LUMPEN
e fu (allora)
(a questo punto) che Lumpen
(iniziò) a mettere il mondo (tra parentesi)
ad ogni parentesi (provando) un’
insostenibile soddisfazione (simile)
(solo) ad un allargamento della
coscienza (maggiore) di quello (stordimento) (emanato) dall’unica antenna
(sensibile) fino allo
spasmo (non essendo) (ancora) aduso
all’utensile (mostratosi) (in modo) tanto pregevole (scoprì) l’armonia
(accecante) di quello strumento.
Risalito (dunque) all’essenza
stessa del piacere non restava che lasciarsi guidare (seguendo) il percorso per
(ridiscenderne) lungo la china.
(s.d.)
I.
E fu così che
Lumpen (o Lumpen) quadruplo salto mortale
fattosi cencio
si mise a cincischiare (a causa dei tempi)
del maltempo
imperversante (nottetempo) bienwellgut
ma soprattutto a
causa (di quella) grande depressione (così)
procedeva per
stratificazioni successive (sovrapposte) (dal)
(basso) verso (lalto) poi (dinuovo) (inbasso) psicotica
(della madre)
(ex cantante) (ex attrice) (ex enfant-prodige) (ora)
(affetta) come
(lardo) di Colonnata (affettata) (da mania religiosa)
(non seguì le orme del padre) non segugiò
tracce olfattando
in
senso lato (se proprio orme) poi tutto ritorna in
dis-ordine
(disarcionò il
padre) col computer è più facile e veloce
(avvocato) il lavoro di carico e scarico
(anche delle parentesi)
(famiglia monoreddito ) e delle altre
parentele (si direbbe)
aujourd’hui (con poche cose) paucis verbis salmodiando
con bicamere e
corridoio (da dopoguerra) con stufa
(e stufato)
caldo on dit (di terracotta) (e) così terrena
umidità (nelle lenzuola)
coi
lanzichenecchi (ricoperto col gesso il buco) con tinozza nel bagno
(se e) ci
sarebbe voluto un guadagno (ma era forse a legna?)
con i regali di
babbonatale legati con una corda al letto (di ferro)
e sugna canadese
e spugna (lottatori in herba) par terre
(parbleu)
in leggera ma
progressiva ascesa fino al boom
agnostico perdìo
parastrano (alla
ricostruzione) direi del benessere (pastrano)
parascandalo (di
Puerto Rico) di ginnasiale (eccetera)
con bluse-on-
bluse
e il resto- e fu così sentenziano gli annales
(torrida estate)
che Lumpen
abbandonò gli studi e si sottoproletarizzò (estasi)
infame canaglia
(pare). Pesce fuor d’acqua al bagnasciuga (dannate)
arrosto
(arrotolò) senza spazio (né dazio) (eccetera) (eccetera)
più di così non
si può in questa situazione paranormale (coi passi
scontati) d’un
bebè che arranca (arrapandosi) crescendo (su di sé)
(stesso) lontano
(dalla vista) degli altri (ossobuchi) preambolo
(paragnostica) e
parascandalo (pare) come ovipari spaziando
così (mi pare)
(eccetera) da continuare (un altro giorno) tam
(per giunta) lui
gli porgeva la pillola incelofanata con tambien
gesto d’attenzione
(senza mungere) (mi pare) come tanti (altri)
cartelli
segnaletici in disuso LUM allora si
trovò (come) perdente
all’annaspo (per
dir così) cencioso (così cencioso) anni (dopo)
dopo (forse
decenni) dovrei cominciare (così)
(scriveva) EVA
(forse
albeggiava) da quell’appartamento
(parlando del dolor)
(così) sognò (ad
occhi) (adocchiò qualcosa) si fece scaltro (altro)
si sognò ad
occhi aperti (esperto) si fece qualcosa (ma forse solo
tacque) s’era
stracquato (straccato) (fuori di
senso) strabordante
(si costruisce
sull’occhio) (forse solo lumeggiava) AVA
