I BIMBI DELLE VOSTRE ANIME
Gli
occhi
da
bimbo
sono
azzurri
o
verdi
nelle
strade deserte
della
mia anima,
e un
sorriso
da
bimbo
imbocca,
contromano,
sensi
vietati.
Non
anestetizzate
i
bimbi
delle
vostre anime;
essi
erediteranno
i
vostri dolori,
e,
piangendo,
ne
trarranno
emozioni.
L’ALBERO DI NATALE
Prendi
la mia mano
bambino
africano
bambino
indiano
bambino
slavo
sollevati
dalla tua culla
di
rame e filo spinato,
smetti
di dormire
bambino
africano
bambino
indiano
bambino
slavo
coperto
da stracci
dei
cassonetti Caritas.
Padre
lavavetri, e madre battona,
bambino
africano
bambino
indiano
bambino
slavo
forse
gli uffici postali ti recapiteranno,
entro
Gennaio, doni degni di un re (esiliato);
non
morire
bambino
africano
bambino
indiano
bambino
slavo
nell’attesa
del sorriso dei vincenti,
i
nostri occhi si accendono ad intermittenza,
e i
nostri cuori sono spenti.
Gli
alberi di Natale
non
mettono radici
nelle
strade cementate
delle
nostre città
racchiuse
nei ghiacci
di
emozioni congelate.
VERSI INTROVERSI
Pure
io, senza volere, forse,
forse
senza coscienza,
nella
mia sfinente elemosina d’esser uomo
mi
son vantato, triste anatomopatologo,
d’avere
constatato i decessi esausti
delle
nostre divinità infere, e celesti;
ma adesso,
laidi consacrati,
ci
restano, angoscia, vuoto, silenzi,
aziende,
e irrealizzabili sogni di maternità.
L’onnipotente
è morto,
denigrato,
bestemmiato, assassinato;
ora, a chi imporre
i
nostri vincoli d’insulsa
impotenza,
se
non a me, se non a voi stessi,
denigrandoci,
bestemmiandoci, assassinandoci,
nell’ergastolo
distonico di un’esistenza
schiava
dell’introversione,
con
l’unica amnistia,
solo
mia,
a
canoni inversi,
cullata in
antri d’alchimia
da
versi introversi.
CANI RANDAGI
Potenti, ricchi, belli,
non
donate calci ai cani
che
cerchino dèi o carezze
nei
meandri dei canili urbani.
Per
terra, insofferente,
abbandonato
alla catena
d’una
vita solitaria
in
odore di saggezza o di cancrena,
dormendo
sulla noia dei vincenti,
non
mi arrendo
e
refrattario alle carezze
mostro
i denti!
Io,
non
soffro museruole
da
passioni a lungo corso
mentre
voi, cavalli domi
siete
sazi d’ogni morso.
No,
non scaglio
la
mia rabbia declassata a idrofobia,
nelle
vostre cucce d'oro foderate d’amnistia.
Potenti,
ricchi, belli,
nell’offrire
calci ai cani
che
cerchino dèi e carezze
nei
meandri dei canili urbani,
sentite
i vostri animi a disagio,
nel
dubbio d’incontrare me,
cane
randagio.
L’ATTESTATO
Poeti,
cantautori, uomini d’arte,
son
desolato
di
non riuscire a vedermi
consacrato
nei
righi candidi, tratto arabesco,
d’un
attestato.
Non
ho salvacondotti metrici
racchiusi in
un cassetto,
della
mia razza, Dio santo,
son
stato unico
‒
l’ammetto! ‒
ad
aver cercato
di
scarabocchiare
i
miei schiamazzi
in
reti da bracconiere,
nel
desiderio matto
d’evitar
foglie d’alloro,
e carote
nel sedere.
Poeti,
scrittori, imbianchini stanchi,
artisti
da baccellierati
non
siete stufi
di
vendere, al metro,
i
vostri gioielli grafici
i
vostri starnuti poetici
come
carta d’apparati?
