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di Francesco
Aprile
«Mi auguro che la lingua restaurata
segni una nuova tappa in un cammino verso l’ibridazione, l’incrocio dei generi,
e la più ampia, sperimentale libertà espressiva».
Magrelli V., La lingua restaurata, Manduria, Manni, 2014, p. 9
La lingua restaurata e una polemica. Otto sonetti a Londra. L’ultimo
libro di Valerio Magrelli, un luogo dove la parola ha per oggetto la parola, modula
la parola. La lingua restaurata. Un laboratorio di mescolanze. Un percorso fra
prosa e poesia. Edito da Manni, presenta in copertina un intervento di Emilio
Isgrò dedicato allo stesso Magrelli. Lontano da un linguaggio accessorio,
sfonda la cornice di un maquillage estetizzante e sforna la parola che nell’ibridazione
fra prosa e poesia si concede attimi di delucidazione sul mondo e l’osservazione
dello stesso.
Se la parola ha per
oggetto la parola è nella risultante della mescolanza, poi, che il tragitto
assesta colpi coi suoi rimandi e strizza l’occhio al reale, questo ultimo
cadenzato nell’andamento della polemica, dell’ironia, dello sberleffo. È
l’autore che maschera l’autore. Sparisce. Nell’effetto mimetico del linguaggio
sono il mondo e la sua narrazione a trionfare, o ad essere denunciati.
L’esercizio, la prassi, lo sforzo, della scrittura e della riscrittura mostrano
chiari i semi dell’apertura, la forma e dimensione di un corpo connaturato all’Altro
e i segni della messa in discussione, della compenetrazione e compartecipazione
autorale alle vicende dell’uomo nel mondo contemporaneo.
Magrelli si scrive e
riscrive in una lingua altra, affrontando la dialettica dell’incontro,
accettando di sporcarsi fino alla sparizione. C’è un corpo, quello autorale,
che è nel corpo del testo ed ha radice nella relazione. C’è un corpo che
dialoga coi sistemi dell’atomizzazione e frammentazione dell’attore sociale, si
divincola e li ribalta con lo strumento poetico dell’ironia, denunciandoli. Il
corpo e le nuove tecnologie, da una parte, il corpo di una generazione
rinviata, dall’altra. Le facce diverse eppure legate, strette l’una all’altra,
della contemporaneità.
L’apertura ai confini di
una lingua barbara (Unamuno), altra,
che si agita nell’onda dialettica della migrazione, dei corpi e dei generi e
dei linguaggi che percorrono il mondo alimentandosi in un reciproco sviluppo,
arricchendosi, mostrano la de-storicizzazione dell’autore che esce dal testo e
rende lo spazio alla storicizzazione del tempo.
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