CHECKPOINT POETRY
BEPPE COSTA
 


distacco

 

distacco gli occhi

da tutte le poesie contro,

di delusioni

verso donne e uomini

abbandonati

cui resterebbe molta vita

musica, colori,

persino respirare

 

dove trovare poesia,

in quale vicolo

sperduto di quale secolo

il presente mi dà sì ribellioni

con parole acute,

strofinate o striscianti

ma loro che a volte

l’amore lo cantavano

senza perdono né condanna

semplicemente per ciò che era

o sembrava (solo a me?) essere

 

dove s’è cacciato o forse travestito

quest’amore gigante

e senza corsi e scuole

distacco da queste rime

con cuori devastati

senza perdono

ma perdenti già

 

vivo come sommerso

da multiple solitudini esterne

che non sento, né mi contengono

come fossero esercizi algebrici

mai riuscito a risolvere

 

è come se tutto

fosse una stampa malandata

o un quadro stupendo d’un pittore

che s’è ucciso nel dipingerlo

 

o un taglia incolla di chi

in poesia s’è tagliato gola in vita

 

e allora godete questo festival

dell’ipocrisia che, ancora una volta,

la uccide dove altrove vola,

altrove vive

 

 

elogio del corpo morto

 

i poeti vivono il cielo

gli altri lo raggiungono o tentano

dopo, solo dopo

i poeti non hanno amici

bisogna prima concedere loro il corpo

il loro corpo morto

così che poi possano cantarli

con pochi spiccioli

di tempo e di denaro

 

i poeti non hanno amici

si battono forte per averne

almeno uno

ma è questa l’unica cosa

che non riescono a vedere

di tutto il resto sanno

o imparano

 

forse per questo i poeti non muoiono mai

e lasciano lì il corpo affinché

sia ammirato, mostrato, lodato

il loro corpo morto

e le loro righe che non muoiono mai

 

cercano di descrivere a chi resta

quanto sia dura la vita

e tenera la morte

e che fatica immane

per conquistarla

 

 

il ladro di talento

 

sempre attento, in agguato

sviluppando enormi narici

 

il ladro di talento

come ragno appostato

sorvegliando ogni mossa

che fosse o gli apparisse geniale

ogni cosa da imitare

non avendo di proprio, proprio nulla

 

il ladro di talento prendeva tutto

persino la più misera cosa

quella sua parte di cervello

attiva solo per rubare

copiare imitare

 

così camminando

anche se non veniva notato

sapeva, o almeno,

pensava di esistere

nota musicale o verso

salto con l’asta?

più difficile

 

ma il ladro di talento

s’appende ovunque

è fortunato

o come si dice:

ha sempre culo

 

 

rosso

 

del rosso abbondante in strade morenti

del rosso di cuori che non vedono sole

del rosso di sole che non vedono cuori

 

di cuori al macello

di albe infuocate da spari di cielo

di rosso del sangue di fuochi

di giochi

 

di rosso del sangue d’una vita

che nasce

di rosso della madre che muore

 

di rosso annerito da miniere e sudori

del rosso del vino che ha sconfitto

la vita

del rosso del vino che ubriaco di te

 

del rosso di palco di sera da sballo

di rosso d’amore a volte al tuo fianco

del rosso tramonto che scambia

i miei giorni

 

del giorno che vita che mi riporta a te

del rosso di luce di quadri d’autore

di rosso di fiamma al camino che scalda

del rosso di croce quand’è solidale

 

di rosso che brucia ma non porta calore

di rosso d’un fiore per errore raccolto

 

di rosso di viscere di lava

alla terra che lava

di rosso chiarore che esplodendo

non vedi

 

di rosso che vesti quando svesti il pudore

di rosso di labbra che apri alle labbra

 

del rosso ferita al tuo ventre e così

la mia vita comincia

 

 

la poesia

 

