TRADUCENDO MONDI
I LIMERICK
DI EDWARD LEAR
“C’era un certo signore a Calcutta”


      
Come vanno tradotte le celebri composizioni nonsense del poeta londinese? Le due autrici di una nuova versione italiana di questi testi analizzano la loro struttura rimica e metrico-ritmica e confrontano la propria traduzione con quella ‘storica’ di Carlo Izzo e con quella più recente di Ottavio Fatica, premio Mondello 1994.
      



      

di Francesca Cosi e Alessandra Repossi

 

 




Signore a Calcutta


 

There was an Old Man of Calcutta,
Who perpetually ate bread and butter;
Till a great bit of muffin,

On which he was stuffing,
Choked that horrid old man of Calcutta.

 

C’era un certo signore a Calcutta,

S’abbuffava di strutto e di frutta;

Ma un bel dì un maritozzo

Incastrato nel gozzo

Strozzò il bieco signor di Calcutta

 

Ecco uno dei limerick per i quali è ricordato Edward Lear, con disegno dell’autore e traduzione di Ottavio Fatica.

 

Queste brevi poesie, dai contenuti apparentemente semplici e dal ritmo di filastrocca, svelano in realtà una visione anticonformista del mondo e pongono sfide molto stimolanti ai traduttori[i].

 

Partiamo dalla visione anticonformista dell’autore sintetizzandone la biografia. Edward Lear (1812-1888)[ii] nacque a Londra, ventesimo di 21 fratelli, e venne cresciuto dalla sorella maggiore, Ann, con la quale mantenne sempre un legame strettissimo.

Iniziò a guadagnarsi la vita a 15 anni, non con i nonsense per i quali sarebbe divenuto famoso, ma con il disegno: divenne un illustratore naturalista molto apprezzato, celebre soprattutto per le tavole dedicate ai pappagalli (Illustrations of the Famly of Psittacidae, or Parrots). Per tutta la vita il disegno fu la sua grande passione, che lo portò a viaggiare per il mondo, per dedicare le giornate a ritrarre i paesaggi che scopriva.

Questa abilità lo portò anche a diventare, per qualche tempo, insegnante di disegno della regina Vittoria, e fu determinante nel portare alla luce la sua abilità come inventore di nonsense.

 




Autoritratto di Edward Lear


 

Quando aveva 18 anni, venne infatti invitato dal presidente della Zoological Society, Lord Stanley, presso la sua residenza di Knowsley, vicino a Liverpool, dove avrebbe dovuto ritrarre gli animali della sua collezione. Qui Lear divenne il compagno inseparabile dei nipotini di Lord Stanley, per i quali inventava limerick che corredava con buffi disegni. I bambini si divertivano e, probabilmente, si sentivano sollevati: le storie bizzarre di quei personaggi che compivano azioni assurde allentavano forse la rigidità dell’educazione vittoriana. I personaggi dei limerick, infatti, mangiano e bevono smodatamente (come nell’esempio), indossano cappelli enormi, hanno animali (soprattutto uccelli, il primo amore di Lear) che trovano riparo nella loro barba o la strappano per costruirsi il nido. Lear li accoglie per ciò che sono, con tutta la loro follia o stupidità, liberando al tempo stesso i piccoli lettori dalla vergogna per le proprie mancanze (sempre trascurabili se confrontate con gli evidenti difetti dei personaggi!) Per questo, forse, i limerick rimangono così attuali a distanza di quasi due secoli.

 

Veniamo adesso alle sfide che i limerick pongono ai traduttori, raccontando i passi compiuti per avvicinarci alla loro traduzione.

 

Abbiamo innanzitutto studiato la struttura del limerick, che in genere è fissa:

il 1° verso: lungo, con rima A, descrive il personaggio e la sua provenienza (o in rari casi una sua caratteristica);

il 2° verso: lungo, con rima A, illustra una caratteristica strana del personaggio;

il 3° verso: corto, con rima B, contiene l’azione della storia;

il 4° verso: corto, con rima B, riporta il proseguimento dell’azione;

il 5° verso: lungo, con rima A, ripete le parole del primo verso aggiungendo un nuovo attributo stravagante al personaggio, oppure contiene la conclusione della storia.

 

Abbiamo poi studiato le versioni dei traduttori “storici” di Lear: l’anglista Carlo Izzo, che eseguì una delle prime traduzioni italiane nel 1935 (ancora oggi riproposta da Einaudi)[iii], e il traduttore Ottavio Fatica, che si cimentò con i limerick nel 1994 e ricevette il premio Mondello per la traduzione (anche la sua versione è pubblicata da Einaudi)[iv].

 

Le scelte compiute dai due traduttori sono profondamente diverse: Carlo Izzo ha tradotto tutti i limerick delle due raccolte pubblicate da Edward Lear (A Book of Nonsense e More Nonsense)[v], privilegiando l’aderenza al testo e mettendo in secondo piano la struttura ritmica. Inoltre, per rendere i nomi di località straniere citate nel primo verso dei limerick, si è servito di nomi italiani inventati o poco noti. Ecco ad esempio la sua traduzione del limerick riportato in apertura:

 

C’era un vecchio di Budurro

Che mangiava eternamente pane e burro;

Fin che un’enorme pagnotta,

Cacciata a forza in bocca,

Soffocò quel tristo vecchio di Budurro.

