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di Giuseppe Luigi Coluccia
Ignazio
Apolloni... D’amore e di silenzio
Un po’ alla volta, la curiosità è cessata, la forma diviene dominante.
Con Pensieri minimi e massimi sistemi (2012), Ignazio
Apolloni si è imposto a Palermo e in Sicilia, ha varcato poi
l'isola nello spazio nazionale. Basta poco, e si è davanti a uno scrittore
che crea situazioni d’amore nel cui confronto – con Vira (Elvira) Fabra – c’è
il massimo protendersi interiore e intellettuale del narratore, saggista,
poeta, scienziato, meno metafisico di quel che si pensi. È confermata
la percezione di uno scrittore che crede nella parola come crede nell’amore. Procedo
con questa cadenza, l’evidenza dell’amore di Vira, la ricerca supplice –
quasi silente – dell’innamorato Ignazio. Se devo commentare la dedica
dell’autore sulla copia che mi ha donato, mi sorprende che in quelle parole mi
sia chiesto cosa penso di “Niusia” e dell’autore. Ebbene, sono pronto a dire la
mia sui Pensieri minimi e massimi sistemi, quasi includendo per via il
romanzo Niusìa (2012). Alcune note sono di obbligo.
Ignazio conosce Vira nel 1967, tornando dagli Stati Uniti; e Vira è
piemontese. A Palermo nasce l’Antigruppo di Ignazio, ma Vira è moderata, è
intellettuale, sensibile alla cultura, ha un debole per la narrativa d’amore;
sua passione sono la filosofia, la estetica e la critica d’arte. Il libro Cartesio
un filosofo da amare, fa capire la reciprocità intellettuale tra Vira e
Ignazio, il quale riconosce che in passato abbia scritto lettere
d’amore – come L’amour ne passe pas, Lettres d’amour à moi même, Voyage
autour de la femme. Vira ha in Franca Alaimo una vera amica, la quale è
immersa nella sua cultura. Ignazio è compreso della vita coniugale con
questa Vira, cui dedica tempo e pensieri, semplicità, e fatti quotidiani di
estrema piccolezza, e in questo è la loro vita felice. Anzi, da questo momento
viene a fiorire una vita sentimentale. E Ignazio ha solo lei, Vira. Il resto
del mondo non conta più.
Aprendo il libro, si ha la originale introduzione di Franca Alaimo. Scrive
Ignazio: “Mi rallegra il pensare che tu
(Vira) avevi vinto la lotta con la fine, rimanendo integra e bella, fotogenica
e con espressione al limite della felicità fino all’ultimo istante”.
Di queste osservazioni il volume è pieno, in ogni nota o frammento
che l’autore scrive, si apre un orizzonte vasto in cui letteratura, film,
scrittori e poeti di ieri e di oggi, scienze astronomiche, fisiche, naturali e
naturalistiche, la stessa chimica entra in campo, con rilievi e commenti
incisivi che almeno verso la fine la presenza o la nota per Vira è immancabile.
A volte con date precise, a volta senza. Ed è un trionfo per l’innamorato Apolloni, una
continua grazia di cortesia per Vira, che quasi sempre recepisce e commenta con
interventi appropriati e riverberanti una cultura aperta e semplice a un tempo.
“Sei grande anche per me”, dice Ignazio. L’abbiamo ritenuto poeta scrittore e
scienziato – se vogliamo approfondire questa ampia cultura, io vedo in Ignazio
più di Aristotele che di Platone. E le sue aperture mentali non tengono conto,
a esempio, del fascismo, della monarchia, e della Chiesa di Roma – aspramente
criticati da lui – per ricadere sul campo della ricerca libera, spontanea con
ironia e buon senso sempre. A livello di linguaggio, con la “singlossia” è
stato capace di aprire sentieri nuovi alla ricerca poetica e filologica,
linguistica, letteraria, fiabesca. Gli scritti sono vari, e tutti pongono
gravi interrogativi al sapere collettivo, divulgativo, popolare.