Sublime la poesia che scopre i sogni

cela ai vicini i tormenti

frequentata da pochi

Sublime la poesia che non sceglie il tempo

che non sceglie i luoghi

che soprattutto non ha nazione

Sublime la poesia

che diventa vita

Sublime la poesia

che nasconde desideri e incubi

non saprai mai o

sarà troppo tardi

chi sei

chi potresti essere

e intanto regalo a molti

ciò che vorrei offrire solo a te

Sublime la poesia

che resta inganno

che illude il tempo

che non è tiranna

Sublime la poesia quando non è egoista

 

 

gli uni, gli altri

 

coi suoni animali feriti feroci

come non ascoltare quei suoni

fra violini e cannoni

 

si trattava di scegliere l’inumana creatura

distinguere potrebbe fra il ballo e la bomba

pochi esseri bestie feroci arraffano tutto

anche quando non serve: dall’acqua al diamante

 

mi resta di vivere ancora con la certezza che

quella percentuale minima che ci è data, rimanga

così da sopportare quel suono, unica divinità cui credo

e che mi porta a danzare leggero o goffo

mentre continuo a sentire fra spari e croci

l’ebbrezza e l’abbraccio il vecchio e il neonato

fatti così senza alcuna legge che sia verità

volendo e cercando, rimanendo libero

nell’acqua delle nuvole dei fiumi del mare

in quell’acqua materna e materia della quale siamo fatti

senza privatizzare come il mio tempo, così il vostro

partite a volte ritornando, a volte cadendo

da un lavoro sporco o vigliacco, sopravvivendo

o vivendo da ricchi e pesanti  non pensanti né umani

a volte sperimentando armi intelligenti

che uccidono quando non ci siete

né vedete come potreste voi così intelligenti

da spezzare la stessa natura

senza capire che solo lei è sempre vincente

 

il sole sorge comunque: ha le sue carte da gioco

non truccate

così la vita rinasce (per darvi ancora lavoro)

decidendo in pochi i destini di tanti

corrotti feroci assassini

di quei pochi che lasciano la vita per la vita di altri

quel dio denaro che vi ha da sempre sopraffatti

per quell’effimero potere che fa le differenze

fra il canto e un mitra

 

nessuno vi dirà mai

che non ci sono maestri né santoni o predicatori

a fermare uno scempio che accade da sempre

oggi più visibile sembrando più informati

 

manca la poesia che

come arma micidiale vi blocchi

quella parola in uso lento da dittatori

un giorno eroi quello appresso assassini

manca quella stessa lenta convincente

ben pronunciata che filosofi da tempo spiegano

come fosse inutile, mentre il viaggio prosegue

nei tempi e nei fatti così eguali da lasciarci senza fiato

senza spiegazioni mentre cercata a volte arriva

nell’abbraccio che esplode nei cuori

 

e finalmente chiudendo il sipario

del mio misero spettacolo l’applauso si placa

e rivedo il mio destino: le tue mani

che battono su di me

salvandomi ancora

 

 

Anche ora che la luna

 

Anche ora che la luna

a che serve se quando tu c’eri

lei era già andata via.

Anche ora che la luna c’è non ci sei tu

e mi domando se anche le stelle giocano con te

come te e ancora mi domando se nella terra

dove sei voluta andare c’è la stessa luna e lo stesso mare

Anche ora che la luna torna

tu forse se tornerai, tu ritornerai diversa

non sarai più con me che non ho luce

e non ho stelle in universi andati

avevo speso i miei pensieri tutti per te

E non ne trovo altri, cerco invano prima

che la luna torni mentre non ci sei.

Non sei più e mi chiedo se la luna ha trucchi

e inganni se ha complici o tiranni d’amore

quella luna che non c’è.

Ed io qui seduto davanti la soglia

e tu a guardare altro cielo altro mare

dove la luna che qui non c’è

lì c’è!

