LETTERATURE MONDO
ALLARMI
Gli scrittori tedeschi
e le minacce in Ungheria
alla libertà di pensiero

      
Proponiamo la prefazione al numero 16 (anno 2014) di “Valerio”, rivista della Deutsche Akademie für Sprache und Dichtung di Berlino. I due curatori del fascicolo, Heinrich Detering e Eva Karadi, hanno raccolto una nutrita serie di documenti, interventi e colloqui relativi alla situazione ungherese che spicca nel contesto europeo per la politica del governo guidato dal premier Viktor Orbán, caratterizzata da un nazionalismo etnico, con ampie concessioni all’antisemitismo, oltre a limitazioni alla libera comunicazione e ad ingerenze dello Stato nel lavoro della radiofonia, della televisione, del giornalismo, dell’editoria libraria, con conseguenti vessazioni verso gli intellettuali critici. La cultura tedesca segue con giusta preoccupazione la vicenda magiara. Non dovremmo farlo pure noi?
      




   

 

di Alberto Scarponi

 

 

Dalla Germania o forse dall’Ungheria, non si sa come dire, arriva anche in Italia uno strano documento polisenso e per questo, a voler restare dentro il nostro odierno affrettato semplicismo quotidiano, complicato da descrivere.

 

È una cosa che pare un libro. E lo è, in effetti: più o meno duecento pagine di carta stampata con attorno una copertina e sopra di questa un titolo in tedesco. In realtà si tratta del numero 16 di Valerio, rivista della Deutsche Akademie für Sprache und Dichtung di Berlino, in cui vengono registrati alcuni testi a documento di un’azione politica di cui questo stesso atto di pubblicazione è parte e che dunque intende continuare.

 

Di che si tratta? Di fare politica, certo. Nel senso autentico di lavorare attorno a ciò che fonda la nostra polis, la nostra convivenza, i suoi motivi e le sue prospettive. In Ungheria da qualche anno il potere politico tende a costruire attorno a sé un alone di cultura ferma, di pensiero unico, come si dice, ed ha compiuto concreti atti ostili verso taluni portatori di visioni critiche, diversificate, insomma verso intellettuali di varia professionalità.

 

Ed ecco allora il polisenso problematico, interessante, coinvolgente di tale azione. Che cos’è il fare politico per un cittadino? Solo il gioco del potere, da cui, se non lo tocca in negativo, può anche tenersi fuori? Ma allora a che titolo un’Accademia letteraria tedesca interviene su questioni di un altro mondo? Per solidarietà corporativa fra gente dello stesso mestiere? Oppure c’è qualcosa di più profondo e obbligante in questo richiamarsi all’Europa? Cos’è l’Europa in questo senso non geografico?

 

 

***





Il premier magiaro Viktor Orbán


Ungarn und Europa. Positionen und Digressionen,

a cura di

Heinrich Detering e Eva Karadi,

in Valerio, 16,

Wallstein Verlag, Göttingen (Germania), 2014.

 

 

Prefazione

 

Inquietanti notizie arrivano dall’Ungheria, che dopo il 2010 si vanno facendo sempre più frequenti. Da un paese che per decenni ha avuto la fama di paladino della democrazia all’interno dell’ex campo sovietico, arrivano notizie di limitazioni alla libertà di pensiero, di ingerenze dello Stato nel lavoro della radiofonia, della televisione, del giornalismo, dell’editoria libraria, di vessazioni verso gli intellettuali critici, notizie di una nuova presenza del nazionalismo etnico che si riteneva da tempo scomparso, dell’antisemitismo, della manipolazione storica eroicizzante, dell’unanimismo politico. A notizie di questo tipo ha reagito nel dicembre 2012 il First Budapest Debate on Europe organizzato, nel Museo della Letteratura Sándor Petöfi, dalla associazione indipendente degli scrittori ungheresi Szépírók Társasága (Società delle belle lettere) insieme alla Deutsche Akademie für Sprache und Dichtung (Accademia tedesca per la lingua e la letteratura).

Tale incontro era stato preceduto, sette mesi prima, dalla seduta primaverile della suddetta accademia tedesca tenutasi nella cittadina di Schwäbisch Hall, seduta che si era data come tema Vulnerabilità della lingua e della letteratura: esempi Ungheria e Ucraina. Il discorso in proposito  è poi proseguito (grazie alla sua grande risonanza nell’opinione pubblica) con il Second Budapest Debatte on Europe svoltosi  nel settembre 2013 (nonostante i molti intralci procurati dal governo Orbán) nei locali dell’Accademia István Széchenyi per l’arte e la letteratura  e del FUGA, libero centro culturale di architettura. In Germania hanno integrato e proseguito tale lavoro, con eventi pubblici, a Berlino la fondazione culturale Allianz, a Francoforte la Fiera del libro e ancora a Berlino l’Akademie der Künste (Accademia delle arti).

