distacco
distacco gli occhi
da tutte le poesie
contro,
di delusioni
verso donne e uomini
abbandonati
cui resterebbe molta
vita
musica, colori,
persino respirare
dove trovare poesia,
in quale vicolo
sperduto di quale
secolo
il presente mi dà sì
ribellioni
con parole acute,
strofinate o
striscianti
ma loro che a volte
l’amore lo cantavano
senza perdono né
condanna
semplicemente per ciò
che era
o sembrava (solo a me?)
essere
dove s’è cacciato o
forse travestito
quest’amore gigante
e senza corsi e scuole
distacco da queste rime
con cuori devastati
senza perdono
ma perdenti già
vivo come sommerso
da multiple solitudini
esterne
che non sento, né mi
contengono
come fossero esercizi
algebrici
mai riuscito a
risolvere
è come se tutto
fosse una stampa
malandata
o un quadro stupendo d’un
pittore
che s’è ucciso nel
dipingerlo
o un taglia incolla di
chi
in poesia s’è tagliato
gola in vita
e allora godete questo
festival
dell’ipocrisia che,
ancora una volta,
la uccide dove altrove
vola,
altrove vive
elogio
del corpo morto
i
poeti vivono il cielo
gli
altri lo raggiungono o tentano
dopo,
solo dopo
i
poeti non hanno amici
bisogna
prima concedere loro il corpo
il
loro corpo morto
così
che poi possano cantarli
con
pochi spiccioli
di
tempo e di denaro
i
poeti non hanno amici
si
battono forte per averne
almeno
uno
ma è
questa l’unica cosa
che
non riescono a vedere
di
tutto il resto sanno
o
imparano
forse
per questo i poeti non muoiono mai
e
lasciano lì il corpo affinché
sia
ammirato, mostrato, lodato
il
loro corpo morto
e le
loro righe che non muoiono mai
cercano
di descrivere a chi resta
quanto
sia dura la vita
e
tenera la morte
e che
fatica immane
per
conquistarla
il
ladro di talento
sempre attento, in
agguato
sviluppando enormi narici
il ladro di talento
come ragno appostato
sorvegliando ogni mossa
che fosse o gli
apparisse geniale
ogni cosa da imitare
non avendo di proprio, proprio
nulla
il ladro di talento
prendeva tutto
persino la più misera
cosa
quella sua parte di
cervello
attiva solo per rubare
copiare imitare
così camminando
anche se non veniva
notato
sapeva, o almeno,
pensava di esistere
nota musicale o verso
salto con l’asta?
più difficile
ma il ladro di talento
s’appende ovunque
è fortunato
o come si dice:
ha sempre culo
rosso
del rosso abbondante in
strade morenti
del rosso di cuori che
non vedono sole
del rosso di sole che
non vedono cuori
di cuori al macello
di albe infuocate da
spari di cielo
di rosso del sangue di
fuochi
di giochi
di rosso del sangue d’una
vita
che nasce
di rosso della madre
che muore
di rosso annerito da
miniere e sudori
del rosso del vino che
ha sconfitto
la vita
del rosso del vino che
ubriaco di te
del rosso di palco di
sera da sballo
di rosso d’amore a
volte al tuo fianco
del rosso tramonto che
scambia
i miei giorni
del giorno che vita che
mi riporta a te
del rosso di luce di
quadri d’autore
di rosso di fiamma al
camino che scalda
del rosso di croce
quand’è solidale
di rosso che brucia ma
non porta calore
di rosso d’un fiore per
errore raccolto
di rosso di viscere di
lava
alla terra che lava
di rosso chiarore che
esplodendo
non vedi
di rosso che vesti
quando svesti il pudore
di rosso di labbra che
apri alle labbra
del rosso ferita al tuo
ventre e così
la mia vita comincia
la
poesia
Sublime
la poesia che scopre i sogni
cela ai vicini i
tormenti
frequentata da pochi
Sublime la poesia che