(come) LA
VA (vattela a pesca) così
appartato tam-tam (pediluvi) nella
tinozza
a sciabordare
(pare) al L’ORA (erano i tempi)
(del) post bellum
iugurthinum
sottofrazionato denominatore (una volta) (suo)
padre glielo disse – lì a via dell’Assi(etta) (con
il tavolo triangolare) –
(non sotto) il
tavolo (glielo disse) che se continuava a scrivere (a)
tambur battente
poteva LA sciare la scuola – a
tamburo di latta BATTEN
te – invece
(difare) l’intellettuale da strapazzo (comedice) (oggi) (Rino)
oppure è (ora)
che cominci (afare) (qualcosa) a PRO (a
pro) dürrenmat
(sotto) prodotto
(della specie) SUB (umana) sub specie aeternitatis
(stracco) o da un piumone rossocupo (cominciato)
(dal basso) (così)
una composizione
SOTTerranea (romano–napoletana) al
chiaro (di)
luna (sotto)
(quei) (chiari) (di) (luna) o-o-o (fort) (di) (questa) (strana)
estranea
coazione (conato) (di) (vomito) da
(a) ripetere (del) poema
(etto) (etta) perché si va sotto (invece)
(didisfare) – (come) se il mondo
(fosse) una gran
blatta – (?) LA tol (etta) dove BAM (bino) la poesia
essendo
economia (politica): (sotto) chiave (sotto) bosco (tenuto)
in prigione
(sotto) custodia (di) due gendarmi e /o guardie carcerarie
che lo
mantengono lontano dal mondo della (sua) realizza (azione)
ed anche ciò è
una questione di economia politica (e parodica)
all’interno /esterno
d’un (dato) gruppo (politico) dove (lui) veniva
(ri–tenuto) per
(ico) (lo) (so) per gli equilibri di POT
(ere) e fu così
che LUI (Lumpen) incontra POT (e) L(A)STORIA COMINCIA:
II.
L(A) FIG(URA)
(PUNTO DI FORZA)
E così stare
sotto a Lumpen non era mai piaciuto (ma era) come dire
la sua storia
natur (ale): Alessandro gliel’ aveva dichiarato che tanto
sarebbe (infine)
finito sotto il SUO POT (ere) di
strizzacervelli: ma
–
tant pis – si sentiva a suo agio in quel merdaio
di quattro miliardi e
oltre di genere
tenuto in stato di sub – umanità da quel manipolo di
sadici criminali
off–shore che avevano riempito di
cadaveri e di buche
il SUO DESERTO quel suo per (sonale) dessert di Fine-Immondo così
bombardato nella
diaspora (in) quel (suo) per (enne) Stato di Fug (a):
carpon carponi
arrancava zigzagando per e(vitare) i mortai e le ruspe
di quella
diabolica dis (tru) zione tanto da risultare come de-ment(ali)zzato
a se stesso a
strisciare graffiandosi i gomiti e le ginocchia tra le rocce
e la sabbia di
quel SUO AFGHANISTAN fatto di
rubinetti che perdono e
di acqua sporca
e maleodorante: come a raccoglierne nelle mani quel
poco quel tanto
da continuare a sopravvivere quando si vorrebbe (fin)
gere di (mor)
ire. Dando ad altri il compito di f(are) l(a)storia. Del resto
questa patetica
impotenza ad (as) sumere una qual (si) voglia (id)entità
nella palus putredinis sem (pre) in movimento (sem) pre da risolvere
qualche
problemuccio di sopra(v)viv(enza) asiatica o come la fame
africana e
quella precolombiana finché morte non ci
separi o crepare
e basta se ti
dice bene a strisciare per trovare qualcosa da mettere
s(otto) i
(d)enti senza farsi ved (ere) lasciandosi sempre dietro le spalle
il tempo (per)
(ri) flettere – o prenderne magari una in prestito sarebbe
una gran cosa. Parlare è una gran cosa s’andava
ripetendo tra un colpo
d’anca ed uno di
gomito. Ma il POT è il POT.
