CHECKPOINT POETRY
MASSIMILIANO CHIAMENTI
 


trionfo della morte

 

 

la madonna nera

 

perché anche i duran duran dalla radio

hanno superato il tunnel del giro boia di boa

del millennio

così, è un gioco che faccio ultimamente

di vedere chi c'è rimasto nel secondo atto

dopo il grande crollo

faccio la conta e dico:

“beh, io ci sto, e freak, e paolo poli;

tondelli, pazienza, bellezza, freddy e cobain

invece non ce l’hanno fatta

però bowie sì – anche se è di quelli

invecchiati male come me –

fiumani presente...

i depeche mode e i cure ci stanno...”

io mi dicevo pure rimuginandoci...

insomma non so se ho ricordato tutti nell’appello

ma un po’ di ordine andava fatto

e sì insomma la musica

e sì se devo dire di qualcosa

che per metafora assomigli a dio

direi la musica

non che in dio io ci creda

ma diciamo così come modo di dire

che la musica è il modo in cui

mi immagino il paradiso

dove il corpo è lasciato al guardaroba

e si entra così vestiti di nientezza

o si resta solo tra i neuroni dei viventi

il dna dei figli le proprie opere e poco più

così la bambina beata sulla spiaggia

quasi nera quanto l’icona veneranda

ha già capito che suo

evangelicamente

è questo mondo

dove ciò che non è giovane, femmina e nero

ha in sé i germi della morte

“io sono come questa roccia”

recitava con la sua boccona l’attrice matrona nera

al recital dell’altra sera

e così voglio sentirmi anch’io

viventi peraltro in me

enormi reti di memorie e nostalgie

come le reti di pescatori sulla duna

sei conchigliette sull’acciottolato

e sì – ormai mi hai convinto –

questa fissazione con l’ego è solo una pugnetta

 

 

 

sguardi

 

il malato di aids nel suo lettino di ospedale

il volto ormai un teschio

guarda rassegnato come me

il livello del liquido

che scende dalla flebo

un misto di terrore e di malinconia

 

roberto e igor se la ridono al sert

vivono come me

una vita da più e meno tossici

un misto di assenza e di allegria

 

leonardo implora affetto

dolcissimo mi sale in braccio

vuole correre come me

un misto di bisogno e di profondità

 

e dei quattro lo sguardo

tra tutti e cinque me compreso

quello che chiede e che dà di più

è quello di leonardo

che mi si annida dentro

più conficcato

leonardo è un bel cane

gli piace giocare

 

 

 

perch’io spero

 

di non tornar giammai

nemmeno per un giorno

in toscana

poiché in questa ultima volta

i luoghi mi sono sembrati

ancora più belli

e i cipigli della gente

ancora più brutti

 

 

 

no

 

no

non c’è più spazio

né accesso a niente

a nessuno

più niente di bello

nel marketing

che tutto ha mangiato e assorbito

e ogni ora che passa

peggiora lo schifo

che già è tutto schifo

e niente più è niente

e mancano tutte le cose

i ragazzini giocano a calcio

i bambini giocano ai giochi

i letterati ascoltano le loro voci

amplificate nei microfoni

che nessuno ascolta

tramontati i valori antichi

non ce ne sono di nuovi

e solo dolore miseria sporco

un gruppo di avvinazzati

continua a parlare a voce alta

così nessuno sente niente

di ciò che farneticano i letterati

e tutti disturbano tutti

e poi tutti se ne vanno

tutti felici di aver disturbato tutti

di aver sparso piccoli semi

di infelicità

ecco la felicità residua:

lo spargimento dell’infelicità

 

 

 

s. fr.

 

amarezza

solo amarezza

nelle ore di questa giornata

in cui confusissimo vagavo

nel caldo asfaltato della città

 

 

 

[senza titolo]

 

“allora accompagno sara a fare la piscia e torno

non mi disperdo io” – disse

 

 

 

enigma

 

smprcnltdd

eeoaiuoiio,

sì:

smprcnltdd

eeoaiuoiio

 

 

 

a mia madre

 

per quarantadue anni

non ho avuto la forza

di scrivere di te

anche se in realtà

scrivevo e pensavo sempre alludendo a te

ora per la prima volta invece

scrivo consapevolmente di te

in uno di questi miei libri di poesia

che non hai mai voluto leggere

per cui non leggerai mai queste righe

e vado giù libero di getto

sì, ne scrivo solo ora che mi hai abbandonato

che hai fatto di me un reietto

ora che ho capito che non posso fidarmi neppure di te

abbandonato malato impoverito e solo

in questo agosto infernale

e che mio padre aveva ragione

a evitare di parlarmi di te

a dire che eri dura come tua madre e la madre di tua madre

a dire che io ero come amleto

combattuto tra la voglia di entrare nel mondo

e impigliato nei tuoi lacci

ora anche tu

ti sei allineata

alla malvagità del mondo

mi hai sempre fatto paura

in realtà

ricordo le tue punizioni esemplari

ai tuoi alunni

costretti da te a braccia immobili

dietro la schiena

sì ti piaceva immobilizzarli

vederli immobili e tristi a testa bassa

davanti a te

così hai sempre voluto immobilizzare me

sempre pronta ad acquattare gli altri

come diceva mio padre

lui morto

mio fratello alcolizzato

ma al quale hai regalato un appartamento

e io... beh lasciamo stare...