La città di Palermo sa ormai di Ignazio Apolloni, conosce gli
scritti, ne apprezza i giudizi. Egli nota la delusione di Vira, ne ricorda
i romanzi Siamo soli, Molte migliaia di anni fa uccidemmo la scienza,
Inciviliti dalla scienza o divorati dai cannibali, parla di Roberto
Saviano, di Cartesio. Riporto questo pensiero di Ignazio: “Alla logica della ragione, alla coscienza dell’Ego cogito di Cartesio,
Pascal aveva contrapposto quella del cuore che a sua volta ha spinto Heidegger
ad affermare che tutto scaturisce appunto dalla parte più invisibile e
interiore del cuore. Tu
hai trattato tutti e tre questi filosofi, ripetutamente citandoli come dei
grandi; cercando di conciliare logica, ragione, fede e cuore. Peccato per quel
certo Heidegger. Con la sua filosofia protonazista...”. E menziona altro
saggio di Vira: Ultimi tattili ai margini della memoria. Nel commento
di Ignazio la nota: “Ho sempre
procrastinato la lettura del testo di Coelho in quanto, come sai, le
problematiche religiose mi sono estranee... Dicono di una felicità nello starmi
accanto – e io accanto a te sebbene a
volte distante perché preso dal turbine della creatività a ogni costo: quella
che magari fa uscire fuori di senno e conduce talvolta al suicidio per la
mancanza di risposte al cogito”. E Ignazio parla anche di Favolette,
e Vira ne tiene il commento. Si passa nel problematico, cioè alla scienza
spaziale e astronomica; e Ignazio prova il suo commento: “Giorno verrà, direbbe il poeta, che tu sarai prelevata dall’oblio;
una tua particella – sia mnemonica o
di altro tipo – sarà chiamata a illuminare
stelle morte o morenti. Sarà la mia vendetta, la mia maledizione nel ciclo
dell’informe senza storia, alta ricerca di un’anima che non avevo, che nessuno
ha mai avuto: che non esiste”. E le avanguardie sono valutate secondo la
misura classica, e pesa su di loro la riserva o l’epoché. In una parola, il
vicolo senza via d’uscita. Se poi guardiamo la realtà, ci appare reale o
fantastica, secondo la moda. E pensando a Vira, egli annota: “Avevi bisogno di essere sempre rassicurata dalla
presenza accanto a te dell’uomo della tua vita, significativamente rimasto solo
io... Se sapessi, nemmeno più sui muri si scrive la parola Amore. Niente più
messaggi del tipo Mary ti amo lasciato
da mani inesperte, ma eloquenti di un’età che ancora non ha conosciuto la ragione. Pare che al muro si sia
sostituito il telefonino... Gli occhi non dicono, il cuore non palpita nel
sentirsi sfiorare le labbra o le nocche. Cosa resta perciò del fogliame del
passato se non un tronco spoglio, intirizzito”. Si pensa alla Scala di
Milano, dove impera Emma Dante, ma poi le cose cambiano come i sentimenti, come
il cuore. Le donne del passato sono cosa sbiadita davanti a Vira interamente
presente: “Ti ho amato, dice Ignazio. Posso avere avuto qualche torto, e lo
confesso. Mi nobilita però ai miei stessi occhi la dicitura di una frase
lasciata su una busta contenente alcuni miei messaggi affettuosi, di ritorno o
prima della partenza per un qualche viaggio o per qualche festività. Essa dice:
Incredibili lettere d’amore: fotocopia per Ignazio che è impossibile non
amare”. E ricorda l’Opium, il profumo di Vira, che faceva ben due docce al
giorno.
Ma le cose cambiano. E Ignazio è triste per Vira che non c'è più.
“Mi rattrista pensare che non ci
sei più, osserva Ignazio, mi rallegra però sapere che c’è ancora chi si ricorda
di te... Ti è bastato un mio biglietto, poche parole, dietro cui tuttavia c’era
la stima più profonda di un marito per la sua donna: la quale aveva deciso di
vivere tutti i suoi possibili anni insieme a lui”. Gli interessi e le
curiosità dell’autore sono tali e tante che egli entra nell’alta tecnologia
come entrerebbe nel discorso filosofico, nella cultura umanistico-rinascimentale.
Scrittori di oltre oceano – americani soprattutto – ma anche europei, russi,
italiani seguono le sue riflessioni, sono citati e a volte commentati. Ma l’interesse
di Ignazio è soprattutto per la scienza: cita Einstein, alcuni artisti,
parte dalla Sicilia e vi ritorna, ai ricordi americani associa il presente, l’attualità,
il dettaglio, la piccolezza, la semplicità, la isola divina. Esalta la lettura,
il libro rivelatore, la saggistica. Egli ammira la donna – Vira e le altre.
Dice: “Un homme
qui lit en vaut deux: Io però
aggiungerei: Mais
une femme
qui lit en vaut au moins trois. Ovvio,
essendo che in questo momento sto pensando a te”. In confidenza, leggiamo
questo altro passo di Ignazio: “Ho voluto
tenere tutto per me. Adesso lo divido con chi mi ha dato tanto amore; la sua
stima; il suo apprezzamento per ciò che andavo realizzando. Non sono stato
bravo a parlartene in vita. Lo faccio adesso, sicuro della tua risposta via
etere, affinché chiunque altro nell’Universo senta”.
Quarantadue anni con Vira sono già una vita, ma Ignazio sa di aver
sposato un’altra, e poi, grazie al divorzio, ha avuto il dono luminoso di Vira
Fabra, che gli ha dato tutto in sapere, in arte, in amore, nella cultura, nelle
piccolissime cose. Ho letto la lettera autografa di Franca e Carlo Bologna; ne
condivido il pensiero e il sentimento. Il volume di Ignazio, Pensieri
minimi e massimi sistemi, si presenta complesso, divulgativo, semplice
anche, ma più spesso i suoi frammenti presi da vari testi lasciano pensare alla
intensità di una vita spesa interamente nella cultura, nella critica, nella
linguistica. La sua testimonianza abbraccia quasi un secolo, ma la celebrità di
Ignazio Apolloni supera i confini di Italia, è europea, forse mondiale. Ci sarebbe
tanto da dire ancora, ma mi fermo qui. A Palermo è attiva da anni la Fondazione Apolloni-Fabra.
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