PO(S)T
Ma lui non si
sentiva ancora pronto al grande balzo. La sua vita era stato un tirocinio
discontinuo, senza che, dopo quarant’anni d'improbabili prove e testimonianze,
si sentisse ancora in grado d’iniziare. Era stata una fatica di Sisifo del
tutto astratta, la sua. Non era ancora scattato quel quid di malcelato orgoglio
o di esemplarissimo narcisismo che lo facesse riposare sulla condizione
prescelta. Lui era per se stesso un enigma ancora inesplorato o un qualcosa in
cui non vi fosse nulla da esplorare. Sentiva tutta la forza derivante da quella
sua posizione inespressa, ma era come se un mutismo pervicace giungesse sino alla
soglia del suo essere, per impedirgli di parlare. Percepiva anche quanto grande
fosse l’amore degli altri verso questa sua condizione di blanda inferiorità, né
le condizioni sfavorevoli al suo esordio. Ma tutto ciò non riusciva a fargli
pronunciare quel mare di parole che aspettava uscire dalla sua mente. Non
voleva fare questo regalo al mondo, non voleva concedersi al grande teatro
della storia, non per pudicizia o per una forma invalsa di protervia, ma per
pura idiosincrasia o, per meglio esprimere il concetto, per perversa idiozia,
diciamo per dispetto. Anche se il dispetto lo faceva evidentemente solo a se
stesso. Ma tant’è. Aveva dunque deciso di non parlare. Aveva in tal modo
ritardato la sua morte, visto che ancora non si decideva a nascere.
Altre volte,
preso dal panico, provava a urlare, ma dalla sua gola non usciva che un
mugolìo, una specie di cupo latrato. Nella traiettoria limite della città dove
abitava la strada era solcata dai binari del tram che lo trasportava ogni
giorno al posto di lavoro. Un buio magazzino di merci da imballo per il carico
e lo scarico, lunghe file di macchine a pedale e alte colonne di scatoloni di
cartone. Il tutto asserragliato con dovizia e parsimonia al tempo stesso, ma in
un'atmosfera di rarefatto clangore e di privata nefandezza: il lato oscuro del
mercato. Per svolgere la sua mansione di magazziniere non aveva bisogno di
parlare con nessuno, ma in compenso ogni tanto qualcuno parlava con lui. Del
resto, amici moglie e parenti tutti si erano abituati da tempo alla sua
personale ostinazione. Lo stipendio gli bastava a mala pena a pagare l’affitto,
per cui, una volta smontato, si occupava di riparazioni di vecchi apparecchi
elettronici, mestiere che gli permetteva di sbarcare il lunario.
Si era costruito
un piccolo laboratorio nel sottoscala del suo appartamento, ben ordinato e
discretamente attrezzato. Lì trascorreva intere ore fino a notte inoltrata, con
tutto l’occorrente per rianimare vetusti computers e altro, rimettendoli sulla
scena del mondo. Una pianola che lui stesso aveva provvisto a rimettere in
funzione lo accompagnava in sordina nelle lunghe notti solitarie. Ma le ore
migliori erano quelle che trascorreva nella tarda serata, in attesa della cena.
In quel termine di giornata iniziava il suo vero lavoro. Il dopo cena era più
che altro un vizio, un dondolio indiscreto al riparo della sua minutaglia.
Strisciava poi a notte tarda sotto le lenzuola dove ronfava in attesa del
giorno successivo.
Ma senza parole
non ci si poteva neanche difendere, figuriamoci poi a protestare contro i
soprusi del mondo. Sin da piccoli, i genitori delle classi oppresse insegnano
ai loro figli la dura lotta per l’esistenza, Come mai allora Lumpen non era
stato educato secondo quei dettami? Il fatto è che non era stato sempre così
per Lumpen. Perché lui aveva ricevuto un’educazione borghese e bigotta che l’aveva
sottratto alle regole della vita comunitaria, ai suoi scontri, alla dialettica
interpersonale. Soprattutto da parte materna, i suoi primi anni di vita furono
rigidamente impostati secondo un'enfasi di religiosità, che aveva alterato per
sempre i suoi legami con il mondo. Tale religiosità, infatti, lo aveva sin
dall’inizio fatto sentire molto singolare, quasi un santo. La bontà di
carattere fu dunque una sua prerogativa che mal si accordava con la crudezza
dei tempi. La bontà lo teneva psicologicamente lontano dal mondo. Era deciso a
chiedere un risarcimento alla Chiesa per i danni irreparabili subiti da
quell’educazione. Ciò che in Joyce gl’interessava era la critica violenta al cattolicesimo
e in ciò si sentiva datato.
(2002)