Dopo
la battaglia
Ispirata
all’opera Pulsante, della mostra “Dopo la battaglia” dell’artista
Pina Della Rossa,
esposta nel 2013 al Museo
Pan
Gocce
di sangue scrosciano sulla nuda terra,
come
un fiume rosso in piena.
I
vinti depongono i sogni assieme alle armi,
strisciano
fino a rovi intricati,
aculei
imbevuti della sconfitta, come frecce.
L'alba
inneggia alla quiete e al silenzio.
Dopo
la battaglia, il vento soffia sui cadaveri,
corpi
scarniti dalla notte ingorda e dai vermi,
un
cimitero abusivo sotto le stelle lucenti.
La
mente va in letargo, dopo giorni di guerra,
lascia
alla carne le urla nel fango.
Ritorna
il sereno, crescono germogli,
il
nudo si veste di verde e di frutti,
l’uomo
si sveste degli inquieti tremori
e
dei sospiri affannosi.
Le
piogge su Belgrado
Piove sulle mie speranze di libertà,
su
ciò che rimane della mia felicità,
su
questo fallito con in testa un tirolese
che
sembra leggero per il freddo di ogni mese.
Piove su una Belgrado devastata dalla
guerra,
la
mia città crolla per il dominio di una terra,
che
non porterà niente nelle tasche dei signori,
semmai
rovinerà un uomo e fin troppi straccioni.
Odo una melodia che quasi combatte con
le urla:
è
lieve e ben nascosta, ma riesco ad ascoltarla.
Rinnega il senno dell’uomo che lo
sfrutta con l’istinto,
perché
una bomba a mano non basterà a salvarlo.
Uno zingaro è il signore di queste soavi
note:
almeno
per un giorno curerà le altrui ferite.
Una rossa fisarmonica asseconda le sue
dita,
rinnovando
nella morte le sue speranze di vita.
Faustus
La conoscenza ammalia le menti innamorate
‒ le coscienze che nel disio restano
intrappolate ‒
come oppio ti annienta col sollievo dell’istante:
un glossario al posto di un’ anima già assente.
Feretro dell’uomo che si spinse all’avarizia,
giacché al di fuori di quel libro non vi fu delizia.
Il Flegetonte
s’incanalò nel sangue delle vene:
bastò una firma rossa per dar vita alle sue pene.
L’errore non si lava come la più bianca
scogliera,
la macchia anzi si estende, mentre inizia la bufera:
nell’animo, la morale non perdonerà mai l’affronto
dell’ingordigia che ha spolpato, senza pensare al conto.
Conto che si presenterà puntuale come la
morte:
dáimōn non accetta proroghe, sicché si fa forte,
l’anima accarezza, poi maltratta con violenza,
la stupra, la rapisce e ride della conoscenza.
Tra
angeli e demoni
Dedicata
ai poeti simbolisti francesi: i “Poeti Maledetti”
Cade
la pioggia sull’inquietudine,
coprendo
le ombre di uomini gloriosi,
morti
in quei versi fin troppo impetuosi;
la
loro penna scrisse con forza d’incudine.
Flashback
di peccato ed estrema lussuria,
uomini
e specchi che mostrano dolore,
poetato
da sudice parole d’amore,
che
al giorno d’oggi emanano goduria.
Rumori
di passi nelle vie permanenti,
Parigi
stereotipo d’età vittoriana,
tra
angeli e demoni sotto ogni sottana,
poeti
e parole come mani e fendenti.
Spiriti
infestano libri impolverati,
entrando
in artisti sempre ispirati,
donano
testamenti dei sogni passati,
chiedono
vendetta per i libri bruciati.
La
loro speranza riecheggia negli anni,
trova
ristoro in locande deserte,
lascia
che altre penne vengano offerte
per
smascherare la vita e i suoi inganni…
Spleen
nouveau
Ispirata alla poetica di Charles Baudelaire
Estraneo
tra la gente, nei boulevard chiassosi,
mimesi
del nulla mescolato all’indecenza,
riverso
la mia bile in questi versi rabbiosi:
saranno
cancellati presto dall’indifferenza.