non sceglie il tempo
che non sceglie i
luoghi
che soprattutto non ha
nazione
Sublime la poesia
che diventa vita
Sublime la poesia
che nasconde desideri e
incubi
non saprai mai o
sarà troppo tardi
chi sei
chi potresti essere
e intanto regalo a
molti
ciò che vorrei offrire
solo a te
Sublime la poesia
che resta inganno
che illude il tempo
che non è tiranna
Sublime la poesia
quando non è egoista
gli
uni, gli altri
coi suoni animali feriti
feroci
come non ascoltare quei
suoni
fra violini e cannoni
si trattava di
scegliere l’inumana creatura
distinguere potrebbe fra
il ballo e la bomba
pochi esseri bestie
feroci arraffano tutto
anche quando non serve:
dall’acqua al diamante
mi resta di vivere
ancora con la certezza che
quella percentuale
minima che ci è data, rimanga
così da sopportare quel
suono, unica divinità cui credo
e che mi porta a
danzare leggero o goffo
mentre continuo a
sentire fra spari e croci
l’ebbrezza e
l’abbraccio il vecchio e il neonato
fatti così senza alcuna
legge che sia verità
volendo e cercando, rimanendo
libero
nell’acqua delle nuvole
dei fiumi del mare
in quell’acqua materna
e materia della quale siamo fatti
senza privatizzare come
il mio tempo, così il vostro
partite a volte
ritornando, a volte cadendo
da un lavoro sporco o
vigliacco, sopravvivendo
o vivendo da ricchi e
pesanti non pensanti né umani
a volte sperimentando armi
intelligenti
che uccidono quando non
ci siete
né vedete come potreste
voi così intelligenti
da spezzare la stessa
natura
senza capire che solo
lei è sempre vincente
il sole sorge comunque:
ha le sue carte da gioco
non truccate
così la vita rinasce (per
darvi ancora lavoro)
decidendo in pochi i destini
di tanti
corrotti feroci
assassini
di quei pochi che
lasciano la vita per la vita di altri
quel dio denaro che vi
ha da sempre sopraffatti
per quell’effimero
potere che fa le differenze
fra il canto e un mitra
nessuno vi dirà mai
che non ci sono maestri
né santoni o predicatori
a fermare uno scempio che
accade da sempre
oggi più visibile
sembrando più informati
manca la poesia che
come arma micidiale vi
blocchi
quella parola in uso
lento da dittatori
un giorno eroi quello
appresso assassini
manca quella stessa
lenta convincente
ben pronunciata che
filosofi da tempo spiegano
come fosse inutile, mentre
il viaggio prosegue
nei tempi e nei fatti così
eguali da lasciarci senza fiato
senza spiegazioni mentre
cercata a volte arriva
nell’abbraccio che esplode
nei cuori
e finalmente chiudendo
il sipario
del mio misero
spettacolo l’applauso si placa
e rivedo il mio destino:
le tue mani
che battono su di me
salvandomi ancora
Anche
ora che la luna
Anche
ora che la luna
a che serve se quando
tu c’eri
lei era già andata via.
Anche ora che la luna
c’è non ci sei tu
e mi domando se anche
le stelle giocano con te
come te e ancora mi
domando se nella terra
dove sei voluta andare
c’è la stessa luna e lo stesso mare
Anche ora che la luna
torna
tu forse se tornerai,
tu ritornerai diversa
non sarai più con me
che non ho luce
e non ho stelle in
universi andati
avevo speso i miei
pensieri tutti per te
E non ne trovo altri,
cerco invano prima
che la luna torni
mentre non ci sei.
Non sei più e mi chiedo
se la luna ha trucchi
e inganni se ha
complici o tiranni d’amore
quella luna che non
c’è.
Ed io qui seduto
davanti la soglia
e tu a guardare altro
cielo altro mare
dove la luna che qui
non c’è
lì c’è!