Dal
mio dolore, dalle mie sconfitte,
non scorgo
orizzonti mistici di vendetta:
il
calore infernale della fama non m’abbronza,
in
cerca, al massimo, di rime baciate
con
seriche terzine della Fiamma Monza.
Poeti,
cantautori,
cattivi
samaritani, autori di corte,
son
desolato di non riuscire a affezionarmi
ad
attestati, della mia morte.
MOSTRI
Quando
i mostri, zitti zitti,
s’avvicinano,
rubandomi i comandi,
stralciando
i miei sorrisi
c’è
vuoto, oblio di mille mondi,
sulla
mia schiena, nella mia mente,
da
non riuscire ad alzarmi,
nell’ansia
di difendermi da ogni delusione,
da
non riuscire a alzare scudi di cartone.
Quando
i mostri, zitti zitti, s’avvicinano,
attentando
a desideri, ammazzando nuvole,
c’è
dolore intenso,
senza
sensi, senza senso
dove
ci sono cuore e stomaco,
nell’apatia
d’un insidioso blocco neurale,
nella
certezza di non adottare bimbi,
che
non ci saranno altri mici,
credendo
di annegare mille lacrime,
senza
riuscire a piangere, senza riuscire a navigare.
Quando
i mostri, zitti zitti, s’avvicinano,
arrestando
i venti, molestando salici,
vicino
a me non c’è nessuno,
cercando
di mandar dentro aria,
e
fuori sogni d’una testa vuota,
di
scuotermi con violenza,
sguardo
fisso alle pareti,
male
ai muscoli del collo,
boccheggio devastato,
come
i resti della cena
nel
buio d’uno scarico intasato.
Quando
i mostri
se
ne vanno, io resto,
mostro
d’intensità minore
senza manie
d’arresto,
narciso
caduto
in
una brocca di fango
in
corsa su binari umidi
nelle
urla d’un dittongo,
a
terrorizzare i tuoi mostri,
tragici
schiavi di moralità cablate,
mettendo
aceto, e sale,
nell’olio
delle tue insalate.
BUSINESS
PLAN
Nella
mia vita, nella vita vostra,
moltissimi
costi, rari benefici.
Molti:
rifiuti di chi non ama,
esclusioni
da escursione termica,
attribuzione
ad altri di meriti tuoi,
tumori, disfatte,
sensazioni d’asfissia,
e
mal di denti.
Pochi:
adesioni incondizionate,
sentimenti
vibranti, mici da
coccolare,
amore.
Potrei
dirvi, in altri termini, che vivere vi costa molto,
sotto
assedio, abbracciati e vinti, costretti a nascere,
curiosi
di cosa vi riserverà un futuro buttato nella lotta,
aiutando
chi intristisce, scudieri
di
sensibilità e cervello,
condivisioni
sfortunate.
Potrei
dirvi un mare di cazzate,
sulle vostre
vite da lumache corazzate!
Vorrei
esser scudo di chi si sente male,
lancia
nel costato
di
chi si non s’è voltato
a
vedere un Cristo nudo,
massacrato
di botte,
senza dover
essere
un
nuovo Don Chisciotte;
vorrei
esser Sancho,
rifiutato,
e sconcio,
deluso,
brutto
‒
dannazione! ‒,
con
nel ventre
rabbia
e umiliazione,
dallo
scudo rotto,
senza
una bilancia
per
poter mettere
costi
a destra, e
benefici
nella pancia.
MALOCCHIO
Guardando
travi, travi di rovere,
mentre
tutti ballano,
mentre
tutti ridono,
mentre
tutti scrivono,
immerso
in un dolore che non dimentica
i
nostri trascorsi da belve umane,
nascondo
i miei salici in camere oscure,
nell’attesa
di cuccioli che mi mordano i sandali,
nell’attesa
oziosa di te,
inventata
dalle carte di una chiromante ubriaca,
nell’attesa
oziosa di me,
invenzione
subdola d’un mondo sudicio,
artista
scialacquatore, artista sciacquone.
