CHECKPOINT POETRY
TITTI FOLLIERI
 

 

 

 

A MIO PADRE

 

“Si scende con la stessa marcia con cui si sale”

così mi avevi insegnato

in una discesa ripida di notte ti ricordo

 

La stessa marcia è la stessa energia

quel punto fermo in cui sai

nuvola d’oro radicata nel centro

di muovere passo dopo passo verso l’ignoto

con altri ma anche soli

insieme col cuore in molti

a credere in questa fiducia

che altro possiamo chiedere

con la forza dell’amore?

 

 Sfidare il sorriso cinico

di chi ha deposto le armi

la via di questo guerriero

danza il Taiji

con l’invisibile nemico   

ogni passo un possibile tranello di morte

 

La paura  di perderci

nella luce che ci accoglierà

dopo questa esistenza

per tornare dissolti senza memoria

nell’Altrove che ci attraversa

parallelo nei suoi disegni

 

Qui ad imparare il Mandala

del nostro destino

assecondandolo nella resa

a ciò che è   a ciò che siamo

osservare la Babele delle voci

che ci abitano

aspettando il silenzio

 

Ottobre 1995


 

EROS

 

Vieni e sollevi le vesti

Vento caldo del Sud

Insinui baci carezze

Promesse di piaceri proibiti

Il soffio delle parole

A svestire ancora

 

Via dal dolore dalle pene

La vita laggiù nel pozzo

Che pulsa veloce

Cerca la nudità dell’anima

 

La tua verità la mia

In uno specchio

Rifrangenze dei nostri desideri

Nominare gli anfratti le pieghe

Le aperture dei nostri corpi

Quest’offerta di noi all’altro

 

Il dono di ancora desiderare l’unione

il piacere di essere incarnati

toccare la fragilità vulnerabile

esporre la nudità estrema

 

Eros brama il contatto

Il soffio del vento del sud

Porta le tue parole tra le lenzuola

 

Io invento per te nuova Sherazade

Paesaggi passaggi intrecci

Di mani di lingue di braccia

Di segreti sussurrati solo tra noi

Per noi che andiamo solitari

Incontro all’incertezza del domani

 

agosto 2010

 

 

MEDITERRANEO

 

Lamelle iridescenti giallo oro si moltiplicano

sulla cresta di onde verdi cobalto

il vento è il compositore di tableaux impressionisti

Pissarro Monet e una suite di marine

si sovrappongono alla realtà

 

Il punto di osservazione è una terrazza deserta

da dove si abbraccia la grande insenatura

il silenzio il bianco dei ciottoli della riva

 

Alcuni passerotti saltellano tra le gambe dei tavoli

alla ricerca di briciole di pane

l’oste è una donna anziana infagottata all’antica

gli occhi azzurri ridenti il viso rugoso arso

dal sole e da fatiche di contadina

parlucchia quattro parole in francese

poisson-salade; un-deux

 

Il mare si offre insieme al paesaggio incontaminato

il pensiero corre indietro nella macchina del tempo

di natura com’era e non è più

il vento sembra sussurrare

alza la vela e vieni via con me

 

’97

 

 

VARIAZIONI SUL TEMA DELL’ORIZZONTE

                                                                                        

                                                (ad un pittore distratto)

 

 

Primo movimento

 

Sull’orizzonte il mistero del vuoto

abisso di un bianco abbagliante

una perdita improvvisa

la separazione da uno sguardo

che solo quel luogo aveva permesso

 

Orizzonte hai detto

dove porresti la linea dell’orizzonte?

e in me lo smarrimento di vederlo

lontano nel passato

Ha accolto

attimi di beatitudine

 

L’orizzonte è quando chiudi gli occhi

e ritrovi nel perimetro degli affetti

i volti delle persone amate

 

Volgere lì lo sguardo

e vedere il sogno di una letizia

un sorriso una stretta di mano

l’importanza di quel fluire

da cuore di diamante

 

Vediamo solo quello che possiamo

toccare il limite della propria visione

proiettare una freccia di luce

nell’altrove parallelo

 

la nostra dissolvenza

nell’orizzonte è anche iscritta

la nostra fine

questo tempo e solo questo

e nient’altro

 

Se solo potessi credere

che davvero ritorneremo

ad incontrare i nostri fratelli

 

Se solo potessero tornare in vita

gli amati i dispersi attimi

di incontro profondo

i bambini che siamo stati

 

se solo avessi una certezza

               UNA

forse il cuore si acquieterebbe

eppure nominare l’invisibile

l’emozione che ci ha abitati

in altri orizzonti

e chiamarla nostalgia

chiamarla amore

 

 

Secondo movimento

 

Perché il sogno rinasca

sei venuto mago della pioggia

le acque del mio cuore rimescolate

desiderio di nuovo amore

ha le tue mani

leggero il tocco quasi impalpabile

 