Vorrei
padri\figli
Quanti
hanno scritto
su figli padri e mai
non ho mai potuto
né parole dure o care
né incredibilmente
attente
lettere di madri padri
a figli
a volte distratti gli
uni o gli altri
da vicende di cuore
così tormentate che non
trovi
altro che il silenzio
dentro il dirupo non
deve mostrarsi
la vita dà e toglie
a volte diverte
o fila via rapida
ti trasforma in robot
in disumano operaio
per avere quel tanto da
vivere
spesso non è così
a volte puoi scegliere
fra una stagione al
mare
un auto una cena o
soltanto
un abbraccio così
stretto
da dolerti il cuore
io figlio che genitori
non ho avuto
non ho potuto imparare
che così poche cose
poche frasi insieme a
tanti silenzi e
solitudini
una vita troppo lunga
per viverla soffrirla o
goderla
da solo come clown se
non ci foste stati voi
presenti
sempre
il
secolo breve
l’abbiamo sognato il secolo che non ci appartiene
eppure facile farlo
nostro
avevamo seppellite
lettere d’amore e d’altro
ora parlano a noi di
noi
ci narrano come non
avessimo
finora vissuto una sola
emozione
che lascia memorie e
suoni
possibile neanche una
canzone
così che questo gennaio
per me
apparso sempre duro e
freddo
si scalda adesso coi
nostri fiati e suoni
e ogni musica sembrava
scritta
unicamente per noi
per te amore d’improvvisa
solitudine
svanita
per me amore che
ritrovo voglia
di guardare un quadro
o cosa resta per noi
nel frigo
per anni sofferente di
solitudini
per quello muovo i
passi
come un barbone che si
riprende d’un tratto
o un clochard
salvato dalle braci
appiccate da se stesso
così che il mondo
attorno si colora
e il secolo presente
non fa che appartenerci
tutto
malgrado tutto
notte
d’inverno
La
notte d’inverno ha
il nostro scontento
come tante senza naso
all’insù
per vedere albe o
tramonti
fra auto inquietanti di
protagonisti
ignari persino delle
loro vite
sembra suonare un sax
ma
l’odore di cipolla
avvolge
la metropoli come fosse
un paesino
in coda fumo e fuoco
che non vediamo
respinti come siamo a
contare il fondo
d’un barile che sembra
luccichi d’oro e d’argento
come mai avessi visto
una foglia cadere
come pupazzi contro
pupazzi armati
le strade le piazze in
protesta altrove
qui dove tutto tace fa
ancora più paura
che possa accadere
l’imprevedibile
come prevedibilmente
già accaduto
e si fa notte al mio
giorno poco cielo
poca luce e tante
stragi che ricordano
bombe su bombe cadere
mentre
correvamo in strade
sconosciute ormai
di macerie e pezzi di
vita che cantavano
vendette e illusioni,
ecco a cosa serve la memoria
e ancora di quegli anni
non mi tradisce
e vedo questi senza
voler capire
gli altri che paiono
non capire
rubando anche l’ultima
speranza
la dignità
a
volte, il vento
non sembra
e non sempre accade
che urla o piega
talvolta quieto
altre d’improvviso
spalanca il mare
dissolve il cielo
inganna gli occhi
quando si placa
lascia qualche legno
e tanto stupore
rarissime volte
nel silenzio e nell’oblio
senti? s’apre un suono
che lo rappresenta
forte tenero selvaggio
ostinato
nelle sue carezze
come noi davanti l’intemperie
ogni distacco seppur
lieve
lascia tracce
ogni oggetto rimane
immobile così
come lo hai lasciato
scomposto disordinato
le tracce dai nostri
corpi
in tempesta
questo il vero nome del
vento
differenziata
il principio fu
e lo dissero in tanti
predicatori maestri
miseri
professori ambulanti
in principio fu di guardare
la luce
provocata dal buio
d’ascoltare le verità
concesse dal silenzio
di assaporare fiutando
il nemico potente
che squassava il
cervello
erano pochi gli anni
tenevo aperti gli occhi
e stretti i pugni
sapevo camminare scalzo
e mangiare
quel poco per rimanere
vivo
quanti oggetti
eliminati
neanche ricordo di cosa
vivessi e vivo
vivo
bastavano le gambe per
muoversi in terra
bastavano gli occhi e
navigavo il cielo
tutto il resto in
confezione elegante
diventava materia
differenziata
non faceva per me
non fa ancora per me
solo al contenuto tenevo
e tengo
e quello rimane dentro
e fuori di me
con la forza di braccia
abituate all’abbraccio
con un cuore sbattuto
che a volte appare d’acciaio
era il principio ed è
la terra che potevo
e posso camminare
per il cielo bastano
ali che non ho smesso d’indossare
biancanani
stiamo costruendo per i
nostri figli
un mondo stracolmo di
“nani”
senza alcuna Biancaneve
che potrà pulire la
spazzatura
creata addosso intorno
e dentro di loro.