perché ho capito cosa sei

una folle una sadica

la tua pacatezza solo una maschera

da beghina assassina

il tuo volontariato alla croce rossa tutti i giovedì

ma non una visita che sia una a me in clinica psichiatrica

le tue paranoie che mi instillavi fino da piccolo

sulla bistecca alla fiorentina che a me piaceva così tanto

e che tu chiamavi cancerogena

le tue fissazioni sui conservanti e i coloranti

la tua ossessione col blu di cui avevi colorato tutto e tutti

il tuo dispotismo e la tua negatività

la tua omofobia e il tuo sminuire tutto di me

i tuoi pregiudizi e le tue ripetute bugie

e nonostante questo

ti ho sempre assurdamente amata

ora non più

sarebbe ingiusto

amare la malvagità

 

 

 

ora

 

poiché quando travolte da uragani

o crolli della terra

le ultime parole dei subissati

non possono non essere di preghiera

così dirò a chi più grande dell’umano

può smuovere cose

profonde e vaste

ma non all’infinito

che ardentemente bramo

un angelo

che standomi perennemente costantemente accanto

non mi abbandoni mai

un punto di luce

festa dei sensi

e cibo per la mente

ah la certezza di un rinnovabile abbraccio

dopo anni e chilometri di buio!

 

 

 

la soluzione finale

 

ma a che serve uscire di casa

quando si ha un pc?

ma a che serve un/a lover

quando si ha un pc?

ma a che serve tutto il resto

quando si ha un pc

che suona la musica

ti mostra video e foto

ti richiama alla mente

volti e ricordi?

ti fa viaggiare

restando fermi?

a che serve?

a tutto

un tutto che è un niente

 

 

 

di nuovo

 

sono finito di nuovo qui

l’ennesimo comunale nosocomio

ma stavolta ancora più guarnito

da cancelli e sbarre

questa volta di nuovo devo fuggire da me stesso

dalla mia unica passione linfa del mio magma sanguinante

e fuggo nella mia camera

come da piccolo quando i cosiddetti grandi

presidiavano il salotto

e io mi rifugiavo allora in uno spazio angusto

ma almeno certo e chiuso da tre lati

e sufficiente al corpicino

ora i grandi nella sala comune

sotto l’altare del televisorone

non sono più servizievoli enti bonari

immaginati perfetti e imperituri

ma residuati di galera

rapinatori sfortunati pusher malmenati

tossici intossicati ormai solo di medicine e sciroppini

e io mi rifugio allora proprio come allora

in camerina da te amelia

o amelia ti vedo nella fotina grigia dell’antologia

con i tuoi occhi stralunati

anche tu che tremi terrore nei tuoi versi

che sfilzi serie ospedaliere di distici e degenze

e troppo brutta e troppo colta per avere amici

amelia perché ti sei buttata quel giorno

dalla finestra di piazza navona

che me lo ha raccontato un giorno dacia

che nel libro segue a pagina nuova

ma la sua foto è grande ed ella sorridente

che me lo ha detto sì me lo ha detto proprio dacia

che ti veniva a trovare

ma tu dicevi che ti metteva del veleno nel bicchiere

e invece a me per precauzione hanno messo quelle sbarre al muro

e queste sbarre nel bicchiere

che così bevo sonno e bevo noia

e bevo la non voglia e la non forza

di arrampicarmi al davanzale come la tosca o come te

e finalmente volare nel cielo felice?

ma tu amelia non rispondi

perché sei solo inchiostro sulla carta

e io sono solo un miscuglio chimico

le anime le hanno inventate i preti

di comune accordo agli infermieri

per inchiodarci meglio i corpi ai letti

 

e libero resta allora solo lo sguardo

che si posa spesso su quell’unico visibile angolo di fronda

che indifferente a tutti questi orrori ondeggia alta

molto più in su di me di te dell’edificio delle unghie smaltate e dei decoder

 

 

 

ieri

 

questa ora                       così lanciata e piena

fatta solo di cocaina

ne porterà cento

fatte solo di grigio e miseria

ma all’improvviso

il sentirsi giovani

ma giovani davvero

come questo corpo

che io cretina ho albergato alla mia stanza

i giuramenti sono paglia

nel fuoco della passione

come diceva guglielmo

guglielmo crollalanza

 

 

 

 




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