CHECKPOINT POETRY
ROSARIA LO RUSSO
 

 

 

La ragazza di San Frediano

 

A thousand doors ago

Mille porte fa

(Young/Giovane)

 

(Sanfredianina, 1993)


Cos’io ricordo come fosse da lunga pezza
eppur son cento metri e due piani in altezza

e ci son tutta in mezzo
impantanata invischiata,
le mi’ sanfredianesche passeggiate
a membra scoordinate
quasi cotidie così per sdilinquirsi
e le gambe sgranchirsi,
fra pezzi di legno
pinocchi polverosi

merli indiani in vacanza
e falegnami bestemmianti
e – Maremma cane,
Maremma inzaccherata –
con quel cretino di Aldo al guinzaglio
scappellotti nocchini e via
a volo pedestre
con Aldo cane infedele
e porco cane
anche pedofilo pederasta,

che tutti salutavano come fosse un cristiano.

Cos’io ricordo come fosse ieri
perché a gran voce me la chiedi
l’esibizione di me bufina fantastichina,
in questa frotta di versi maldestri
che vanno pel verso
di marciapiedi sconnessi
in cui con furia mi verso
quasi con esultanza
evitando le cacche
fra rialzi petrosi
e cretti d’acciottolato screpolato

(per inciampo di tacchi
di zeppe distratte,
mi bistratto
a mozzafiato
dopo una storta, ahi!
per fretta troppa).

Ma il mio dolce io
il corpo mio impesante
ad altrui predisposto
dolorante rimembra
in sua continua adolescenza
i visi e le parole
di me sanfredianina.

S’io fossi un poeta
canterei le ragazze
quelle garrule
furbe come gazze
e con le minigonne al culo
truccate con la Deborah o la Pupa
come farfalle col lucidalabbra
e col gelato,
ma tu vedessi invece
com’è invecchiata di botto
la paralitichina con la permanente
di riccioli mummificati,
s’è spenta adesso
che aveva sempre gli occhi dipinti
di celeste forte come la veste
della Regina Angelorumme ora pro nobis
all’angolo di via San Giovanni
dove mi segno sempre
in quell’infernaccio rauco di falegnami
sudati e bestemmioni.
Com’è invecchiata
come immobile ti fissa
poverina, che le piaceva tanto Aldo
e gli sorrideva scimunita.

                                                                                                 Ma quando Aldo corre come un baleno
                                                                                                                sfiora gli inferi, sfiora il cielo

L’aria settembrina m’alluma il cervello
mi lucida le scarpe e mi sovvengo
che l’arlechinesca mia persona
stravagantemente sta male
d’adolescenza esorbitante.
Io dovevo essere alle medie
convinta d’essere immortale
la ragazzina si buttò di sotto
dalla finestra là
in via Santa Monaca
dove stava l’Angelina
in Piazza del Carmine
lì, all’incrocio di tante Madonne
occhieggianti
– regali e vane –
col bambino
occhieggianti col bambino ben stretto
lì sulla ragazzina
ch’esorbitò distratta e stravolta
senza esitare l’esito
d’adolescenza sua maldestra
– me lo disse l’Angelina –
si faceva insieme le medie.

Tredici anni
tutta pura
ma la materna struttura
già ce l’ha, l’Angelina
che adesso s’è sposata
ci ha i figlioli, ne voleva tanti
me lo raccontò l’Angelina
mentre si faceva i compiti
che trovavano spruzzi di sangue
e grumi di cervello dappertutto,
ogni volta che ci passo
ancora dopo anni
ho paura di trovarli
e me l’allùcino
quel volo di ragazzina,
di triste monaca imbaverata dall’alto.

                                                                                                        E quando Aldo corre sfiora il cielo
                                                                                                             sfiora gli inferi come un baleno

Oh grigiore di monaca
quando vo a Santo Spirito
con Aldo al guinzaglio
grufolante e zummolemmerda
serpente strisciante,
là dove stava
l’Angelina la Laura la Nicco la Sonia
che rideva sempre
fino a piangere col singulto
fino a farsi pipì addosso
come una bimba,
che piaceva ai maschi – diobòno –
perché rideva forte, con le fossette
ed era porcellona
rideva alle barzellette sporche
rideva sconcia rideva forte

– regale e vana –

esorbita dal ricordo
distratta e stravolta
con un piccolo angioma nell’occhio sinistro
per lo sforzo d’una vomitata,
per altro luminoso e furbetto
mandorlino
latte di fico sanfredianino.

Oh s’io fossi un poeta
ti canterei grassoccia e villanella
Angelina,
che tuo padre era così mingherlino
pur avendoci il ristorante in Santo Spirito
che faceva le bisteccone bone.
Angelina Nicco Sonia Laura
si parlava sempre dei maschi e dell’imbrocco
io occhialuta
ero sempre innamorata
fino al deliquamento
e scimunita mi spingeste
al primo bacio
davanti al Chiardiluna estivo
du’ lingue in gola là
seduti sul motorino,
e col bicchierone di latte poi
tornare bambina.

Bambina bambina
Aldo vola verso casa
sfiora gli inferi sfiora il cielo
lo ingoia il buio
come un baleno.

E sotto casa
ci stava una vecchia pazza,
la vedova siciliana,
che gli era morta la bambina
e stava sempre alla finestra
a lisciare la gatta siamese
e tutta notte urlava e si dimenava
e tutti avevano paura della strega
scarruffata,
ma io mi ci fermavo
mi chiamava
perché comprassi cinquanta lire di gelato
per la siamese strabica,
e io glielo compravo.
Qualche volta una farfallina gialla
le svolazzava torno torno
alla finestrina del bugigattolo basso
antro di strega siculo sanfredianina
al livello della strada tutta polverosa
la farfallina gialla lucignòla,
e lei mi diceva
ch’era la bambina che tornava
gialla lucina
a salutar cotidie sua madre luciferina

ed era proprio così
svolazzava proprio lì,

e lei tutte le sere
apparecchiava per tre.

 

 

 

 

(da Io e Anne. Confessional poems, con cd audio, Napoli, d’if, giugno 2010)

 




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