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di Francesca Fiorletta
Pur di non avere l'aspetto che
hanno, pur di non avere la voce
che hanno, pur di non essere trattati come sono,
di soffrire come soffrono, eccetera, eccetera,
cambiano pettinatura,
sarto, coniuge, accento, amici, cambiano indirizzo,
naso,
carta da parati, addirittura forma di governo, solo
per essere
più simili a se stessi o meno simili a se stessi, o
più simili
o meno simili a quel prototipo esemplare la cui
immagine
sono destinati ad emulare o ripudiare ossessivamente
per tutta la vita [...].
Philip Roth
Lo
stralcio che ho appena riportato è solo una delle molteplici citazioni che
troviamo all’interno dell’interessantissimo quanto altamente dettagliato saggio
di Massimo Fusillo – L’altro
e lo stesso. Teoria e storia del doppio, I edizione La Nuova Italia 1998,
II edizione Mucchi Editore 2012, pp. 392, € 23,00 –, già stimato autore di Feticci. Letteratura, cinema, arti visive,
pubblicato, sempre quest’anno, per le edizioni Il Mulino.
La
sua carriera di docente accademico di critica letteraria e letterature
comparate, funge già da prima garanzia in merito alla sostanziale serietà e
alla studiata accuratezza con cui Fusillo mette in atto le sue ricerche
storiche e metodologiche, attraverso le quali sembra proprio condurre il
lettore, passo passo, verso la formazione di una fondata
teoria estetica e sociologica, a scandagliare le varie facce dello spinoso e
mai interamente risolto tema della duplicità e del confronto con l’altro da sé.
Questa
sorta di smisurata doppiezza, dunque, così magistralmente analizzata, in
maniera assai scevra da facili dicotomie intimistiche o da frettolose
manipolazioni eziologiche, altro non rappresenta, in sostanza, che la scissione
psicologica e fisiologica da sempre connaturata al genere umano tutto.
Fusillo
articola quindi il suo saggio, si diceva già molto corposo e particolareggiato,
usufruendo di ampi e appassionati rimandi tanto alla mitologia classica quanto
allo sperimentalismo novecentesco, passando attraverso lo sguardo
cinematografico più attuale, per rituffarsi subito in un crocevia di
fantasmagorie barocche e di dissonanze poetiche e fantastiche, tipiche della
ben più pacificata tradizione fiabesca.
Ma
proseguiamo con ordine.
Esemplare
la prefazione, redatta da Luigi Weber, che si rifà al celeberrimo testo del
1926 di Paul Valery, Prèface aux “Lettres Persanes”, il capolavoro di Montesquieu:
Immediatamente
si riproducono lo stupore di essere qualcuno, il ridicolo di ogni figura e di
ogni esistenza particolare, l’effetto critico provocato dal raddoppiamento dei
nostri stessi gesti, delle nostre credenze e delle nostre persone. Tutto ciò
che è sociale si fa carnevalesco. Tutto ciò che è umano si fa troppo umano,
singolarità, demenza, meccanismo, bazzecola.
Proprio
come nelle Lettere Persiane, dunque, il concetto stesso di realtà circostante
viene inizialmente allegorizzato, quindi destrutturato e successivamente
ricompreso, assecondando un processo di metabolizzazione intermediale che si
svela, da ultimo, perfettamente in grado di condurre l’individuo a rapportarsi
in modo quanto più autocosciente e veritiero possibile con se stesso e con la
società nella quale si trova ad operare e quindi a vivere, cioè appunto a
esistere in quanto entità agente e pensante.
È
quindi attraverso la sottile e affilata arma dell’ironia e della presunzione di
inconoscibilità di se stesso e dell’altro, che si giunge al disvelamento
di quei frusti schemi partitici e di buona parte degli schematismi sociali
precostituiti, i quali mirerebbero altresì ad una sorta di lobotomia privata e
collettiva, ai danni del genere umano in primis e poi, ovviamente, di tutti gli
ordinamenti pseudo civilizzati, colti nella loro seppur diffratta
interezza.
La
strategia della distrazione è, ancora, in questo saggio, altamente compromessa,
dacché Fusillo non lesina di fornire al lettore almeno tre grandi quadri
d’azione, esemplari di codeste strategie comportamentali, attuate in maniera
più o meno consapevole, a seconda dei bisogni storicamente circostanziati e
delle varie peculiarità etiche e artistiche analizzate.
L’identità rubata,
La somiglianza perturbante e La duplicazione dell’io sono i tre passi
sostanziali da compiere, secondo l’autore, affinché questo lungo saggio possa
essere fruito dal lettore accorto come una sorta di viatico letterario della
prassi soggettiva, in grado di attraversare, senza tema, i recessi più oscuri
del pensiero umano, le tecniche retoriche dello sdoppiamento e le strategie
visive della plurifocalità.
Mi sono risolto
Mi
sono voltato indietro
Ho scorto
uno
per uno negli occhi
i
miei assassini.
Hanno
-
Tutti quanti - il mio volto.
Giorgio Caproni, “Rivelazione” (1980).
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Stefano Lanuzza, Arte della notte 015, 1999
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