Vorrei

 

 

padri\figli

 

Quanti hanno scritto

su figli padri e mai

non ho mai potuto

né parole dure o care

né incredibilmente attente

 

lettere di madri padri a figli

a volte distratti gli uni o gli altri

da vicende di cuore

così tormentate che non trovi

altro che il silenzio

 

dentro il dirupo non deve mostrarsi

 

la vita dà e toglie

a volte diverte

o fila via rapida

 

ti trasforma in robot

in disumano operaio

per avere quel tanto da vivere

 

spesso non è così

a volte puoi scegliere

fra una stagione al mare

un auto una cena o soltanto

un abbraccio così stretto

da dolerti il cuore

 

io figlio che genitori non ho avuto

non ho potuto imparare

che così poche cose

poche frasi insieme a

tanti silenzi e solitudini

 

una vita troppo lunga

per viverla soffrirla o goderla

da solo come clown se

 

non ci foste stati voi

presenti

 

sempre

 

 

il secolo breve


l’abbiamo sognato il secolo che non ci appartiene

eppure facile farlo nostro

avevamo seppellite lettere d’amore e d’altro

ora parlano a noi di noi

 

ci narrano come non avessimo

finora vissuto una sola emozione

che lascia memorie e suoni

 

possibile neanche una canzone

così che questo gennaio per me

apparso sempre duro e freddo

 

si scalda adesso coi nostri fiati e suoni

e ogni musica sembrava scritta

unicamente per noi

 

per te amore d’improvvisa solitudine

svanita

per me amore che ritrovo voglia

di guardare un quadro

 

o cosa resta per noi nel frigo

per anni sofferente di solitudini

per quello muovo i passi

come un barbone che si riprende d’un tratto

o un clochard

salvato dalle braci appiccate da se stesso

 

così che il mondo attorno si colora

e il secolo presente non fa che appartenerci

tutto

 

malgrado tutto

 

 

notte d’inverno

 

La notte d’inverno ha

il nostro scontento

come tante senza naso all’insù

per vedere albe o tramonti

 

fra auto inquietanti di protagonisti

ignari persino delle loro vite

 

sembra suonare un sax ma

l’odore di cipolla avvolge

la metropoli come fosse un paesino

in coda fumo e fuoco che non vediamo

 

respinti come siamo a contare il fondo

d’un barile che sembra luccichi d’oro e d’argento

come mai avessi visto una foglia cadere

come pupazzi contro pupazzi armati

 

le strade le piazze in protesta altrove

qui dove tutto tace fa ancora più paura

che possa accadere l’imprevedibile

come prevedibilmente già accaduto

 

e si fa notte al mio giorno poco cielo

poca luce e tante stragi che ricordano

bombe su bombe cadere mentre

correvamo in strade sconosciute ormai

 

di macerie e pezzi di vita che cantavano

vendette e illusioni, ecco a cosa serve la memoria

e ancora di quegli anni non mi tradisce

 

e vedo questi senza voler capire

gli altri che paiono non capire

rubando anche l’ultima speranza

 

la dignità

 

 

a volte, il vento

 

non sembra

e non sempre accade

che urla o piega

 

talvolta quieto

altre d’improvviso

spalanca il mare

dissolve il cielo

 

inganna gli occhi

 

quando si placa

lascia qualche legno

e tanto stupore

 

rarissime volte

nel silenzio e nell’oblio

 

senti? s’apre un suono

che lo rappresenta

 

forte tenero selvaggio

ostinato

nelle sue carezze

come noi davanti l’intemperie

 

ogni distacco seppur lieve

lascia tracce

 

ogni oggetto rimane

immobile così

come lo hai lasciato

 

scomposto disordinato

 

le tracce dai nostri corpi

in tempesta

 

questo il vero nome del vento

 

 

differenziata

 

il principio fu

e lo dissero in tanti

predicatori maestri miseri

professori ambulanti

in principio fu di guardare la luce

provocata dal buio

d’ascoltare le verità concesse dal silenzio

di assaporare fiutando il nemico potente

che squassava il cervello

 

 

erano pochi gli anni

tenevo aperti gli occhi e stretti i pugni

sapevo camminare scalzo e mangiare

quel poco per rimanere vivo

 

quanti oggetti eliminati

neanche ricordo di cosa vivessi e vivo

vivo

 

bastavano le gambe per muoversi in terra

bastavano gli occhi e navigavo il cielo

 

tutto il resto in confezione elegante

diventava materia differenziata

 

non faceva per me

non fa ancora per me

 

solo al contenuto  tenevo  e tengo

e quello rimane dentro e fuori di me

 

con la forza di braccia abituate all’abbraccio

con un cuore sbattuto che a volte appare d’acciaio

 

era il principio ed è la terra che potevo

e posso camminare

per il cielo bastano

ali che non ho smesso d’indossare

 

 

biancanani

 

stiamo costruendo per i nostri figli

un mondo stracolmo di “nani”

senza alcuna Biancaneve

che potrà pulire la spazzatura

creata addosso intorno e dentro di loro.