Ti ho seguito nella verticale

la mia mano contro la tua

segnavamo quella linea insieme

Mi sono lasciata guidare nel gioco

una parete invisibile di velluto

da accarezzare

lentamente in libertà danzando

non so cosa sia stato

che cosa è accaduto

l’emozione forte a paralizzarmi

Ho avuto paura di incontrarti

e non potrei dire

quali fossero le parole non dette

e a quale sguardo sono sfuggita

nel timore di mostrarmi vulnerabile

 

Mi sono ritrovata nelle vesti

di una fanciulla inadeguata

sospesa lassù nei miei pensieri

non riuscivo a guardarti ti sentivo

 

Al momento dei saluti

ti ho baciato sulla guancia

Non so se nel tocco delle labbra

tu abbia sentito

la dolcezza che mi struggeva

 

Bambina in cerca di un compagno di giochi

avrei voluto assaporare  dalle tue labbra l’ambrosia

il liquore di un’essenza

Solo un tocco aereo

in quell’orizzonte disegnato nel vuoto

                                 

 

Terzo movimento

 

Orizzonte hai detto

dove porresti la linea dell’orizzonte?

Dovrei scegliere un punto di vista

da Occidente ad Oriente

ma ho disegnato una linea in alto

indicando una meta ideale

 

Il cammino è la via del cuore

segnata da un trasmigrare nell’esilio

lontano da te spesso in fuga da me

 

Qui Io per Te

e il rosso di una pennellata verticale

che riempie il tuo orizzonte

la domanda di significato

si rincorre

ad ogni curva mancata

innumerevoli deviazioni

 

La tua linea per me l’infinito

solo l’amore ricongiunge

quell’Io per Te

quell’inscrivere la storia di un dialogo

tra due  un fragilissimo Noi

che dura una stagione

 

Rimane la memoria

rimane quel punto fermo

la dimora dell’anima

il testimone

che sa di essere passeggero

in questo pulviscolo IO

 

Realizzazione di una traiettoria

destino forse?

 

’94


 

GENNAIO 2001

 

Sono senza confini

Aria dentro aria

Dissolvenza

In un respiro

Vulnerabilità

Fino al dolore estremo

Di sparire assorbita

Nel nulla del non essere

Proprio più niente

Lì dietro l’angolo

Il viaggio ultimo di un morire

al culmine

Ma dove sei?

in evaporazione permanente

nel trapasso

in un’altra che non sono

 

Come un’anima persa

Alla ricerca del Mistero

in un mare di materia

Afona ottusa scivolosa nei suoi specchi

 

La morte è lì acquattata per toglierti

Proprio tutto

e tu la ignori?

 

 

Per CARLA BARTOLUCCI

 

Cara cara la mia Carla

A volte ti chiamavo Carlotta

E tu Titta così le nostre voci

A siglare la vecchia amicizia

 

Oltre le burrasche dei nostri caratteri

L’essenza di un affetto che restava lì

In attesa acciambellato a gatto

Pronto a svegliarsi al bisogno

 

Non so perché sei scomparsa così

Dicono senza soffrire

Per stanchezza forse

Per aver abusato delle tue forze

 

Il timbro di una voce come definirlo?

I tuoi occhi verdi che d’improvviso

S’illuminavano di un guizzo vitale

Saggia eri diventata col tempo

 

Era quella calma nuova inusuale

Abituata ai venti forti

Alla frenesia di mille progetti

Ti ritrovavo a volte in pace stupita

 

Un presentimento lo avevi avuto

“Tanto muoio prima io!”

mi avevi zittito chiedendomi

una cerimonia  autentica

 

Da celebrante fidato

Ho eseguito i tuoi desiderata

Anche se tutto mi pareva

Irreale insensato

 

In sogno sei venuta a dirmi

Che non eri morta

Solo un cambio di  vita

Io felice di ritrovarti

Mi sono acquietata

Almeno un poco

                                                                                   

’06

 

 

 

*  Titti (Maria Antonietta) Follieri vive a Firenze. Traduttrice dal francese e scrittrice, collabora a diverse riviste italiane – tra cui “Poesia”, “Il Ponte”, “Testuale” , “Le reti di Dedalus” – e straniere con traduzioni, saggi, testi poetici e narrativi.

Ha pubblicato le raccolte di versi Dell’amore il sogno (1980), Switmagma (Gazebo,1985), Topologia di un mandala (Edizioni del Leone, 1991), il racconto Un arcobaleno (con il pittore Stefano Turrini, Morgana, 2000) ; il romanzo La voce delle mani  (Pendragon, 2003); la raccolta di racconti Piccoli smarrimenti quotidiani (Editrice Zona,2009); il memoir La solitudine della cattedra (Zona contemporanea Editrice, 2013).

Ha curato e tradotto l’Antologia della poesia contemporanea del Québec (Crocetti Editore 1999). Su “Poesia” , dicembre 1997, n. 112, ha pubblicato il saggio “Otto Poeti contemporanei del Québec”.

Altri suoi scritti appaiono in numerosi volumi collettivi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 




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