L’alloro
e la corona per vivande e sovrani,
morta
è la gloria dell’inchiostro eterno,
in
questi cieli cupi svolazzano i gabbiani:
per
l’albatro non c’è più spazio nel moderno.
Non
potrà aprir le ali e cadrà sul fondale,
non
si potrà rialzare e perciò verrà sepolto,
la
vera poesia è finita con Montale,
stracciate
queste nere lacrime di uno stolto.
Ritorna
il mio pensiero all’uomo che Carjat
immortalò
irrequieto come un diavolo afflitto.
Egli
mise su carta la sua infelicità:
io
scriverò già conscio di essere sconfitto.
L’equilibrista
Cammino
schivando pozzanghere e fossi
posti
sulla strada e nella vita senza pause.
Il
mondo non perdona e non ti spiega mai le cause.
Questa
sofferenza? Lascia che col tempo passi.
Mi
reggo in equilibrio su una corda sfilacciata,
che
forse cederà, rendendo me amico del vuoto,
compagno
di avventure di un silenzio poco muto,
quasi
un urlo misto a una diabolica risata.
La
pioggia mi accompagna sul viale del ritorno:
schivo
le mille gocce che cadono dall’alto,
ma
non eviterò mai la paura di quel salto
che
distanzia il genio dal fallito senza eterno.
Rieccomi
a lottare con la gravità e col cuore,
con
le mani che tremano per la paura e l’emozione.
Sarà
che, così in alto, vedo piccole le persone,
ma
aumenta la mia forza e la mia voglia di volare.
Buffone
sopra un mondo che da sempre mi sta stretto,
miglioro,
come l’albatro, in sembianze e in leggerezza,
stringo
la mano al vento, che leggero mi accarezza:
presto
scopriremo se son grande oppure inetto!
Fotografie
Ricordi
della vita che corre e mai rallenta,
visi
ormai cambiati dagli anni e dagli eventi;
immobili,
ma eternano sorrisi ora già spenti:
maceria
è un grattacielo senza fondamenta.
Amanti
divisi, su carta ancora uniti;
due
mani senza anni si stringono sincere,
perché
non finiscono le promesse vere,
perché
i suoi occhi non sono mai sbiaditi.
Bambini
ora già uomini di un’altra società,
emblemi
di un tempo che resta nel passato,
tutto
in bianco e nero, ma mai dimenticato:
senza
memoria, non c’è felicità.
Il crepuscolo
Muore lentamente
tra le acque un bagliore:
è fuoco che si
spegne all’imbrunire.
La luce
indietreggia al cospetto del tempo,
s’inchina alla notte,
elegante signora,
lasciando nel buio le sue
lacrime lucenti:
lucciole cosmiche che
danzano nel cielo.
Nell’immensa quiete
crepuscolare
prendono vita i melanconici
pensieri,
infinite tracce dell’umana
ragione:
la loro notte calerà
col nuovo giorno,
con il risveglio di
spaventosi automi,
con i rumori del
quotidiano incedere.
*
Mariano Menna è nato a Benevento nel 1994. Ha
conseguito la maturità scientifica presso l’istituto Polispecialistico Gandhi
di Casoria. È iscritto al primo anno del corso di laurea in Filosofia presso
l’Università Federico II di Napoli. È risultato vincitore del Concorso
Nazionale “Scrittura attiva” di Tricarico, nella sezione giovani, con la poesia
“La ballata del vagabondo” nel 2012.
È
membro cofondatore della corrente artistico-letteraria del Labirintismo, il più grande movimento d’avanguardia del
2000 con più di 200 iscritti. Ha pubblicato due raccolte di poesie, La grande legge e La pagina bruciata, edite entrambe da Marco Del Bucchia
editore. Nel 2013 è risultato secondo classificato nella sezione “Giovani” del
concorso Nazionale “Città di San Giorgio a Cremano”. È stato inserito nell’antologia Poesia per Dio curata dalla casa
editrice “La Ziza” con la poesia inedita “La
scelta”. Nei primi mesi del 2014 si è
classificato secondo al Premio Internazionale Napoli Cultural Classic, sezione
giovani, ed è risultato terzo classificato al Premio letterario Internazionale
“Le parole dell’anima” col libro La
pagina bruciata.