiano, che a quell’epoca ricopriva il ruolo di Segretario Generale dell’organizzazione.





Edoardo Amaldi (1908-1989)


Clavarino mette in luce anche ulteriori iniziative che confermano la convinta scelta di Amaldi in favore di una scienza realmente libera da ogni condizionamento, capace di un respiro sovranazionale e planetario. Tra queste iniziative, si deve ad esempio sottolineare il ruolo fondamentale da lui svolto, all’inizio degli anni Cinquanta, nella fondazione del CERN di Ginevra, dove ebbero poi a distinguersi molti nostri scienziati (fino a Fabiola Gianotti che ne sarà direttrice dal prossimo anno). A ciò, si aggiunge l’instancabile attività di Amaldi negli ambiti dell’insegnamento e della ricerca pura, attività accompagnate, fino agli ultimi giorni di vita, dal calore della partecipazione civile e in senso lato “politica”. Un atteggiamento – sempre lucido e attento al suo tempo e alla società contemporanea – che lo a battersi in favore della distensione internazionale e a spendere il suo nome e la sua professionalità ogni volta ce ne fosse occasione: come quando, favorevolmente impressionato dai mutamenti impressi da Gorbaciov, partecipò a un importante forum internazionale indetto a Mosca dal nuovo leader del Cremlino, insieme a una delegazione di illustri personaggi del mondo culturale italiano, per rimarcare la possibile condivisione di valori civili tra le società, nel rispetto dei relativi schieramenti geopolitici.

In definitiva, la straordinaria esperienza personale di Edoardo Amaldi appare come una lezione che l’opera di Lodovica Clavarino invita a non dimenticare, proponendosi come un’accurata testimonianza della grande Storia e delle vicende che coinvolsero, in uno dei momenti più cruciali del “secolo breve” la comunità internazionale dei fisici, pur nella diversità delle convinzioni personali e dei destini delle loro nazioni.

 




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