 

Ottavio Fatica ha selezionato, dalle due raccolte di limerick pubblicate da Lear, i nonsense il cui primo verso terminava con una parola rimabile in italiano: ha tradotto ad esempio There was an Old Man of  Calcutta, che fa rima con “frutta”, ma ha omesso There was an Old Man of  New York, per il quale è molto difficile trovare una rima italiana.

Inoltre, come si vede dall’esempio riportato in apertura, ha privilegiato la struttura ritmica (con risultati spesso eccellenti) e messo in secondo piano l’aderenza al testo. Nella sua postfazione all’edizione Einaudi, scrive infatti: “Ho seguito anche le trame, per quanto mi è riuscito, ma in alcune circostanze ho preso anch’io per la tangente e pur passando infine dallo stesso luogo ho fatto compiere qualcosa di diverso ai personaggi”[vi].

Un’altra sua caratteristica è la ricerca di parole desuete, forme arcaiche, costruzioni sintattiche bizzarre o modi di dire rari che rafforzano l’effetto comico del testo. In questa sua traduzione si ritrovano tutte le caratteristiche appena citate:

 




Signore dell'Aia


 

There was an Old Man of the Hague,
Whose ideas were excessively vague;
He built a balloon
To examine the moon,
That deluded Old Man of the Hague.

 

C’era un certo signore dell’Aia,

Ti veniva da dargli la baia;

Per guatare la luna

Sborsò una fortuna

Che illuso, il signore dell’Aia.

 

La nostra scelta è stata a metà tra quella dei due traduttori storici di Lear: dare risalto alla struttura ritmica dei limerick, che li rende così orecchiabili, e al tempo stesso rimanere il più possibile aderenti al testo.

Per il ritmo, abbiamo seguito la lezione di Fatica: il primo, secondo e ultimo verso sono di 10 sillabe, il terzo e il quarto di 7; abbiamo anche ricercato assonanze interne ai versi.

A differenza di Fatica, ci siamo concesse di tradurre i nomi di località inglesi con altri italiani che, a differenza di Izzo, abbiamo scelto tra quelli di cittadine ben note. Ecco un paio di limerick tradotti da noi:

 




Signora col mento


 

There was a Young Lady whose chin
Resembled the point of a pin;
So she had it made sharp,

and purchased a harp,
And played several tunes with her chin.

 

Una giovin signora col mento

Appuntito da fare spavento,

Se lo fece affilare

Per poter arpeggiare

Melodie con la punta del mento.

 




Vecchio di mare


 

There was an Old Sailor of Compton,
Whose vessel a rock it once bump’d on;
The shock was so great,

that it damaged the pate,
Of that singular Sailor of Compton.

 

C’era un vecchio di mare a Camogli

La cui barca sbatté sugli scogli;

Il gran colpo alla roccia

Danneggiò la capoccia

Del bizzarro di mare a Camogli.

 

Come abbiamo affrontato la traduzione? Guidate dal ritmo scelto (“tararì-tararì-tararera…”), che continuava a rimbalzarci nella testa, abbiamo provato e riprovato a mescolare le parole, con pazienza, tentando varie soluzioni come in un gioco enigmistico e aiutandoci con rimari e dizionari dei sinonimi. Poi, dopo alcuni tentativi, le parole sono andate a posto…

 

 

 

 

*  Francesca Cosi e Alessandra Repossi (www.cosierepossi.com) • Traduttrici, autrici e giornaliste, collaborano con diverse case editrici italiane, tra cui EDT, Vallardi, Mondadori, Messaggero. Hanno pubblicato oltre 40 libri in traduzione (da inglese, francese e spagnolo) e circa 20 come autrici. Dal 2005 dirigono lo studio editoriale cosi&repossi e dal 2010 gestiscono il blog di scrittura e traduzione paroleaperte.blogspot.com.

 

 



 

[i] Della traduzione dei limerick ha parlato Alessandra alla Fiera del libro per ragazzi di Bologna: nell’edizione 2009 si è concentrata sulla nascita e la struttura dei limerick di Lear, mentre nel 2010 ha analizzato il rapporto tra il limerick, i suoi traduttori italiani e Gianni Rodari.

[ii] Per saperne di più su Lear, si consiglia la splendida biografia di Vivien Noakes: Edward Lear. The Life of a Wanderer, The History Press, Stroud 2006.

[iii] Edward Lear, Il libro dei nonsense, a cura di Carlo Izzo, Einaudi, Torino 2004.

[iv] Edward Lear, Limericks, a cura di Ottavio Fatica, Einaudi, Torino 2002.

[v] Entrambi liberamente scaricabili a questo indirizzo:

http://www.gutenberg.org/ebooks/search.html/?default_prefix=author_id&sort_order=downloads&query=498.

[vi] Edward Lear, Limericks, cit., p. 227.




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