Obiettivo di tali incontri fra scrittori e critici, traduttori ed editori, provenienti da Ungheria, Germania, Austria, Svizzera, Romania, Serbia e altri paesi europei è stato lo scambio libero di esperienze, opinioni e testi, uno scambio tuttavia che ha inteso non solo produrre informazione, ma anche – e questo prima di tutto – dar vita a un dialogo aperto, libero, non regolamentato. Così nei colloqui, in parte pubblici e in parte riservati, che hanno avuto luogo a Budapest si è discorso del cambiamento delle condizioni di vita e di lavoro, delle critiche e delle speranze quanto alla situazione ungherese, e però sempre tornando, come suonava il titolo (What really matters) del primo degli incontri budapestini, a ciò di cui veramente si tratta  nella contesa tra apertura europea e moti nazionalistici.

Si sono tenute conferenze e tavole rotonde, integrate da proiezioni e letture di testi dei presenti. Nessuno di questi ultimi si faceva illusioni circa l’efficacia politica di tali manifestazioni. Il cui obiettivo più sofisticato poteva essere – come ha detto uno dei mentori, lo scrittore romeno Andrei Plesu – al massimo un acte de présence: una attestazione di coappartenenza e un dire e ascoltare in incontri non soggetti a nulla di prescritto, ma aperti a posizioni diversificate e a digressioni.

Fin dall’inizio, non si è voluto semplicemente criticare la situazione in un paese, anche se ciò era e rimane l’obiettivo inevitabile di questo pubblico cooperare. Si è inteso però anche mirare aldilà, a quegli sviluppi che, ogni volta con modalità propria ma sempre perfettamente comparabile a tutte le altre, sono in essere tanto in Ungheria quanto in altre società est-europee e mitteleuropee e, nota bene, in paesi europei occidentali: ogni volta in misura e maniera diversa, ma perfettamente equivalente quanto alla tendenza di fondo. Si tratta del trascorrere e sdrucciolare dal patriotico al nazionalistico, dalla eurocritica alla xenofobia, dal discorso democratico al populismo aggressivamente corporativo, del ritorno a discorsi razzisti, antisemiti, omofobi, che facilissimamente possono trapassare dalla violenza latente a quella reale, alla caccia alle streghe.





Una manifestazione a Budapest contro la tassa su Internet,
annunciata dal governo ungherese e, poi, ritirata.


E quanto breve finisca per risultare il passo dalle parole ai fatti, ce lo hanno descritto con insistenza alcuni contributi dedicati alla vulnerabilità della lingua e della letteratura. Quando in Ungheria un avversario politico viene, con tonalità palesemente antisemita, screditato come ‘persona di sentimenti stranieri’, quando il termine ‘nazionale’ subisce una torsione semantica sottilmente tesa alla xenofobia, quando metafore e concetti razzisti dilagano, allora le manifestazioni di cui parliamo non sono intromissioni di letterati in campi che loro non competono. Al contrario, questo ha a che fare con il nocciolo duro del nostro comune lavoro e della nostra responsabilità. Anche noi siamo invitati a contribuire con le nostre forze, per quanto limitate, alla costruzione di una opinione pubblica democratica. Qui si tratta degli interessi di squisita pertinenza di una associazione indipendente di scrittori e di una accademia la quale s’intitola alla lingua e alla letteratura.

Che i nostri incontri siano pervenuti all’attenzione anche del mondo letterario ungherese, lo si deve al settimanale Élet és Irodalom (Vita e Letteratura), che nel novembre 2012 e nell’ottobre 2013 ha pubblicato suoi supplementi con testi degli autori partecipanti agli incontri. Tuttavia che gli incontri in quanto tali siano stati possibili, lo si è dovuto invece alla competenza e al sostegno di tutti i nostri partner nella vicenda: la S. Fischer Stiftung, la Allianz Kulturstiftung, la European Cultural Foundation Budapest, il Goethe-Institut di Budapest, la redazione dell’edizione ungherese della rivista Lettera internazionale.

Il volume che qui presentiamo non offre una documentazione completa, ma solo una selezione dei diversi contributi su esperienze politiche e personali avute in e con l’Ungheria, sulle speranze e le delusioni connesse all’Europa. Vi si trovano discorsi e colloqui, testi poetici e pronunciamenti politici tratti dai materiali di quegli incontri. Alcuni di tali scritti portano forse con sé un’idea anche di quelle pagine che non si adattavano alla carta: colloqui la cui atmosfera sapeva dare speranza circa le esperienze di cui si parlava. È stata una buona esperienza per tutti, indimenticabile. Ed è stato l’inizio di un processo, che continua.

 

 

Heinrich Detering e  Eva Karadi

 

 




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