Che mi perdonino i narratori
di fiabe.
tre
minuti
vorrei soltanto
adesso, proprio ora,
tre soli minuti
tempo che afferma
il dominio del silenzio
e la conferma dell’esistere
tuo e mio
quei tre minuti
saranno memorie
per tutto l’altro
divenire
solo
nei libri
non avevo frontiere
percorsi
il mondo appariva per
me
quel colore acre o
sublime di natura
amici animali attorno
le case
con compagni con occhi
di vita
le certezze di essere
me
mai solo
né sconfitto
quel poco che è tanto
e che basta
come un lampo m’è
andata via
la vita
le mani tese senza
afferrare
comprare
trasmettere
mai
lacrime viste dovunque
e vedevo te
l’amore che manca
l’amore che c'è
ma tutto questo era
scritto
nei libri
soltanto nei libri
sembrava
ora su pelle
d’un tratto
apparita
Cenere
Nasceva
il mondo tenero bambino
feroce assassino.
Nasceva stordito
guardava attorno a sé
dov’era la luce.
Nasceva il mondo e
anch’io ma tu
no non c’eri ancora tu.
Credevo sognare
guardavo perduto animali
sgozzarsi fra loro una
musica dolce sembrava
un pianoforte che già
c’era
tu ancora no tu no
Nasceva il mondo
guardavo le stelle e la
luna
parevano piangere per
quante stragi
l’uomo sotto commetteva
com’era possibile?
Nascevo io e i popoli
si massacravano
tu ancora non c’eri
s’inventavano i giochi
s’illuminavano
le strade arrivavano
inglesi americani
il jazz sostituiva il
flamenco
ricostruivamo strade e
case
si spazzava la cenere a
tonnellate
nasceva di nuovo il
mondo
Tu ancora no
Nasceva il mondo
l’amore con me
lasciavo case e nonni
l’Etna ricopriva ancora
di cenere appena spazzata
le città, anche la mia
ma tu, tu non arrivavi
sbrigati ch’è tardi
come farò sennò ad
amarti
se ancora tu, tu ancora
non arrivi
Eppure si lasciavano
dietro
Ricordi di vite
bruciate.
O soltanto uomini e
donne e bambini in cerca di cenere
per riavere qualcosa
ch’era andato perduto.
Ma tu, tu dov’eri
ancora?
Suonavo, suonavo per
te, in attesa di te
anche ora che la luna
non c’è
le note di piano
prendevano strade e colori
coprivano il grigio del
mondo
arrivavano stelle con
ancora più luce
Appena bambino qualcuno
mi disse
aspetta ancora un po’
studia le note
arriverà anche lei, ci
sarai anche tu
ma tu, tu ancora non
c’eri
ed io già vecchio di
cent’anni
già ci pensavo
tenendoti stretta
In silenzio un silenzio
di note
sfiorate di dita che
andavano
volavano per rendere
dolci
l’immane tragedia che
uccideva
milioni e milioni di
persone così
per fare cenere per
riscaldare.
Nasceva il mondo, dio,
perché,
nascere se tu ancora
non ci sei?
Sarà tardi, troppo,
sarà ormai troppo tardi
sarò cenere anch’io
quando tu arriverai
si spezzeranno dita con
la voglia di suonare
ma io ci sarò, ombra,
magica per te
io ci sarò sempre ad
amarti
a tenerti le dita fra
le mani
anche quando il mondo
si spezzerà
e luna e stelle e cielo
andranno via
e noi con loro per
sempre
e saremo solo cenere
nel vento
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