Per i morti di
Hiroshima
E
quando tutto fu compiuto
fu
solo il rantolo di un essere,
che
di umano aveva persa
ogni
sembianza,
a
dare al mondo
la Notizia
che
l’uomo aveva perso
ogni
ritegno e nella barbarie
del
progresso era piombato.
(1985)
Cartolina da Auschwitz
Mani
spinate
dita
d’Amore
semita
tra
i fili dell’odio
chiodate.
Vetri
di sangue
Vetri
di pianto
Vetri
nel vento
Così
a volte
dall’inferno
di Auschwitz
arrivano
cartoline
notturni
di pietà
tra
le note di Chopin
(2008)
Note di neve a Terezin
Folate
di voci bianche
disperse
note
di neve
nella
Notte musicale
del
Male Assoluto
e
niente più.
Com’è
triste
un
Allegro a Terezin!
Quanto
può durare un Presto
ora
nella
terra di Schubert?
(2008)
Sepolcri
d’acqua
Schiuma di cose
bottoni di vita
canto quinto senza
giochi
sepolcri d’acqua
nel canale dei miti della fame.
(2011)
Didone
nera
Qualche palmeto e già
le Pelagie
udrai allora un canto
nel sole
ed un azzurro sonno di
luce poi
nere gole di vento
migrante
avrà la notte sul
corpo. Sarà out
ancora Didone nera.
Urla di luce nel vento:
Sicilia.
(2011)
Violino
tuareg
Parole nomadi
acuti silenzi pieni di
luce
violino tuareg. Vento
che legge spartiti di
stelle.
Nella neve il filo di
stupore
di ingiurie piene
d’amore.
(2011)
Il
fieno dei sogni
Rock in your hair
il fieno dei sogni
allora
sporchi di fiori
La rabbia era
dolcissima a Woodstock
la luna la tetta del
mondo bianco
Minigonne
oceani
di libertà
Blues history for you
tomorrow.
Scalza leggeva foglie
d’erba
fumava libera l’urlo di
Ginsberg
dicendo alla carne del
vento una ballata
copriva di insulti e di
baci nuda nel sole
una schiena nera
al college!
(2012)
Odori
di cose celesti le tute
Crociere. È memoria che
dirocca
tra le spezie una
dispersa neve
di fornai
sporchi d’estate
ancora.
Sudore comune le
pietre. Celesti
mietute dalla terra
che danza
all’improvviso
la notte poi che
dispensa
odori di cose celesti
le tute.
Agra la luna
maggio poi un germoglio
che mi lievita.
(2012)
I
sogni delle tue scarpe chiuse
Sarà luce d’inverno il
tuo passo
nella città che
fuliggina il tram dell’alba,
andando a lavorare.
Tra scheletri di
lampioni la farina
della neve, distesa
indifferenza, desta
i sogni delle tue
scarpe chiuse stringhe
nel vento di un lavoro
straordinario: ha
pianto felicità il
cielo, tuta blu che ha famiglia,
le nuvole, gli uccelli
….
Nel cantiere lo
sciopero ha lasciato le pale
a guardare le stelle,
orda d’amore,
sorelle, precarie, oro
non pagato della notte,
la giornata dorme con
un occhio solo, tra gatti in amore,
rossa una nevicata di
libertà. Io lavoro domani!
(2012)
Fui
petrolio di carne con gli occhiali
Morii e fui rosa di
vita, sangue
sgorgato alla marina.
Mia madre, ombra impazzita,
mi coprì col suo pianto
di luce. Bestemmiato
fiore
Fui petrolio di carne
con gli occhiali
scuri che ridevano la
prosa di un bacio
Scrissi versi, randagi
di sacro, forse
brani di un Vangelo.
Usato.
Alla darsena vidi
ruvide primavere
ronde di piacere senza
divisa.
Oggi è il mare,
cardinale d’autunno,
che sa la ragione
nell’amore
raccontare guarita
sorsata di sale
la più fulgida
preghiera.
(2012,
inedito)
* Paolo
Carlucci (1966) è nato e vive a Roma. Ha seguito studi classici, conseguendo
la laurea sia in Lettere che in Filosofia. Svolge attività di docente nei
licei. Iscritto all’albo dei giornalisti pubblicisti del Lazio, collabora a
riviste, partecipa inoltre ad incontri letterari e culturali. Ha pubblicato nel
2010 il suo primo volume di poesie: Dicono
i tuoi pettini di luce. Canti di Tuscia, per i tipi della edilazio, collana
edilet. Nel 2011 è uscito il libro Strade
di versi (L’aura di Roma editrice).