Guardando
travi,
nelle
tempeste della vita,
messo
in ginocchio,
senza
trovare pagliuzze d’oro
dentro
le notti buie
di
Malocchio.
SHALOM ALEIKHEM
Ai
margini della decenza, forse,
del
ricovero in una clinica di malattie mentali,
discuto
con te, desiderando ridiscutermi,
bloccato
da una crisi nera come i chemio-cobalti
d’un
vecchio su una sedia a rotelle,
senza
sconti, senza storni
cui
mirare, tremolando.
Nella
certezza di non essere eterni,
di
non avere mille anni,
nemmeno
cento, cazzo,
davanti,
o dietro,
nelle
certezza che, in un momento,
i
cieli smettano di tuonare,
i
mari di battere i marciapiedi
delle
città costiere,
per
noi, per noi,
senza
un avviso, senza un’intuizione di senso,
non
invidio i tuoi soldi, vita brillante, occasioni,
macchine,
successi;
ora,
ti invidio lei,
desiderio
assassinato sulla strada di Damasco,
meretrice
sublimata in una vita di studio e di ricerca,
senza
rimedio, senza attimi estorti d’esitazione.
Ritornando
alle macerie dei miei disastri, ribonucleari,
di
vita dura, di vita vera, combattendo,
casa
su casa, via su via,
in
difesa di chi soffre,
shalom
aleikhem.
FUORI DAL TRAMONTO
Prima
del cadere d’un sole freddo
tra
le cento braccia d’Ade addormentato,
ci
siam trovati, tutti, avvinti nel silenzio
di
un venerdì sera d’atmosfera natalizia,
davanti
ad un cielo mestruato, sterile,
forse,
rosso dalla rabbia di non esser madre
di
dèi, di vittorie, o di mattine senza dolore,
davanti
a un cielo tanto livido
da
annichilire tutti i nostri sogni d’inventario.
E il
dubbio di essere contagiati,
per
un momento, fugace, per un attimo solo,
dalla
serenità di esistere nei magazzini
d’un’area
industriale, ci attanaglia,
dimentichi
di doverci vivere
anche
fuor di metafora,
fuori
dal tramonto.
* Ivan Pozzoni è nato a Monza nel 1976; si è
laureato in diritto con una tesi sul filosofo ferrarese Mario Calderoni. Ha
diffuso molti articoli dedicati a filosofi italiani dell’Ottocento e del Novecento,
e diversi contributi su etica e teoria del diritto del mondo antico; collabora
con numerose riviste italiane e internazionali. Tra 2007 e 2010 sono uscite
varie sue raccolte di versi: Underground
e Riserva Indiana, con A&B
Editrice, Versi Introversi, Androgini, Mostri e Galata morente
con Liminamentis, Lame da rasoi, con
Joker; tra 2009, 2010 e 2011 ha curato le antologie poetiche Retroguardie (Liminamentis), Demokratika, (Liminamentis), Tutti tranne te! (Liminamentis), Frammenti ossei (Liminamentis); nel 2010
ha curato la raccolta interattiva Triumvirati
(Liminamentis). Tra 2008 e 2010 ha curato i volumi: Grecità marginale e nascita della cultura occidentale
(Liminamentis), Cent’anni di Giovanni
Vailati (Liminamentis), I Milesii
(Liminamentis), Voci dall’Ottocento
(Liminamentis), Benedetto Croce
(Liminamentis), Voci dal Novecento I
(Liminamentis) e Voci dal Novecento II
(Liminamentis); nel 2009 sono usciti i suoi: Il pragmatismo analitico italiano di Mario Calderoni (IF Press) e L’ontologia civica di Eraclito d’Efeso
(Liminamentis). È direttore culturale della Liminamentis Editore; è direttore
de L’arrivista – Quaderni democratici.
In un’azienda della D. O. è logistico.