CHECKPOINT POETRY
MARCELLO MARCIANI
 

 

 

SENSO SCENICO

 

 

1.                  Proemio

 

Che c’è di strano in questo: aver tenuto

dentro un buco recondito quest’osso

dagli anni lavorato ma lucente

come un fossile raro nella crosta.

 

Straniante è forse avere decomposta

la semenza di altri in questo imbuto

che in segreto mi passa succhi e mente

di un mondo alterno che mi marca addosso.

 

Quando penetrerà il tuo infrarosso

sotto nei grumi a strati della crosta

forse mi leggerai trasversalmente

forse si chiarirà il mio saluto

 

spettatore caduto qua nel fosso

inconcludente della mia proposta.

 

 

 

2.                  Nel vuoto

 

Esser sé stesso e insieme farsi altro.

È in questa ferma fede di ventriloquo

che l’attore si raschia col suo equivoco

rastrello genuino e scaltro.

 

Finché una spugna in testa gli cancella

l’ora, il pensiero, la postura e il ruolo:

a un balcone di nebbia il suo lenzuolo

di paura suda, sbrandella

 

in fili i lappi di più vite assunte,

l’impuntura del vólto che si scuce

a un madido frontale che gli cuoce

in gola le parole espunte.

 

Essere fuori, e dentro a un altro ignoto

per un rapace amplesso? qua, nel vuoto?

 

 

3.                  Il doppio

 

Ma ci pensi? Era un altro. Quello, a me sconosciuto.

Sorda a tutte le spie del torpore e del tatto

sfiatata da altalene di contentezza e noia

era lui che allevavo rimboccavo condivo.

 

Scema che non capivo come s’era perduto

che in quella sua altalena mi accuzzavo a rimpiatto

che i suoi musi smontavo con un bacio più scaltro

e facevo novene con le sue mezzevìe.

 

Quante macellerie la mia carne ha temuto!

Ma il suo gusto era scaltro, mi leccava sul piatto

delle notti serene, sulla gola che aprivo

come esca e crollavo dentro un’asma di gioia.

 

Il mio boia è venuto furtivo e schivo: un gatto.

Scuoiava le mie vene fingendosi quell’altro.

 

 

 

4.                  Il vietato

 

So che sono matura, conca. Matrioska forse.

Ma pischellina torno se mi accarezza lui.

Ogni mese mi salta, le stagioni si mischiano

sulla sua pelle liscia, sul riso suo che luccica.

 

Può essere tua carne – occhi e porte lo dicono.

Ma madre a lui non sono, semmai quasi sorella.

Così mi slego e rido, mi spando sul gasato

sto nella casa giovane che non ho mai abitato.

 

Oh il mondo non fa grazie, mi regala una cella.

L’arreda a colpe e regole, ma il punto è il mio ombelico

che accalda i baci suoi e oltre ogni età lo supplica.

 

Il punto è ancora il tempo fitto come nevischio

che mi sfarina al gelo se tardo e tremo in lui.

Ma non è per paura. Per sfinimento forse.

 

 

 

5.                  Deposizione

 

Era là, bello steso. Dormi? dico.

Poi lo giro e... che spago! Vitreo, gelido.

Ciglia finte e rossetto sbaciucchiato.

Al collo un succhiotto o no, forse un livido.

 

Se sapevo come s’era ingrippato

fra traveste e viali? Baah! Le stradico

che il sabato si giocava a calcetto

e lui c’era: un portierone perfetto.

 

Ora tutto si spappa. Chi era Rico?

E da me vuol saperlo, che c’ho un brivido

che mi s’appizza ai denti, sì un tacchetto

 

a spillo come...  in quel piedone alato

alla porta, e là dopo: steso, livido

lui-lui o una parte, un suo gioco, dico?

 

 

 

6.                  Vedovanza

 

Sventagliando le foto sulla tavola

disciogliendo nell’acqua il suo polase

misurando sul ciglio del terrazzo

quanti passi oltrevolano pù lei

 

cose e fatti non sono che tue favole

mi ridico e m’incoccio quella frase

di lei appesa al vuoto del terrazzo

mentre le stendo un no non lo farei.

 

Sventagliando le foto come carte

di un suo geloso solitario leggo

in quegli abbracci antichi il suo disparte

 

il suo polverizzarsi di sostanza

persa all’aria...  e nell’acqua in cui mi friggo

una sete tardiva per avanzo.

 

 

 

7.                  Inanità

 

Caro, accasiamoci... così si chiude il caso –

sflanella intercalando lei un sorriso

fiducioso in matrimoni e norme – finiamola

con i nostri vagabondaggi anarchici.

 

Annuisce lui torcendosi in un crampo

che fa a fettine addome e identità, lo macina

sotto un rimorso cronico che pavido!

urla di petto a lei che l’ha aspettato tanto.

 

Si attacca l’umido d’agosto sulla pelle

si addensa la città in una frottola

di turisti e fantasmi e frenesie per isole.

 

Si avviano mano in mano lungo l’argine

del loro lago delicatamente immobile

lei lui la loro ligia inanità.

 

 

 

8.                  Cronaca

 

Era rientrato in casa col revolver

ma lei s’era serrata in automobile

il figlio era uno slego di bicipiti

suonavano alla porta due mannìbbali.

 

Non voglio più sentirmi soprammobile

si disse arrotolando nel pullover

i proiettili e il sogno un po’ cannibale

di divorarla tutta quella bipede.

 

Il figlio spiccò un fischio e un destro abile

sfondarono la porta i pii mannìbbali

si spaccò lui la nuca sullo stipite

un colpo partì a vuoto per lo stabile.

 

Lei sempre nella Punto, irremovibile.

Ma il fatto ha un rospo dentro, da risolvere.

 

 

 

9.                  Fra amiche

 

-  Eeh con le donne era un tipo imbattibile.

              Pronto e preciso come un tirassegno.

              Caruccio, premuroso, imprevedibile... -

          -   Ma poi sgusciava a pesce (già, il suo segno). -

 

        -    Ciuleur, cianciuso, una melacotogna

             appiccicarsi a un truglio così amabile. -

         -   Finché non è venuta la cicogna

             e là si è sdato, niente più, introvabile. -

 

                       Forse era troppo figlio per un figlio? -

                      Certo era un paraculo parossistico. -

                      Ma vivrà dove? Resta qualche appiglio? -

 

                      Chessò... seguendo un filo un po’ spionistico

   pare arruolato e perso per guerriglie.

                      Ci credi tu? Per me ha sclerato a mistico. -

 

 

  

10.               Tattoo

 

Leggimi, perlustrami: è un drago alato

a serpentine viola il petto, è un tratto

di foresta amazzonica la schiena,

son roseti spagnoli queste natiche.

 

Non voglio più la vita mia: è a lato

al sorpasso di me questo coatto

scordare sui colori la mia pena

sgargiarmi addosso biografie acrobatiche.

 

Quando l’inchiostro mi si inietta a pelle

il sangue per seguirlo si scrittura

scarta la buccia delle proprie cellule

 

mi intaglia a spuma barca oblò libellula

mi fa piaga e fenomeno ribelle

che sfrangia il corpo, impalla la natura.

 

 

 

(da Per sensi e tempi, Book Editore, 2003)

 




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