Che mi perdonino i narratori di fiabe.

 

 

tre minuti

 

vorrei soltanto

adesso, proprio ora,

tre soli minuti

tempo che afferma

il dominio del silenzio

e la conferma dell’esistere

tuo e mio

 

quei tre minuti

saranno memorie

per tutto l’altro divenire

 

 

solo nei libri

 

non avevo frontiere

percorsi

il mondo appariva per me

quel colore acre o sublime di natura

 

amici animali attorno le case

con compagni con occhi di vita

le certezze di essere me

mai solo

né sconfitto

quel poco che è tanto

e che basta

 

come un lampo m’è andata via

la vita

le mani tese senza afferrare

comprare

trasmettere

 

mai

 

lacrime viste dovunque

e vedevo te

l’amore che manca

l’amore che c'è

 

ma tutto questo era scritto

nei libri

soltanto nei libri

 

sembrava

ora su pelle

d’un tratto

apparita

 

 

Cenere

 

Nasceva il mondo tenero bambino

feroce assassino.

Nasceva stordito guardava attorno a sé

dov’era la luce.

Nasceva il mondo e anch’io ma tu

no non c’eri ancora tu.

Credevo sognare guardavo perduto animali

sgozzarsi fra loro una musica dolce sembrava

un pianoforte che già c’era

tu ancora no tu no

Nasceva il mondo

guardavo le stelle e la luna

parevano piangere per quante stragi

l’uomo sotto commetteva

com’era possibile?

Nascevo io e i popoli si massacravano

tu ancora non c’eri

s’inventavano i giochi s’illuminavano

le strade arrivavano inglesi americani

il jazz sostituiva il flamenco

ricostruivamo strade e case

si spazzava la cenere a tonnellate

nasceva di nuovo il mondo

Tu ancora no

Nasceva il mondo l’amore con me

lasciavo case e nonni

l’Etna ricopriva ancora di cenere appena spazzata

le città, anche la mia

ma tu, tu non arrivavi

sbrigati ch’è tardi

come farò sennò ad amarti

se ancora tu, tu ancora non arrivi

Eppure si lasciavano dietro

Ricordi di vite bruciate.

O soltanto uomini e donne e bambini in cerca di cenere

per riavere qualcosa ch’era andato perduto.

Ma tu, tu dov’eri ancora?

Suonavo, suonavo per te, in attesa di te

anche ora che la luna non c’è

le note di piano prendevano strade e colori

coprivano il grigio del mondo

arrivavano stelle con ancora più luce

Appena bambino qualcuno mi disse

aspetta ancora un po’ studia le note

arriverà anche lei, ci sarai anche tu

ma tu, tu ancora non c’eri

ed io già vecchio di cent’anni

già ci pensavo tenendoti stretta

In silenzio un silenzio di note

sfiorate di dita che andavano

volavano per rendere dolci

l’immane tragedia che uccideva

milioni e milioni di persone così

per fare cenere per riscaldare.

Nasceva il mondo, dio, perché,

nascere se tu ancora non ci sei?

Sarà tardi, troppo, sarà ormai troppo tardi

sarò cenere anch’io quando tu arriverai

si spezzeranno dita con la voglia di suonare

ma io ci sarò, ombra, magica per te

io ci sarò sempre ad amarti

a tenerti le dita fra le mani

anche quando il mondo si spezzerà

e luna e stelle e cielo andranno via

e noi con loro per sempre

e saremo solo cenere nel vento

 

 

 

>   beppe-costa.blogspot.com/

 

 




Scarica in formato pdf  


 
Sommario
Checkpoint Poetry

Il contatore dei visitatori Shiny Stat è attivo da dicembre 2006