Poesie edite nell’antologia “Almanacco dello specchio 2009” - Mondadori,
2010
Seduta tra i lecci nel silenzio
della sera.
Già questo basta a fare intera
una donna, se fosse una donna
una cosa vera, se fosse vera.
Però è stata solo immaginata.
E ora giace sul foglio
ciondola tra le mani
confusa col buio e col resto
che è stato nominato.
Eppure, lo vedi?
È quel che non ha nome
che dentro gemma
e senza avviso ci detta
che ci getta tra le ombre
dell’essere uno, ma anche nuvola,
sasso, cucchiaio, tracciato di
insetto
che canta sul ramo.
*
Il mondo esiste (E. Montale)
Pesante e
spessa di un velluto
morbido è quest’aria della sera
che fra noi si posa e che ci unisce
in un abbraccio che non le braccia
muove. Non si intrecciano le dita
e nulla si impiglierà tra i
capelli.
Il paese è in festa e dietro
preme il mare come il cuscino
che non scalderemo.
La gamba è al suo posto,
come sempre. E anche l’altra
non muoverà il solo passo
che infine ci separa.
Probabilmente anche le cicale
cantano e forse è passata
una nuvola a carezzarci la testa.
Un uomo e una donna siedono
nel parco e non sanno dire niente.
Questo anche a volte capita.
Suona una campana, una risata
guizza altrove, da qualche parte
–
solo il dorso di un pesce sul fondale.
Poi il vento
cambia, la panca
è vuota, qualcuno corre
pioverà.
*
E se io adesso
d’un tratto
così come fanno le onde potessi
soltanto lambire posarmi leggera
affacciare gli scogli in un muto
destino
e sollevarmi per moti segreti
e sapere la lingua che detta
la luna e obbedire e obbedire
e farmi foresta di pesci e fondali
essere solo nient’altro che mare
stare così, lasciarmi nuotare.
*
Intorno si
allagano
i cerchi e precipito
giù, col morbido andare
della foglia al suolo.
Sono il sasso liscio
lanciato nello stagno
il cane che nuota
a rincorrerlo
l’airone che sopra passa
distratto il cielo
che accoglie ogni volo
il vento che trascina
nubi e campane
il metallo forgiato
che qualcuno suona
sono il vecchio
richiamato alla chiesa
in queste ore sei
di un giorno qualunque.
*
Non c’è una
sola legge del mondo
che io conosca. Non saprei dire
cosa muove queste fronde perché la
mela
cade come mai i colori cambiano
con che coraggio il ragno lancia
la sottile trama come fa a sapere
che da qualche parte quel suo bagliore
attraccherà. Il ragno chissà perché
più di me ha fiducia che il mondo
esiste
e che sia un posto in cui può
stare.
Non una sola legge al mondo invece
io conosco mi dispiace non mi è
dato
di credere a nessuna spiegazione
perché così e così e questo e quello…
io non riesco io continuo
istupidita a vacillare
a ogni primo vacillare della
stella,
a ogni tremore del bosco, del sole
nella sera,
della mano che piano piano tocca
il cavo del collo, della bocca.
* Azzurra D’Agostino è nata a Porretta Terme, sull’Appennino Tosco-Emiliano. Ha scritto le
raccolte D’in nci’un là (I Quaderni
del battello ebbro, 2003) e Con ordine
(Lietocolle, 2005). Ha pubblicato interventi, racconti, poesie, testi di
drammaturgia su varie riviste e antologie (tra cui Best off 2006, minimum
fax; Poesia e natura, Le Lettere; L’Almanacco dello specchio,
Mondadori; Bloggirls, Mondadori).